Andrea Pellegrino: “Il mio livello di gioco sta crescendo. Riconfermarsi è la vera difficoltà”

Il pugliese Andrea Pellegrino
di Camilla Abbate

Andrea Pellegrino nasce a Bisceglie, una piccola cittadina in provincia di Bari, il 23 marzo 1997, solamente tre anni e mezzo dopo il papà e maestro Mimmo gli mette la racchetta in mano e percepisce immediatamente il talento e la facilità che il figlio ha nel giocare a tennis.

Andrea ha però anche una spiccata passione per il calcio, sport che continua a praticare parallelamente al tennis fino ai 12 anni. Giunto al momento della scelta, Andrea decide di dedicarsi al tennis nel quale ottiene risultati importanti già dalla categoria under 12. Dopo aver frequentato le scuole medie sceglie di intensificare la sua attività tennistica e va così ad allenarsi all’accademia Angiulli di Bari, presso la quale resterà dai 14 ai 17 anni.

Nel frattempo la Federazione ha già puntato gli occhi sul giovane talento pugliese, convocandolo sempre in nazionale e periodicamente nel centro tecnico di Tirrenia. In seguito, dai 17 anni in avanti Andrea si trasferisce a Tirrenia dove si allena con il maestro Gabrio Castrichella, con il quale durante questi anni ha instaurato un solido rapporto lavorativo in campo e un’ottima intesa fuori. Andrea negli anni si è anche distinto nell’ambiente per la sua professionalità e serietà in termini di dedizione negli allenamenti e di comportamento tenuto ai tornei, dove spesso molti ragazzi e ragazze italiani tendono a fare gruppo e a distrarsi. Abbiamo voluto conoscere Andrea più a fondo per capire le sue attitudini in seguito agli importanti successi ottenuti quest’anno, che l’ha visto protagonista di una scalata di ben 1000 posizioni nella classifica ATP.

Andrea, raccontaci la vita a Tirrenia e le possibilità che ti offre…
“Tirrenia è senza dubbio la realtà migliore che si possa trovare in Italia per allenarsi, c’è tutto: campi di tutte le superfici indoor e outdoor, pista da atletica regolamentare, palestra, ecc. Inoltre, noi ragazzi abbiamo a completa disposizione maestri, preparatori atletici, fisioterapisti, nutrizionisti, insomma qualsiasi cosa di cui un atleta abbia bisogno. Ho anche la possibilità di allenarmi con giocatori di alto livello come Federico Gaio e Alessandro Giannessi e top 100 come Paolo Lorenzi, ciò mi permette di alzare il livello di gioco. Certo la vita sociale non è il massimo all’interno del centro, ma se uno vuole giocare a tennis e provare a diventare un professionista è veramente il posto ideale ed io voglio solo quello”.

Nell’ultimo periodo hai ottenuto dei risultati straordinari, sono i frutti della preparazione invernale?
“Si, quest’inverno ho lavorato duramente a livello atletico e in campo con il mio coach Gabrio Castrichella con l’aiuto di Eduardo Infantino. A livello tecnico abbiamo lavorato principalmente sul dritto. Dal punto di vista tattico invece stiamo lavorando molto sulla discesa a rete e sul servizio; per quanto riguarda l’aspetto mentale ci siamo concentrati sulla gestione dei momenti più importanti del match e sull’atteggiamento in campo”.

Sei già entrato a fare parte del progetto over 18? Che ne pensi?
“Si ho già avuto la possibilità di allenarmi a Tirrenia con i tecnici Umberto Rianna e Giorgio Galimberti, mi sono trovato sinceramente molto bene con entrambi, penso che una collaborazione con professionisti del genere possa solo aiutarmi nella crescita tecnica e tattica, ma soprattutto la loro esperienza mi trasmette degli input per la mia crescita come giocatore nel circuito maggiore”.

Hai rappresentato l’Italia in tutte le categorie under, dall’under 12 fino all’under 18. Che emozione è indossare la maglia azzurra?
“Giocare per la nazionale è tutta un’altra cosa. Il contesto è completamente diverso, allenarsi con la squadra anche è diverso rispetto ad allenarsi normalmente. Giochi e lotti per i tuoi compagni, per il tuo paese e per la gente che è lì a farti il tifo. Penso sia inspiegabile la sensazione a parole”.

