Stefano Galvani e il Conde de Godó 2002

Stefano Galvani di Paolo Silvestri

È noto quanto la carriera di Stefano Galvani sia stata complicata e sussultoria, fra lesioni, incidenti, rimpianti, fermate involontarie e volenterose ripartenze. Ma anche ricca di soddisfazioni, come la presenza negli Slam e in Davis, un bel gruzzoletto di tornei minori, il fatidico ingresso, anche se per il rotto della cuffia, nel club dei 100 (nº 99 nel 2007) e… un saldo a favore di 2-0 con un certo Rafael Nadal, che non so davvero chi altri possa vantare! Due vittorie che, come vedremo, furono di buon auspicio, anche se per dovere di cronaca bisogna dire che Rafa era allora un pupo quasi imberbe, per quanto già destinato a un futuro brillante.

Il primo duello risale al magico settembre del 2001, in cui il giocatore patavino inanellò in tre settimane consecutive ben due vittorie (Brasov e Siviglia) ed una finale (Sofia) a livello challenger. Nella capitale andalusa lo aspettava al secondo turno, ed al suo debutto come pro, un ragazzino paffuto e con un efferato look “canotta & pinocchietto”, mentre nell’aprile dell’anno successivo i due giocatori incrociarono nuovamente le racchette nel primo turno delle quali del Godó di Barcellona, dove la spuntò di nuovo il Nostro, che poi battè anche Rubén Ramírez conquistando l’accesso in tabellone. Un bel motivo di soddisfazione sarebbe già stato recitare in un teatro di quelli veri, per di più in un anno che non era partito male (con la qualificazione per l’Australian Open), ma che poi si era stabilizzato in binari abbastanza mediocri, con varie sconfitte al primo turno. E invece un Galvani sempre più “galvanizzato” non ha nessuna intenzione di fermarsi, e lo dimostra nel primo e durissimo match contro Ivan Ljubicic, in quel momento intorno alla trentesima posizione mondiale. Stefano perde il primo (64), si rifà ampiamente nel secondo (61), per poi risolvere ai rigori vincendo il tie break. Un bel motivo di soddisfazione sarebbe già stato, ecc. ecc., anche perché al secondo turno si trova davanti nientemeno che Yevgeny Kafelnikov, testa di serie numero 2 e numero 4 del mondo. Chiunque gli avrebbe detto: “Ok Stefano, sei stato bravissimo, adesso scendi in campo e divertiti”, omettendo di verbalizzare la seconda parte della frase che avrebbe potuto Stefani Galvaniessere qualcosa come “tanto ti fa un c… come un canestro”. Chi non si divertì per nulla fu invece il Principe russo, rispedito abbastanza agevolmente a Mosca con un secco 76-62. Poi, vabbè, era un torneo di tennis, non un film americano, e la favola bella che ieri t’illuse (Oh Stefano…) doveva finire in qualche modo, nella fattispecie per mano di un Albert Costa molto in palla, che giungerà in finale sconfitto da Gaudio, ma che sarà sopratttuo da lì a poco il dominatore del Roland Garros. Non si può comunque dire che Galvani sia sceso in campo sconfitto, ed il corpo a corpo fu vero, come dimostra l’esito alla fine favorevole per il giocatore spagnolo, ma solo con uno score di 75-76. Stefano ha raccontato in una recente intervista su Spazio Tennis che lo stesso Costa, quando a Parigi gli chiesero: ‘Qual è l’italiano che gioca meglio?’, rispose: ’Galvani’. Un tennis in effetti bello e classico, con colpi piatti e un repertorio tecnico piuttosto completo, che probabilmente avrebbe meritato di più, se non si fossero frapposti la sfortuna, un fisico fragile e forse una programmazione a volte non del tutto oculata. Ma, nonostante qualche rimpianto, un bilancio globale comunque positivo, con scalpi eccellenti, fra i quali appunto, ed in uno stesso torneo, Ljubicic e Kafelnikov. Non è certamente da tutti, ma viene in mente che queste sue gesta barcellonesi nella primavera del 2002, che qui rievochiamo, non sono certo gli unici inattessi trionfi nella storia del tennis azzurro. Penso, solo per citare qualche esempio sparso, alla vittoria di Borroni su Kafelnikov (Roma ’95), di Martelli su Ivanisevic (Parigi ’98), di Tieleman su Henman e di Pozzi su Safin (Queen’s ‘98 e 2000), oppure di Stoppini su Agassi (Washington 2006). Il racconto biblico di Davide e Golia ha la sua versione tennistica, ed in fondo è il sale del nostro sport, perché permette di sovvertire i pronostici e di tramandarli ai libri di storia. Con i dovuti complimenti ai protagonisti.

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