La prima volta di Océane Dodin


Océane Dodin si è da qualche giorno aggiudicata il primo titolo WTA in carriera, nella francofona Quebec City, sbaragliando una concorrenza tutt’altro che nutrita, dando altresì credito alle grandi aspettative – leggasi le 4 wild card ricevute per i main draw Slam – manifestate dalla propria Federazione. Dodin, allenata dal padre e già convocata ad inizio anno per la Fed Cup proprio contro l’Italia, ruba immediatamente l’occhio per le naturali doti di anticipo da fondo campo con entrambi i fondamentali: destra, rovescio bimane con cui preferisce comandare gli scambi, mentre col dritto tende a cercare la soluzione vincente, per quanto sia più propensa a “perderlo”. Sfrutta inoltre le alte leve – non è molto lontano dai 190 centimetri – per ottenere svariati punti direttamente col servizio.
Fino alla scorsa primavera, inizio estate, Océane, che vanta diverse buone prestazioni a livello Slam, rischiava di condividere la fine di quelle buone colpitrici che, però, non trovano l’abbrivio giusto per completare la crescita, disputando qua e là buoni tornei, quando la combinazione “luna giusta+timing” permette loro di sfoderare prestazioni degne di nota, ma annacquando il tutto con mesi di buio assoluto. Alla transalpina era capitato questo: ottenuta una classifica WTA da top-150, non è mai stata capace, nemmeno lontanamente, di attaccare una posizione definita da due soli cifre numeriche. Perché? Tra le altre cose, si tenga bene in mente il seguente fattore: fino al luglio 2015, Dodin non aveva mai vinto un match professionistico su terra battuta. E va bene la giovane età, ma eravamo al limite del grottesco.
Dicevamo la scorsa primavera, perché in effetti qualche modifica nel suo gioco Dodin, negli ultimi mesi, la ha effettuata: si possono facilmente trovare in rete i video di alcuni incontri recenti che possono aiutare nella spiegazione: questo è emerso con decisione nel recente torneo canadese che l’ha vista vincitrice e non solo.
1. GIOCO DI GAMBE
Avendo lunghe leve, non è mai stata una giocatrice che ha basato il proprio gioco sull’agilità, ma questo aspetto era eccessivamente trascurato: non un caso che sulla terra battuta, per quanto ci giocasse raramente, non era in grado di fare alcun risultato: poteva provare a sfondare le sue avversarie, ma prima o poi l’errore si materializzava. Da questo punto di vista, è stato molto utile il match di primo turno contro Teliana Pereira nel 100.000$ di Contrexeville dello scorso luglio, vinto in rimonta e dopo aver remato sul campo nei momenti di difficoltà, quando la partita sembrava sfuggirle di mano. Non sarà un suo punto forte, ma quantomeno ha colmato un gap interessante.
2. VERTICALIZZAZIONE
Un altro grande deficit dipendeva dal fatto di attendere a fondo campo la conquista del punto, picchiando sulla pallina fino quasi a spaccarla, nel tentativo di impedire all’avversaria di raggiungerla. In questo modo, l’errore poteva concretizzarsi, ed essendo una giocatrice “emozionale” – facile all’interno di un suo incontro aspettarsi parziali, favorevoli e sfavorevoli – questo poteva complicare incontri alla portata. Nell’ultimo periodo, Océane ha cominciato a seguire buona parte delle soluzioni semi-conclusive approcciando la rete: il tocco e le volée non sono esattamente il suo forte, e spesso commette errori, ma l’idea è buona, la copertura a rete, data l’altezza, è comunque importante, e tuttavia in diverse occasioni riesce a chiudere la contesa, magari prediligendo i tanto vituperati schiaffi al volo rispetto ai comodi tocchi. Migliorabile tutto, ma la strada è quella giusta.
In misura minore si notano migliore al servizio (contenimento numero di doppi falli, maggiore ricerca delle traiettorie sulla prima) e su talune scelte tattiche (frutto di quanto sopra riportato in parte), ma la buona novella è che, in questo caso, la ragazza non si è seduta sulle proprie indubbie qualità, ma ha provato immediatamente a limare le proprie carenze, dando così una risposta alle tante domande che, sconfitta bruciante dopo sconfitta bruciante, cominciavano ad addensarle la testa. Dove arriverà, non si sa, ma la strada tracciata le ha concesso un titolo abbastanza inatteso, come quello sulla terra di due settimane prima, dando nuova linfa a chi in lei ripone decise speranze.

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