Tennis Nations Story – Cina

È solo un caso che Tennis Nations Story si occupi in questi giorni della Cina, proprio mentre i due circuiti principali sono di scena nella grande nazione asiatica. Tuttavia, se ci spostassimo indietro di appena tre lustri, la coincidenza sarebbe stata ancora più clamorosa perché ancora nel 2005, tanto per fare un esempio, si giocavano in Cina solo tre tornei tra ATP e WTA, contro gli attuali 14. Molto spesso, ciò che favorisce l’incremento di uno sport in uno stato è lo stimolo derivato dai potenziali protagonisti di quella data disciplina. Ebbene, per il tennis cinese questa è una mezza verità; se da un lato infatti – quello femminile – è fuori discussione che il gigante asiatico abbia trovato in diverse sue esponenti un veicolo promozionale importante, è altrettanto vero che sul fronte maschile l’attuale importanza del paese nella geografia dell’ATP è data pressoché esclusivamente dalle ingenti risorse finanziarie che il nuovo corso economico della Cina ha consentito di mettere a disposizione. La Storia dunque, quella con la S maiuscola, è alla base del fenomeno cinese.

IL PASSATO – La storia della Cina che ci riguarda da vicino inizia nel 1949, quando la rivoluzione capeggiata da Mao Zedong porta alla costituzione della Repubblica Popolare Cinese. Come nella maggior parte delle nazioni di stampo comunista, anche nella Cina di Mao lo sport ha fin da subito rappresentato un elemento sociale (e di propaganda) importante e quindi le risorse ad esso destinate sono state particolarmente mirate. Nella fattispecie, la rilevanza delle discipline olimpiche e la volontà di sottrarsi ad ogni forma di professionismo ha inevitabilmente allontanato la Repubblica Popolare Cinese dal tennis per oltre un trentennio. La prima apparizione della squadra nazionale femminile in Fed Cup risale infatti al 1981 mentre il team di Davis, che pure aveva disputato qualche incontro fino al 1946 (raccogliendo quasi solo sconfitte, tranne un successo ai danni della Danimarca), è rientrato nella maggiore competizione a squadre nel 1983.

Dalla metà degli Anni ’80, con il lento ma progressivo mutamento del quadro politico, sociale ed economico, il tennis ha iniziato ad assumere sempre maggiore importanza anche se, come vedremo, i risultati più significativi – sia in termini di quantità che di qualità – sono arrivati dalla componente femminile, laddove invece quella maschile stenta tuttora a decollare.

Anche se il primo “cinese” a far parlare di sé fu un americano – ovvero Michael Chang che conquistò il Roland Garros nel 1989, negli stessi giorni dei tristemente noti scontri di Piazza Tienanmen – la bandiera cinese nel tennis dei major l’ha collocata inizialmente Shen-Nang Sun, una mancina di Pechino che a livello professionistico si distinse in singolare per la conquista di sei titoli ITF ma nel 2004 si impose nel doppio juniores agli Australian Open insieme alla “quasi connazionale” di Taipei Yung-jan Chan.

Quella delle tenniste cinesi nel circuito WTA è stata una escalation lenta e costante. Nel 1993 Li Fang – insieme alla nipponica Kioko Nagatsuka – è stata la prima del suo paese a giocare una finale, sia pur in doppio, nel Japan Open di Tokyo. I primati per la giocatrice di Hunan sono proseguiti nella stessa stagione (quando ha portato in Cina il primo titolo assoluto, vincendo a Kitzbuhel in coppia con Dominique Monami) e in quelle successive: nel 1994 è stata la prima a giocare la finale in singolare – persa a Hobart con la georgiana Leila Meskhi – e c’era sempre lei il giorno in cui un doppio tutto cinese (l’altra era Li-Ling Chen) ha sollevato il trofeo in quel di Pechino.

