Seppi e il logorio del tennis moderno

Andreas Seppi

di Marco Mazzoni

Lunedì mattina, solito grigio di quest’estate che sta scivolando via. Acceso il portatile, la prima attività d’inizio settimana è il solito sguardo al nuovo ranking ATP, ancor più dopo l’ottimo Challenger di Cortina che ha regalato grande tennis ad una prestazione super di Federico Gaio. Il faetino ha davvero divertito con il suo tennis brillante, una sinfonia di drittoni, smorzate, attacchi a rete e pure qualche lob d’autore. Il rammarico per una finale che poteva vincere è addolcito dal suo nuovo best ranking, n.281 con un eccellente +87. Ancor più prorompente la scalata di Adelchi Virgili, che si attesta al n.765 con un +152 posti, a dimostrare che il talento fiorentino ha ancora tanto da dire e da dare nel mondo della racchetta se la malasorte si terrà un po’ alla larga dalle sue corde… Bene anche Donati (+21 al n. 303) e Marcora (+26 al n.218). Purtroppo non arrivano solo note positive dallo sguardo alla classifica.

Andreas Seppi infatti stamani si attesta al n.51, con tre posizioni perse rispetto alla scorsa settimana. Non un crollo, ma il dato è storicamente e statisticamente rilevante perché l’altoatesino esce dai top50. Non gli accadeva da molto tempo, precisamente dal 6 novembre 2011. Quasi tre anni ininterrotti di presenza nell’elite del tennis, quella che ti permette di giocare praticamente ogni torneo (Master 1000 inclusi) ed in cui Andy si è tolto grandi soddisfazioni, toccando un fantastico n.18 il 28 gennaio 2013, il suo best ranking. In questo periodo d’oro Seppi è stato ben più di un “semplice” top50: dal 21 maggio 2012 al 13 gennaio 2014 è stato sempre all’interno dei top30, incluso un periodo più breve (dal 28/1/13 al 6/5/13) in cui stato nei top20. Numeri molto importanti che certificano la sua costanza di rendimento, l’estrema serietà nel lavoro, nello sfruttare vari momenti della stagione per trovare l’acuto e recuperare da qualche settimana no. Del resto Seppi è stato capace di ottenere ottimi risultati su tutte le superfici, diventando anche il primo Pro azzurro a vincere un torneo su erba, e primo a vincere su tre diverse superfici (erba, terra, cemento indoor). Un tennis solido il suo, pochi fronzoli e tanta sostanza, costruito con massima efficienza e programmazione, grazie a cui ogni anno è riuscito ad inserire un piccolo tassello a completare un puzzle di alto livello e rendimento. Il tutto condito da vincenti in progressione e rovesci lungolinea tutt’altro che banali, capaci di lasciare fermi anche il Djokovic di turno. Un lavoro importante svolto con il suo team e coach Sartori, assolutamente da prendere ad esempio per dedizione e professionalità da parte di tutti i giovani che iniziano a muovere i primi passi nel mare agitato del tennis professionistico.

Il calo in classifica (Seppi aveva iniziato il 2014 al n.25) è figlio di una stagione che gli ha regalato ben poche soddisfazioni. L’anno è partito proprio male, fin dall’Australia. Dopo la clamorosa vittoria contro Hewitt sulla Rod Laver Arena (5 set tiratissimi), prima la brutta sconfitta in Davis contro Berlocq a Mar del Plata, poi una serie di sconfitte e pochissime vittorie, tutte molto sofferte. Solo a Monte Carlo è riuscito a vincere per la prima volta in stagione due partite in fila, incappando poi nella furia di Nadal. Male anche Roma, subito sconfitto da Haas in tre set; meglio a Parigi, dove ha passato due turni con un tennis in ripresa, prima di incappare in Ferrer, una delle sue “bestie nere”. Ero presente quel sabato mattina sul fantastico campo n.1 del Bois de Boulogne (…campo che stanno demolendo!?!?), e Seppi partì proprio male. Vero che la storia dei suoi match vs David era quasi paradossale (mai fatti più di 4 giochi in un set!), ma la sensazione era quella di un Seppi fisicamente a posto ma non così esplosivo, non così reattivo nella ricerca della palla e nel cogliere col suo rovescio lungolinea le aperture di campo. Dimesso. Forse il segno del grigiore della sua annata. Sotto nel punteggio, si scuote all’improvviso, reagisce. I piedi diventano più veloci, la racchetta fende l’aria più cattiva e aggressiva e rompe il “tabù numerico” contro il tosto iberico. Perderà in tre set, ma per un’ora abbondante Seppi pareva tornato quello vero, quello capace di impattare con gli interessi le palle del rivale trovando angoli interessanti, spesso definitivi. Purtroppo è andato male sull’erba (2 sconfitte su 2, ma era stato male la settimana prima di Wimbledon) e quindi ad Amburgo vince finalmente un set contro Ferrer, altra piccola soddisfazione nonostante la sconfitta.

