Mahut, dal paradiso all’inferno in quattro mesi

Mahut

di Luca Fiorino

Alzi la mano chi non prediliga vedere o giocare un tennis prevalentemente offensivo, magari impreziosito da qualche back di rovescio a fil di rete o da un chip and charge, seguiti poi da una bella stop volley vincente. Sebbene questo stile di gioco sia apprezzato da tanti, risulta ormai essere sempre più in disuso poiché poco redditizio in termini di risultati. In questi mesi, è stato uno dei migliori interpreti attuali del serve and volley, Nicolas Mahut, a dover affrontare questa triste realtà. In soli quattro mesi ha visto peggiorare drasticamente la propria classifica precipitando sino alla posizione numero 105.

Lontani anni luce sembrano essere i tempi di Edberg e McEnroe (quando a suon di volée e ricami deliziavano le platee e conquistavano titoli a non finire) a discapito di un tennis odierno basato sulla fisicità, sulla regolarità negli scambi e sulla potenza dei colpi da fondo. Inutile disquisire ulteriormente su tale argomento, consapevoli del fatto che siano tanti i fattori ad essere mutati negli anni a partire dalle racchette e dalle palline. Certo è che quello che sta accadendo negli ultimi mesi al transalpino è a dir poco curioso e singolare. Dopo le soddisfazioni del 2013 con i primi due titoli vinti all’età di 31 anni, prima a s-Hertogenbosch e poi a Newport (non a caso sull’erba), il tennista di Angers sta attraversando un momento poco felice.

Il motivo del tracollo risiede nella mancanza di fiducia nei propri mezzi, a seguito di un tennis poco brillante e alla pressione derivante dai punti in scadenza. Difficile credere (come si è letto su qualche giornale locale) che i cattivi risultati possano essere figli di un calo fisico dovuto principalmente all’età del francese anche perché il suo tennis è molto meno dispendioso di tanti altri. Nonostante questo, i risultati ottenuti nella prima parte della stagione uniti all’ottimo rendimento sull’erba dello scorso anno, gli ha consentito di raggiungere a Maggio la posizione numero 37, ad oggi il suo best ranking.

Così come è difficile scalare tante posizioni e riconfermarsi, è altrettanto probabile attraversare un periodo negativo e sprofondare nel ranking mondiale. Questo è ciò che è successo al povero Mahut che da Maggio ad oggi ha visto il suo nome scivolare in un lampo, da numero 37 del ranking al di fuori dei primi 100 al mondo. D’altronde la classifica del francese era frutto dell’exploit erbivoro sopra menzionato e l’uscita prematura nei suddetti tornei non ha fatto altro che relegarlo nella posizione attualmente occupata. Passi pure la stagione sulla terra rossa in cui non ha mai raggiunto risultati eclatanti, di certo non sono giustificabili le prestazioni sul veloce. Solo primi turni nei tornei dello Slam e una sola vittoria nei sette Master 1000 disputati, tra l’altro sulla terra di Montecarlo. Troppo poco per chiunque, soprattutto per uno come lui.

Il futuro è però meno nero di quanto si possa prevedere: è infatti reduce dalla vittoria di inizio Settembre nel challenger di St.Remy ed è appena iniziata la stagione sul cemento indoor, una superficie al transalpino più che congeniale. Inoltre per lui e per gli amanti del serve and volley le buone notizie non finiscono qui: dal prossimo anno infatti la stagione sull’erba si allungherà di una settimana. In aggiunta a Wimbledon e ai tornei di Halle e del Queen’s, che diverranno Atp 500, vi saranno in programma altri due tornei Atp 250. Torna infatti Nottingham ad ospitare per la prima volta dal 2008 un torneo Atp, città che diede non poche soddisfazioni al nostro Andreas Seppi, e Stoccarda, che cambia però ufficialmente superficie abbandonando la terra rossa. Questa modifica al programma non fa altro che dare (finalmente) maggior peso alla stagione erbivora e concedere una settimana in più di ambientamento alla nuova superficie senza che dopo appena due settimane si passi direttamente dalla terra del Roland Garros all’erba di Wimbledon.

La domanda dunque sorge spontanea: è possibile che degli specialisti come Mahut abbiano avuto a disposizione, sino a questa stagione, soltanto quattro settimane (sempre che si arrivi alla seconda settimana di Wimbledon) per giocare sull’erba e, Slam a parte, in tornei Atp 250? Ciò depone a sfavore del tennis puramente d’attacco e spinge i ragazzi a crescere sui campi in terra e in cemento. Saranno discorsi vecchi e stravecchi ma che restano sempre di grande attualità. I primi passi sono stati fatti nella direzione giusta ma sarebbe un errore pensare di non poter migliorare ancora la situazione. Non lamentiamoci poi se il serve and volley e gli erbivori sono ahinoi in via d’estinzione…

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