Russia-Italia, 19 anni dopo l’impresa al Foro Italico

Diego Nargiso e Andrea Gaudenzi

di Giorgio Giosuè Perri

A poche ore dalla sfida tra Italia e Russia, valevole per la permanenza nel World Group di Coppa Davis, andiamo a ripercorrere quella che è stata la storia fra queste due nazioni nella competizione a squadre più importante del mondo.

Il primo incontro, risalente al 1962 e vinto dagli azzurri con un netto 5-0, fu solo il preludio di altri due successi nel 1966 e nel 1968, entrambi guidati da uno straordinario Nicola Pietrangeli. La prima, nonché unica, sconfitta della squadra di Capitan Sirola arrivò nell’anno 1969, quando un ormai 36enne Pietrangeli, accompagnato da Eugenio Castigliano, Vittorio Crotta e Pietro Marzano, non riuscì a trascinare alla quarta vittoria consecutiva contro gli avversari russi la squadra vice campione del mondo, uscita sconfitta dalla finale contro la Spagna pochi mesi prima.

Dopo quattro sfide in otto anni, le due nazioni non si incontrarono più sino al 1996. Un’attesa lunga ripagata in maniera straordinaria dalla cornice del Foro Italico, che impazzì di fronte a quello che è considerato ancora oggi uno dei Week-End di Davis più straordinari della storia. L’Italia di Renzo Furlan, Andrea Gaudenzi e Diego Nargiso, che l’anno prima aveva abbandonato la competizione ai quarti di finale, affrontava la temibile armata russa, capitanata da Anatoly Lepeshin e guidata da Yevgeny Kafelnikov, finalista delle ultime due edizioni. L’Italia, in maniera quasi incredibile, vince in tre tempi una sfida più volte interrotta dalla pioggia e dal freddo: prima con Gaudenzi, che il primo giorno rimonta Andrei Chesnokov, poi con il doppio Nargiso/Gaudenzi e infine con Furlan che, nel match decisivo contro Chesnokov, gioca una delle migliori partite della sua carriera, malgrado alcune chiamate discutibili in favore della squadra russa. Lo stesso Furlan che, tre anni prima contro l’Australia, aveva presentato un certificato medico perché l’ansia lo divorava, si ritrova a giocare il match decisivo e inizia vincendo il primo set 6-0. Subisce la reazione dell’avversario, ma non si disunisce. Chesnokov, famoso per essere un grande corridore, nonché un grande difensore, va da una parte all’altra del campo senza difficoltà, rimanda tutto dall’altra parte e rende le cose terribilmente difficili all’azzurro, che è costretto a cedere il secondo set. “Non sapevo che fare” – dice oggi Furlan – “Era desolante, lui mi aveva ingannato e io non riuscivo a trovare le contromisure”.  Poi arriva la pioggia, una vera e Italia Russiapropria manna dal cielo per l’azzurro, che al rientro spazza via tutti i brutti pensieri e anche l’avversario, trascinando l’Italia ad una vittoria quasi insperata alla vigilia. Le due sconfitte contro Kafelnikov, arrivate comunque al termine di due lotte infinite, avevano dato una forza fuori dal normale alla squadra azzurra, la stessa che qualche mese più tardi andò vicina alla finale e che, due anni più tardi, avrebbe sfiorato l’insalatiera.

Italia e Russia si ritrovano dopo 19 anni per non scendere nell’oblio, per garantirsi ancora una possibilità di sognare. Da una parte gli azzurri, usciti sconfitti in maniera beffarda contro il Kazakistan, dall’altra i russi, sull’onda della positività dopo la straordinaria vittoria contro la (semi) armada spagnola. Una sfida spalmata su più versanti, che vede dentro il passato, il presente e il futuro. Fabio Fognini e Andreas Seppi, ma anche Teymuraz Gabashvili e Evgenij Donskoy. E come dimenticare Andrey Rublev, giovane speranza del tennis russo, che oltre alle ottime prestazioni nel circuito ATP è stato uno degli eroi contro la Spagna? Ci si gioca tanto, come ha detto anche Simone Bolelli, a casa loro e su una superficie difficile per l’ItalTennis, che sul duro non vince una sfida dal 2011. Anche in quel caso si partiva per una trasferta pericolosa, fuori casa e con la paura di scendere nel Group I, che sia di buon auspicio?

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