E’ appena iniziata la stagione sul cemento USA, quella che anche il miglior Seppi ha sempre digerito poco, quindi attendersi l’acuto adesso è auspicabile ma non così probabile. Più facile che Andreas possa fare qualche buon risultato da settembre a fine stagione, quando spesso ha trovato qualche acuto, meglio se indoor, dove ha sempre reso bene.

Questa la storia recente, a cui va aggiunto che il nostro n.2 non sempre è stato al top fisicamente, cosa di fondamentale importanza per tutti nel tennis estremamente fisico di oggi, e ancor più per Seppi che ha assoluto bisogno di arrivare bene sulla palla per gestire i suoi movimenti ampi e trovare il timing ideale all’impatto, il feeling sulla palla.

Proprio a Spazio Tennis recentemente Max Sartori aveva parlato di come fosse stata completamente ritarata la preparazione, perché qualcosa si era inceppato e non riusciva a ripartire. Qualche segnale positivo qua e là si è intravisto, ma troppo poco. Con risultati modesti la discesa in classifica è stata inevitabile. Purtroppo anche il “momento storico” non aiuta, visto che qualcosa si sta muovendo nel tennis: diversi giovani stanno salendo e si stanno avvicinando alle posizioni che contano, molto agguerriti (Thiem, per dirne uno caldissimo), o di ritorno (vedi Goffin per restare alla strettissa attualità).

Gli indizi fanno pensare che per il 30enne Seppi non sarà affatto facile tornare nella top20, o avvicinarsi di nuovo in tempi rapidi. Felicissimo se mi smentisse, glielo auguro con tutto il cuore perché Andy è un bravissimo ragazzo, serio professionista ed esempio di come crescere e farsi largo nel mondo del tennis seppur non dotati di un talento tecnico da superstar; ma non dobbiamo dimenticare che per raggiungere prima e mantenere poi (e per un lasso di tempo molto lungo) un livello di gioco altissimo, Andreas ha fatto un lavoro duro e importante sul lato fisico e mentale. Un lavoro che logora. La competizione è talmente feroce che basta allentare la presa di un millimetro per essere sportivamente travolti. Dopo anni di tennis di eccellente livello e di grande continuità di prestazione, è naturale che qualcosa possa incepparsi e che serva del tempo per un reset generale per ripartire.

Se integri fisicamente, a 30 anni non si è affatto vecchi: basta guardare “nonno” Stepanek, Robredo o tanti altri. Serve pazienza e fiducia, senza precipitare le cose e farsi prendere dall’ansia dei risultati che stentano ad arrivare; magari serve darsi qualche obiettivo di medio periodo, inserendo novità nella routine di lavoro, nella programmazione o pure nel gioco (migliorare la seconda di servizio?) per crearsi nuovi stimoli. Il tutto focalizzando la preparazione a ritrovare la massima efficienza fisica per gli ultimi mesi della stagione, che possono essere potenzialmente molto fertili per lui (trasferta asiatica e indoor europei) e che non deve assolutamente sbagliare anche perché non ha moltissimo da difendere.

In bocca al lupo Andy. Hai tirato per anni la carretta del nostro tennis maschile regalandoci non poche soddisfazioni, e zittendo certa critica sterile e miope, troppo arida per capire quello animava il tuo tennis. La pensione è ancora molto lontana, basta continuare a crederci.

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