Ben presto, le pioniere sono state affiancate da connazionali in grado di mettersi in luce nel circuito maggiore, come ad esempio Jing-Qian Yi, finalista verso la fine del 1995 nei Tier IV di Surabaya e Pattaya. Dopo qualche anno di prevedibile e naturale assestamento, nel 2003 la propensione cinese al doppio ha fatto registrare nel Tier III di Vienna una finale con quattro connazionali in campo; nell’occasione, la coppia composta da Li Ting e Tiantian Sun ha avuto la meglio su Zi Yan e Jie Zheng. Entrambe le formazioni avrebbero contribuito, negli anni successivi, a mettere il proprio paese in prima pagina per quanto riguarda il tennis. Nel 2004, Li Ting e Tiantian Sun mettevano a segno la loro vittoria più prestigiosa battendo le spagnole Conchita Martinez e Virginia Ruano Pascual nella finale valida per l’assegnazione della medaglia d’oro ai giochi olimpici di Atene. Nello stesso anno – ma ne parleremo poco più avanti – arrivava anche il primo titolo assoluto di una cinese in singolare, seguito nel 2005 dalle vittorie di Jie Zheng a Hobart e di Zi Yan a Guangzhou. Tiantian Sun è anche l’unica cinese ad aver conquistato un major nel doppio misto; accadde agli Australian Open 2008 in coppia con Nenad Zimonjic.

Pur con un best-ranking in singolare di tutto rispetto, sia Zheng che Yan devono buona parte della loro fama al fatto di avere iscritto la Cina nell’albo d’oro dei tornei che più contano, ovvero gli slam. Nel 2006 infatti, Yan-Zheng hanno vinto sia gli Australian Open (battendo in finale Raymond/Stosur) che Wimbledon (su Ruano Pascual/Suarez), assestandosi dopo il torneo britannico in terza e quarta posizione nella classifica WTA di doppio. Sia pur di un anno più giovane rispetto alla più celebre connazionale Na Li, Jie Zheng è stata la prima semifinalista cinese in un major (a Wimbledon 2008, dopo aver sconfitto la n°1 mondiale Ana Ivanovic) e anche la prima tennista del suo paese ad entrare tra le prime quindici del mondo (il 18 maggio 2009). Semifinalista anche agli Australian Open 2010, in carriera ha conquistato quattro titoli WTA in singolare e ben quindici in doppio, tra cui anche gli Internazionali d’Italia 2011 in coppia con la connazionale Shuai Peng.

E veniamo dunque a Na Li, ovvero colei che – almeno fin qui – rappresenta la vetta dell’iceberg cinese. Il recentissimo ingresso nella Hall of Fame di Newport è stato il suggello alla carriera della più prestigiosa giocatrice asiatica di sempre. Nata a Wuhan il 26 febbraio 1982, la Li si è messa in luce dapprima nel 2004, alzando il trofeo a Guangzhou (mai successo in precedenza a una tennista del suo paese in singolare), e poi raggiungendo i quarti a Wimbledon 2006. Dotata di un dritto incrociato letale e particolarmente temibile anche nel rovescio, Na Li (insieme a Jie Zheng) ha avuto un impatto clamoroso sul progressivo mutamento dei rapporti tra i giocatori e la federazione cinese, ottenendo in particolar modo di poter gestire personalmente la quasi totalità dei premi vinti. Pur disputando diverse stagioni tra le prime 30 del mondo, Na Li ha dovuto attendere il 2011 per il salto di qualità. Sconfitta nella finale degli Australian Open da Kim Clijsters, qualche mese più tardi ha fatto inorgoglire un paese di quasi un miliardo e mezzo di persone conquistando il trofeo intitolato a Suzanne Lenglen in quel del Roland Garros; a farne le spese, nell’occasione, l’italiana Francesca Schiavone, non particolarmente fortunata in una decisione arbitrale che avrebbe potuto cambiare le sorti della sfida. Prima di ritirarsi – nel 2014 a causa di un ginocchio che le aveva sempre creato problemi – Na Li si era finalmente imposta anche nello slam dell’Asia-Pacifico battendo in finale alla Rod Laver Arena la slovacca Cibulkova e riscattando la sconfitta patita dodici mesi prima per mano di Victoria Azarenka; pochi giorni più tardi, il 17 febbraio 2014, aveva raggiunto la posizione n°2 in classifica, suo miglior piazzamento in carriera.

