Il Consiglio di Stato dice Fit

In attesa di commenti da parte degli addetti ai lavori (interessati o meno) pubblichiamo la notizia così come è uscita sul sito della Federazione Italiana Tennis.

(Fonte Federtennis.it)

Il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta della Federazione Italiana Tennis e del Coni, che avevano fatto appello, dichiarando inammissibile e in parte irricevibile il ricorso di primo grado presentato da Claudio Pistolesi al Tar del Lazio.
Una sentenza di grande importanza che fa chiarezza in modo definitivo in materia di insegnamento del tennis in Italia, attribuendone alla FIT l’esclusiva competenza.
La vicenda si riferisce infatti al ricorso di Pistolesi accolto il 3 dicembre 2009 contro la sanzione pecuniaria di 10.000 euro e l’inibizione per un anno e sei mesi a ricoprire cariche federali e a svolgere l’attività di tecnico per la violazione del regolamento di giustizia della Federazione, illecito sportivo aggravato dal fatto che Pistolesi ricopriva all’epoca dei fatti la carica di tecnico federale.
Pistolesi, che poi si è dimesso da tesserato e tecnico della Federazione il 6 novembre 2008, venne sottoposto a procedimento disciplinare per affermazioni pubbliche gravemente offensive espresse nei riguardi della FIT e del suo Presidente.

La pronuncia del Consiglio di Stato attribuisce dunque a tutte le federazioni sportive la competenza in materia di insegnamento, rafforzando così la lotta all’abusivismo e garantendo la qualità dell’addestramento certificato dalle istituzioni sportive. Il regolamento dei tecnici FIT preclude infatti a chi non è tesserato (nel caso Pistolesi) di insegnare presso i circoli affiliati. Ai circoli stessi è vietato utilizzare tecnici non qualificati dalla FIT per l’insegnamento.

Va sottolineato, inoltre, che la pronuncia del Consiglio di Stato rileva anche il difetto di giurisdizione non considerato in primo grado e disciplina quindi il rapporto tra l’ordinamento statale e quello sportivo, ribadendo l’importanza della autonomia dell’ordinamento sportivo stesso, come riconosciuto dagli articoli 2 e 18 della nostra Costituzione.

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