Nike senza limiti, vuole anche Murray

Federer Nadal Nike

di Federico Mariani

La dea Nike nella mitologia greca era la personificazione della vittoria. Probabilmente a questo pensava Jeff Johnson quando propose il nome per la nascente multinazionale americana. Johnson era uno dei collaboratori del duo Bowerman-Knight che nel gennaio del 1967 fondava quella che poi sarebbe divenuta una delle più grandi aziende del mondo .

Da un po’ di anni a questa parte, lo Swoosh è sempre più presente nelle attrezzature e l’abbigliamento di milioni e milioni di sportivi nel mondo, in particolar modo la Nike sta dimostrando di avere un desiderio quasi ossessivo per i campioni. Non è sbagliato dire che i più grandi interpreti di quasi ogni sport sul pianeta indossano il baffo. Da Federer a LeBron James, dalla Sharapova a Cristiano Ronaldo. Dal calcio al football, dal basket al tennis. Il tennis, soprattutto il tennis.

Negli ultimi giorni sta facendo discutere il possibile interessamento del colosso americano alle prestazioni di Andy Murray, cui a fine 2014 scadrà il contratto con Adidas. Ad un primo approccio verrebbe da domandarsi “cosa se ne fa Nike di Murray?”, ed effettivamente non è sbagliato chiederselo. Non perché lo scozzese non sia un buon “cavallo” su cui puntare, ma semplicemente perché la scuderia Nike di purosangue è strapiena. Che sia per volersi coprire le spalle per l’immediato futuro dato che Federer ha trentatré anni sulle spalle e Nadal non pare essere a chissà quanti anni dal ritiro? Probabilmente no. Più verosimilmente la Nike, da azienda in salute e con una mentalità talmente ambiziosa da sfociare nell’ingordigia, potrebbe voler togliere il pezzo più prestigioso del parco giocatori di Adidas, sua più diretta rivale.

Se è vero, però, che Adidas e Nike si spartiscono il mercato di almeno il 90% degli sport mondiali, non è altrettanto esatto definire le due case vere e proprie “rivali” nel tennis. La motivazione è semplice: ora come ora la Nike non ha rivali e le strategie future non lasciano intuire un livellamento delle quote di mercato, tutt’altro. I sapienti manager di Nike si sono mossi già da tempo e stanno, di fatto, “rubando” il futuro dello sport con la racchetta ai competitors. A vestire lo swoosh, infatti, oltre ai campionissimi di oggi ci sono già quelli di domani. Una campagna pressoché totale che ha permesso a Nike di assicurarsi le performance di tutto il meglio a livello giovanile: da Dimitrov a Kyrgios, passando per Coric, Kokkinakis e Zverev fino ad arrivare a Kozlov, in tre parole tutti i migliori. Senza dimenticare ovviamente i felici tempi presenti con l’epica rivalità Federer-Nadal che si è consumata per un decennio in cui l’unica cosa condivisa dai due fenomeni, che sono tra loro agli antipodi, era proprio lo sponsor.

Le cose non sembrerebbero andare meglio a livello femminile, anzi se possibile qui la situazione è ancora di più in mano a Nike. Come in campo maschile e come in altri sport, la strategia di Nike è chiara: puntare su pochi profili, puntare sui migliori profili. Un paradigma che si è dimostrato con gli anni più che mai vincente. Basta scorrere il gruppo di testa del ranking Wta per accorgersene: cinque giocatrici tra le prime dieci e otto tra le prime venti sono in mano a Nike. L’azienda americana piazza addirittura quattro atlete tra le prime cinque del mondo (Williams, Li, Kvitova e Sharapova), senza dimenticare altre due campionesse come Bouchard ed Azarenka. E’ di fatto quasi impossibile che in una prova dello Slam non arrivi almeno un’atleta griffata Nike in finale. Dominio totale.

Nelle facoltà di economia si insegna che il monopolio di un qualsivoglia mercato non è cosa buona e giusta, ma nel mercato dell’abbigliamento tennistico a condizionare la scelta del ragazzino che va a comprare il completino in negozio o su internet è quasi sempre il testimonial/idolo di quel completino. Possedendo la Nike praticamente tutti, diventa estremamente difficile per gli altri rompere questa sorta di monopolio.

Qualcosa, però, si muove e questo è positivo per il tennis in generale perché fa trasparire l’esistenza di un mercato ancora vivido e capace di attrarre nuovi investitori. Negli ultimi anni, infatti, tre nuovi brand si sono avvicinati al tennis investendo cifre importanti per accaparrarsi giocatori altrettanto importanti. Il primo in ordine temporale a scendere in campo è stato il giapponese Uniqlo che, dopo essersi assicurata le prestazioni di Nishikori, ha puntato al bersaglio grosso strappando niente di meno che Djokovic a Sergio Tacchini. A metà 2012 il serbo ha firmato un quinquennale che gli farà percepire circa sei milioni a stagione.

A ruota di Uniqlo è arrivata New Balance, altra newcomer nel mercato del tennis. L’azienda di Boston ha puntato forte su Milos Raonic ed i numeri attuali del canadese sembrano premiare la scelta fatta. La novità targata 2014, invece, è l’ingresso di H&M, il colosso svedese dell’abbigliamento low cost si è accaparrata le prestazioni di Tomas Berdych dopo che questi si era separato proprio da Nike. Definire estrosi i completi sin qui esibiti dal ceco è andarci piano, ma i gusti sono opinabili si sa e la scelta di mantenere un profilo basso per quanto riguarda i prezzi può dimostrarsi vincente.

Questo mercato ha tutte le potenzialità per regalare soddisfazioni a chi vi investe perché il giro d’affari intorno a questo sport sta diventando miliardario col passare delle stagioni, e la visibilità nei meri termini di minutaggio ed inquadrature non è neanche comparabile ad altri sport. L’impressione è che chi investe nel tennis riesce a prendersi una fetta della torta, la grandissima maggioranza del dessert però è e resterà ancora in mano a Nike. Un’ingorda Nike.

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