IL PRESENTE – Prima di analizzare l’attuale situazione del tennis cinese, è utile una premessa: il numero consistente di tornei – soprattutto femminili – di diversa levatura organizzati in Cina (e che vedremo più nel dettaglio nell’apposito capitolo) facilita le giocatrici di questo paese a parteciparvi e quindi, almeno fino a un certo livello, trarne benefici sia in termini economici che di punti in classifica. Non si spiegherebbe, diversamente, come possa la Cina vantare ben quattro tenniste tra le prime 50 e altre sei tra le prime 200 e, contemporaneamente, avere una squadra nazionale di Fed Cup relegata al 22° posto del ranking e quindi fuori dai due gruppi mondiali.

Detto questo, partiamo dalla migliore in classifica che attualmente è Qiang Wang. La 27enne di Tianjin, n°20 al momento in cui scriviamo, si è resa protagonista di una grande impresa eliminando ai recenti US Open la n°2 mondiale e campionessa di Parigi Ashleigh Barty negli ottavi, prima di raccogliere appena un gioco nei quarti con Serena Williams. Il risultato le ha regalato il best-ranking (n°12) dal quale però si è allontanata nelle ultime settimane, a causa dell’incapacità di confermare gli ottimi risultati ottenuti un anno fa (vittoria a Guangzhou, semifinale a Wuhan e Hiroshima). Il problema potrebbe riproporsi pure negli ultimi tornei della stagione, laddove Qiang Wang difenderà quasi mille punti. Cinque delle sue sei finali importanti in carriera si sono registrate tutte in Asia nell’ultimo biennio: vittorie nel 2018 a Nanchang e Guangzhou e nel 2017 nel 125K di Zhengzhou; finali sempre nel 2018 a Hong Kong e Zhuhai.

Le altre tre top-5° cinesi sono Shuai Zhang, Saisai Zheng e Yafan Wang. La prima, n°35 WTA, è stata nei quarti di finale sia agli Australian Open (2016) che a Wimbledon (2019). Nel primo caso, dopo aver superato le qualificazioni sconfisse al debutto nel main-draw Simona Halep e negli ottavi Madison Keys prima di fermarsi al cospetto della britannica Konta; quest’anno invece, ai Championships, è stata la stessa rumena a batterla non prima che Shuai cogliesse quattro ottimi risultati contro Garcia, Wickmayer, Wozniacki e Yastremska. Due volte campionessa a Guangzhou (2013 e 2017), ha vinto in carriera anche i 125K di Honolulu e Nanjing e quest’anno ha riportato in patria un titolo dello slam (il decimo complessivo per la Cina) aggiudicandosi gli Australian Open in coppia con Sam Stosur.

La perla stagionale colta in California ha portato alla ribalta Saisai Zheng, campionessa a San Josè battendo nell’ordine Watson, Collins, Anisimova, Sakkari e la n°10 Sabalenka in finale. Finalista in doppio al Roland Garros – con la connazionale Duan – Saisai ha al suo attivo anche il titolo nel 125K di Anning. Un’altra che è riuscita ad imporsi lontano dal suo paese è la venticinquenne pechinese Yafan Wang, campionessa in febbraio ad Acapulco a spese, tra le altre, di Donna Vekic in semifinale e Sofia Kenin nell’atto conclusivo.

