Quando c’era Nando…

di Sergio Pastena

7 aprile 2006: il Cile gioca i quarti di finale di Coppa Davis negli Stati Uniti, al Mission Hills Country Club di Rancho Mirage. Si gioca sull’erba e gli americani, inaspettatamente, soffrono e soffrono tanto. Nando Gonzalez dà vita a una battaglia epica contro Blake e la spunta 10-8 al quinto, Nicolas Massu costringe Roddick a due tie-break. Solo il doppio non ha storia, ma Roddick deve sudare per portare agli Usa un terzo punto decisivo, rimontando un set di svantaggio ed evitando un singolare finale che sarebbe stato pericolosissimo con un Blake non al meglio e duramente provato da un match chilometrico. Al primo turno i cileni avevano distrutto la Slovacchia.

Otto anni fa, sembrano secoli. Anche solo quattro anni fa, comunque, i cileni arrivarono ai quarti di Davis eliminando Israele e cedendo alla Repubblica Ceca ma a ranghi ridotti. Nell’ultimo turno di Davis, anno 2014, il Cile ha invece toccato il punto più basso della propria storia.

Prima, però, spieghiamo dove sono finiti i sudamericani, che vantano nel proprio albo d’oro una finale ottenuta a colpi di forfait e persa in casa contro l’Italia. Il caso ha voluto che proprio i cileni ci restituissero il World Group nel 2011.

Dall’ultimo quarto di Davis i cileni hanno giocato sette match perdendone sei ma, soprattutto, entrando in una spirale all’ingiù che li ha fatti passare dalle vittorie nel World Group all’orgogliosa resistenza (sempre nel 2011) contro gli Usa, con Capdeville e Massu che fecero sudare i singolari a Roddick e Isner, per poi approdare al nulla assoluto.

Anvedi-come-picchia-Nando si è ritirato, Massu è ancora nel ranking ma solo perché fino all’anno scorso ha mandato il suo ectoplasma in giro per i Challenger, l’unica cosa degna di nota che ha fatto Capdeville nell’ultimo anno è stata dire che Federer ha “rallentato le superfici” e quindi gli ha rallentato la carriera (salvo ritrattare).

E la squadra di Davis? Beh, pochi giorni fa si è recata alle Barbados e non per qualche giorno di vacanza, come buon senso vorrebbe, ma per sfidare la squadra di casa che, in buona sostanza, è composta da un singolarista abbastanza promettente come Darian King e da Haydn Lewis, decente doppista da Future. Raggruppamento: primo turno del Group 2, dopo che due sconfitte consecutive contro Ecuador e Repubblica Dominicana avevano catapultato i cileni fuori anche dalla “serie B”.

Risultato: Darian King ha vinto agevolmente i propri singolari contro Lama e Garin, unico giovane promettente, per poi portare a casa il doppio e chiudere la sfida senza troppo sforzo. Ora il Cile giocherà col Paraguay, nazione che non ha atleti in conto ranking, per evitare l’umiliazione estrema del terzo gruppo, dove potrebbe trovarsi a incrociare le racchette e i mojito con Bermuda e Panama.

La parabola cilena rappresenta il classico esempio di squadre che scendono e scendono troppo. L’abbiamo provato nel 2004, con l’umiliazione di soffrire in casa contro la Georgia nel Group II, la stan provando oggi altri. Pensate alla Russia, che la coppa l’ha vinta nel 2006 ed ora si giocherà con la croazia i play-off per restare nel Group I dopo averle prese in casa dalla Polonia.

Oppure l’esempio più eclatante: il Marocco, che nel 2002 quasi sorprendeva la Spagna in trasferta con El Aynaoui e Arazi, ora si trova in serie C e le ha prese in casa dal Lussemburgo. I nordafricani, quasi disintegrati a livello tennistico, son finiti persino nel terzo gruppo.

In un torneo fatto di favole, come quelle di Israele e Zimbabwe in passato, ci sono storie che vanno in senso opposto, perché se qualcuno sale qualcun altro deve scendere. E per il Cile risalire non sarà facile.

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