Le Metamorfosi di Tandil


(Alex Colella – Foto Nizegorodcew)
di Roberto Commentucci
Circolo Tennis Eur, domenica 2 aprile, ore 7.30. Si, avete capito bene, 7.30 del mattino. Il bellissimo circolo, un gioiello architettonico in stile vagamente razionalista, è praticamente deserto. Parcheggio vuoto, il bar è chiuso. Ma il sole è già caldo e sta rapidamente asciugando l’umidità notturna. Nel silenzio generale, si sente nell’aria un rumore di palle e racchette, inconfondibile, e ben udibile fin dal parcheggio.
Sul campo 3, nella solitudine del mattino, Eduardo Infantino, raggiante, dirige un intensissimo allenamento fra lo spezzino Alessandro Giannessi, arrivato la sera prima da Antalya, Turchia, e… Si, è lui. Il caschetto biondo-castano e il sorriso sempre stampato in faccia sono inconfondibili, così come il modo un pò caracollante, ma rapido, di muoversi in campo.
E’ Gianluigi Quinzi.
Proprio lui. Colui da cui tutto dipende, il Portatore dell’Anello, il novello Frodo Baggins del nostro tennis, che per qualche ora di allenamento con i suoi “camerati di Tandil” (oltre a Giannessi, Federico Gaio, Alessandro Colella e Gianmarco Micolani) si è fatto, accompagnato dalla famiglia, un Porto San Giorgio-EUR non stop.
Quinzi dal vivo è davvero impressionante, perché dopo 5 minuti non riesci proprio più a pensare che abbia solo 15 anni e 2 mesi. Fa sembrare tutto facile, si muove con una fluidità incredibile e la palla nonostante la mancanza di muscoli cammina già tantissimo, sia dal lato del rovescio, sia – soprattutto – con il tanto discusso diritto, su cui sono stati scritti fiumi di inchiostro. Ebbene, ragazzi, d’accordo che era un allenamento, ma ora il diritto di GQ viaggia che è un piacere, sia sulla traiettoria incrociata, cara ai mancini, sia a sventaglio.
Infantino a bordo campo non sta zitto un momento, correggendo e stimolando, in modo anche pittoresco (“forza ragazzi, voglio vedere la pallina espaccada!”) ma non lesina gli elogi: bene Gian, buona questa Gian, bravo così Gian. Poi mi prende da una parte e mi fa. “E dovevi vederlo due mesi fa: adesso è forse al 70% rispetto ad allora, perché a causa degli impegni scolastici abbiamo dovuto ridurre i carichi. Ma saremo pronti per i prossimi tornei”.
I due ragazzi ci danno dentro. Quasi due ore di allenamento a ritmo serratissimo, con Alessandro Giannessi, molto carico, che fa vedere quanto abbia pagato il durissimo lavoro svolto nei mesi invernali nella misteriosa Tandil: lo spezzino, al pari degli altri ragazzi portati in Argentina da Infantino, ha acquistato massa muscolare, irrobustito il suo tennis, ma non solo: ha totalmente ricostruito il gesto del servizio, con un lancio di palla un pò più basso, una maggiore spinta delle gambe, un mulinello più rapido e una migliore rotazione del busto e della spalla. E anche il rovescio incrociato, suo antico punto debole, è diventato finalmente un colpo importante.
Lo stesso si può dire per gli altri 3 ragazzi di Tirrenia: il Federico Gaio visto al Future di Frascati lo scorso settembre, un pò sfiduciato dopo la separazione dal tecnico Ceragioli, appariva poco tonico e forse anche lievemente sovrappeso; ora è tiratissimo, molto più rapido, e soprattutto è diventato una specie di frigorifero, stile Canas… Quando impatta il diritto a tutto braccio si sente un Pam! e sembra che la pallina debba andare in mille pezzi. Un diritto peraltro, sui cui si è lavorato benissimo anche per ripulire la tecnica, migliorando la fluidità del gesto, l’efficacia della rotazione interna di polso e avambraccio ed eliminando la tendenza del faentino a colpire con il braccio troppo disteso, ad una distanza eccessiva dalla palla.

(Gianmarco Micolani – Foto Nizegorodcew)
Anche Gianmarco Micolani e Alex Colella, che sono attualmente un pochino più indietro nel livello di gioco, sono letteralmente trasformati nel fisico rispetto ad alcuni mesi fa. Per ora entrambi soffrono, perché sono alla ricerca di un nuovo equilibrio. Il torinese Colella, tenace regolarista, sta cercando di avanzare la sua posizione in campo, di diventare più aggressivo: ha migliorato il servizio, la sua palla è diventata sicuramente più pesante, ma ora deve imparare a comandare il gioco e fatalmente fa fatica, sbaglia troppo, anche nelle scelte tattiche. Micolani, che era il più minuto e acerbo fisicamente dei quattro, si ritrova con un corpo letteralmente esploso a livello muscolare e per ora anche lui fa molta fatica a sciogliersi e ad abituarsi. Ma cresceranno, è solo questione di tempo.
Insomma, ti viene da pensare, ma che hanno a Tandil?
La bacchetta magica?
Alla fine, la spiegazione più convincente la fornisce Luca Quinzi, l’intelligente e pacato padre di Gianluigi: “Vedi, il fatto è che nelle attività umane in certi posti esiste una specie di magia, un qualcosa di speciale, ed una particolare disciplina sembra appartenere alle case, agli alberi, alle strade. Io penso ad esempio ai distretti industriali che sono spuntati come funghi nella mia regione (le Marche), in pochi anni. La capacità di fare industria e il sapere imprenditoriale sono entrati a far parte dei cromosomi della gente. Ebbene, a Tandil, da quel che ho potuto vedere, è così per il tennis: si respira tennis, dappertutto. E quindi chiunque va là subisce una specie di incantesimo, per cui è portato a dare tutto se stesso, in letizia, e ad esplorare i suoi limiti, dimenticando i dolori e la fatica.”
D’altronde è solo così che si può spiegare come una città di appena 100.000 abitanti abbia prodotto negli ultimi 20 anni più talenti dell’intero nostro paese: gente come Guillermo Perez Roldan, Patricia Tarabini, Mariano Zabaleta, Maximo Gonzales, Diego Junqueira, Juan Monaco, Juan Martin Del Potro… e altri ancora.
Ecco perché i nostri giovani italiani hanno vissuto le metamorfosi di Tandil.

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