Appena oltre la centesima piazza mondiale troviamo invece colei che, insieme a Li e Zheng, merita di essere collocata nel terzetto delle migliori tenniste cinesi di sempre: Shuai Peng. La 33enne nativa di Hunan è stata infatti l’unica n°1 del suo paese, avendo raggiunto questa posizione nel ranking di doppio il 17 febbraio 2014. Semifinalista in singolare agli US Open 2014 (fu costretta al ritiro nel secondo set contro Caroline Wozniacki) e finalista in nove tornei del circuito maggiore – con le vittorie di Tianjin 2016 e Nanchang 2017 – è in doppio che Shuai ha costruito gran parte della sua fama, in particolare giocando al fianco dell’altra “quadrumane” Su-Wei Hsieh. Insieme, Hsieh/Peng hanno trionfato in dodici tornei tra cui Wimbledon e WTA Finals 2013 e Roland Garros 2014, oltre ai Premier Mandatory di Pechino 2009 e Indian Wells 2014.

In campo maschile, la Cina non ha nessun giocatore tra i primi 200 della classifica ATP ma ne ha ben quattro prima della trecentesima posizione. Il più alto nel ranking è, al momento, Zhizhen Zhang (213) seguito da Yan Bai (224), Zhe Li (235) e Di Wu (296). Di questi, solo il primo e l’ultimo possono vantare un titolo in carriera – nel circuito challenger – con Di Wu che ha messo a referto qualche vittoria contro tennisti top-100, tra cui Cuevas e Kyle Edmund (nella finale di Maui, il challenger di cui sopra).

IL FUTURO – Campione juniores agli US Open 2017, il quasi ventenne Yibing Wu non è ancora riuscito a sfondare nel tennis dei maggiorenni. Vincitore del challenger di Shanghai proprio la settimana successiva al trionfo di New York, sembrava che finalmente la Cina avesse trovato anche nel settore maschile un elemento di spicco. Nelle due stagioni successive però Yibing Wu non ha mantenuto le aspettative e adesso è vicino alla 500esima posizione mondiale. Nella graduatoria riservata agli juniores, invece, sono due i cinesi tra i primi 50: Yunchaokete Bu (14) e Li Hanwen (45). Pressoché analoga la situazione nel ranking juniores femminile, con Qinwen Zheng al numero 6 e Zhuoxuan Bai al 31esimo posto.

I TORNEI – Come detto in apertura, nei due circuiti principali sono stati quest’anno ben 14 i tornei in calendario: 4 ATP e 10 WTA. Nel settore maschile, le tre settimane riservate alla Cina sono consecutive a cavallo tra settembre e ottobre. Si inizia con i due 250 di Chengdu e Zhuhai, si prosegue con il 500 di Pechino e si chiude in bellezza con il Masters 1000 di Shanghai. Di questi appuntamenti, quello con maggiore tradizione è certamente il China Open di Pechino, la cui prima edizione risale al 1993 e quest’anno si sono spente le 25 candeline. Il torneo ha vissuto due fasi distinte; la prima, della durata di cinque anni, si è conclusa nel 1997 con i primi tre titoli consecutivi conquistati da Michael Chang, seguito da Rusedski e Courier. Interrotto per sei stagioni, nel 2004 Pechino è tornata in calendario assegnando il primo trofeo della seconda fase al russo Marat Safin. Dopo cinque vincitori diversi (Nadal, Baghdatis, Gonzalez e Roddick gli altri), dal 2009 al 2015 – con la sola interruzione del 2011, in cui non si presentò e vinse Berdych – si è registrato il dominio di Novak Djokovic. L’attuale numero uno del mondo ha un record incredibile nella capitale cinese: 6 titoli in 6 partecipazioni, 29 incontri vinti e nemmeno uno perso, 58-3 il record per quanto riguarda i set. Le ultime tre edizioni invece hanno visto le vittorie di Murray, Nadal e Basilashvili.