Hai affrontato il salto dal circuito junior a quello professionistico, quali sono le differenze?
“Il salto dal circuito junior a quello Itf dei 10.000$ è senza dubbio mentale, non di livello tennistico. Trovi molti giocatori a livello junior che giocano meglio a tennis, ma la differenza sta nella gestione delle partite, nella maturità dei giocatori. Nei 10.000$ nessuno ti regala niente, lottano tutti fino all’ultimo punto, è davvero una giungla, impari tantissimo in quei tornei. Nei challenger il livello tennistico invece si alza molto rispetto ai 10.000$, il servizio diventa sempre più incisivo, ma credo sempre che la parte mentale giochi il ruolo più importante a tutti i livelli”.

Quali sono stati i momenti più belli quando eri junior?
“Senza dubbio l’esperienza di giocare tutti e quattro i tornei del Grande Slam, potendo stare così a contatto con i giocatori e avendo la possibilità di vedere i loro allenamenti. Giochi sui campi che vedevi in tv da bambino e su cui hai sempre sognato di giocare, è davvero incredibile. Inoltre, vincere all’Avvenire apre tante possibilità, è il più importante torneo under 16, non mi aspettavo assolutamente di vincerlo e per questo motivo mi ha dato ancora più soddisfazione”.

Raccontaci le tue due vittorie contro due top 100 nei challenger di Roma e di Fano…
“Vincere con due giocatori di quel livello mi ha dato segnali postivi sul fatto che il mio livello di gioco stia crescendo, ma penso che la cosa più difficile da fare non stia tanto nel vincere quelle partite, ma sia piuttosto confermarsi nei turni seguenti. Al Garden a Roma sono stato molto contento di aver vinto il match successivo alla vittoria su Horacio Zeballos contro un altro giocatore di livello come Frederico Garcìa Silva e di essermela giocata alla pari contro Filip Krajinovic nei quarti, altro giocatore ex top 100. Riconfermarsi è assolutamente la cosa più importante, a Fano dopo aver vinto il primo turno contro il top 100 Roberto Carballes Baena non sono riuscito a riconfermarmi sprecando qualche chances contro Salvatore Caruso a inizio terzo set, facendo scivolare la partita nelle sue mani, ma sono comunque stato soddisfatto del mio torneo”.

Vincere due futures consecutivi, impresa più facile al dirsi che al farsi…
“A qualsiasi livello vincere due tornei consecutivi corrisponde ad una grande impresa e ad uno sforzo mentale notevole. Come dicevo prima riconfermarsi è la cosa più dura, soprattutto quando le condizioni di gioco sono difficili come a Casinalbo e a Gubbio, in quei giorni faceva davvero un caldo pazzesco. Inoltre, nel frattempo ho avuto l’esame di maturità, che mi ha impegnato parecchio tempo sui libri: ho dato l’orale il giorno prima di giocare il primo turno a Modena. Infatti ho rischiato di perdere, poi per fortuna ho ribaltato la partita e sono riuscito a esprimere il mio miglior tennis nei match successivi e nel torneo seguente”.

Un’ultima domanda Andrea, praticamente dall’under 12 hai dovuto rispettare le aspettative di tutti, essendo tu stato da sempre il migliore italiano dell’anno 1997, come è convivere con la pressione quando entri in campo?
“Devi essere abituato a giocare con la pressione se vuoi giocare a livelli alti, non puoi pensare che non ci sia. La pressione in ogni sport prima di una gara c’è e rimarrà sempre così. A me è sempre piaciuta l’idea di giocare con l’obiettivo di confermarmi e migliorarmi ogni volta che scendo in campo, penso infatti che la pressione o ti fa dare tutto ciò che hai dentro e ti migliora o ti ammazza…

Quali sono i tuoi prossimi tornei e obiettivi?
“Giocherò tre challenger: Manerbio, Como e Genova per cercare di alzare il mio livello di gioco e giocare partite che possano farmi crescere. Non mi fisso obiettivi di ranking ma solamente di continuare a lavorare e a migliorarmi…”.

Grazie Andrea per la tua gentilezza e disponibilità nel concederci l’intervista, in particolare si percepisce dalla tua voce una determinazione e fermezza nelle cose che fai e dalle tue parole traspare la voglia di arrivare in alto e una certa consapevolezza dei propri mezzi, che non sfocia mai in arroganza.

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