Più articolata invece la storia di Shanghai, città che inizialmente ha ospitato cinque edizioni della Masters Cup (le attuali ATP Finals). La prima si giocò al New International Expo Center nel 2002 e vinse Hewitt poi, dopo due anni a Houston, si tornò nel 2005 con la storica affermazione di Nalbandian su Federer nel nuovissimo impianto di Qizhong. Lo svizzero si sarebbe poi rifatto nelle due stagioni seguenti e infine nel 2008, prima che il torneo dei maestri si trasferisse a Londra, l’ultimo ad affermarsi fu Novak Djokovic. Persa la Masters Cup, Shanghai entrò nel calendario ATP rimpiazzando nel 2009 il Masters 1000 di Madrid che, fino a quel momento, si era disputato indoor e venne anticipato al mese di maggio alla Caja Magica. Dal 2009, il torneo ha premiato solo quattro tennisti: Davydenko (prima edizione), Murray (2010, 2011 e 2016), Federer (2014 e 2017) e il primatista Djokovic, che ha alzato il trofeo cinese in ben quattro occasioni: 2012, 2013, 2015 e 2018.

Molto più recente la storia degli altri due appuntamenti: a Chengdu si gioca dal 2016 e ci sono stati quattro vincitori diversi (Khachanov, Istomin, Tomic e Carreno Busta) mentre Zhuhai ha sostituito Shenzhen, località in cui si è giocato per cinque anni dal 2014 (Murray, due volte Berdych, Goffin e Nishioka i campioni). Particolarmente nutrita anche la presenza cinese nel circuito challenger, con ben 12 tornei disseminati lungo l’arco di tutta la stagione.

La presenza cinese nel circuito WTA inizia e finisce a Shenzhen. In gennaio la stagione è iniziata con un International giunto alla settima edizione (e nel quale Alison Riske ha disputato ben tre finali perdendole tutte) e si chiuderà in pompa magna con le Finals, trasferite qui dopo il periodo trascorso a Singapore. Per il resto, fatta eccezione per il 125K di Anning – che ha avuto luogo in aprile – vinto da Saisai Zheng, il piatto forte è concentrato anche in questo caso da settembre in poi con tre tornei di categoria International, un Premier, un Premier 5 e un Premier Mandatory oltre al Wta Elite Trophy di Zhuhai, che è una sorta di Master B.

Partendo dall’alto, il Premier Mandatory di Pechino è nato nel 2000 come Tier II e si è giocato inizialmente a Shanghai; dal 2004 il torneo si gioca sui campi che hanno ospitato le Olimpiadi. Quattro giocatrici hanno vinto il torneo due volte (Serena Williams, Radwanska, Wozniacki e Kuznetsova) con quest’ultima che detiene il record di finali disputate (ben 4 in appena 6 anni). Il Wuhan Open invece ha appena concluso la sesta edizione con la riconferma sul trono della bielorussa Aryna Sabalenka, già campionessa nel 2018. In precedenza, due titoli anche per Petra Kvitova e uno a testa per Venus Williams e Garcia. A Zhengzhou il grande tennis è arrivato solo quest’anno (ha vinto Karolina Pliskova in finale su Petra Martic) ereditando il 125s disputato nel biennio 2017-2018 che a sua volta aveva rimpiazzato l’Itf giocato nelle tre stagioni precedenti.

Infine, dei quattro International in calendario certamente il più ricco di storia è quello di Guangzhou, che vide gli albori nel 2004; cinque le cinesi presenti nell’albo d’oro con Shuai Zhang che ha messo a segno una doppietta (2013 e 2017) mentre Na Li, Zi Yan e Qiang Wang hanno dovuto accontentarsi di un solo titolo. Per chiudere, il WTA Elite Trophy è il torneo di fine stagione riservato alle giocatrici che non sono riuscite a qualificarsi per le WTA Finals. Si disputa a Zhuhai dal 2015 – anno in cui ha rimpiazzato il precedente WTA Tournament of Champions, che si giocò per due trienni a Bali e Sofia – e raccoglie le tenniste classificate dal 9° al 19° posto più una wild-card. Nomi importanti impreziosiscono l’albo d’oro: Venus Williams (2015), Petra Kvitova (2016), Julia Goerges (2017) e Ashleigh Barty (2018).

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