Deborah Chiesa: “Al Foro Italico la svolta, adesso sono consapevole del mio livello. E ora gli Australian Open!”


Probabilmente è la giovane azzurra che ha sorpreso di più i fan del tennis nel 2017. Aveva cominciato l’anno fuori dalla top500 e senza titoli internazionali in palmares, ma ora si pensa a tornei WTA, al primo slam che arriverà in Australia, si guarda ad una classifica che ha un 1 come prima di tre cifre e nella sezione ‘titoli vinti’ ci sono i $25.000 di Torino, Santa Margherita di Pula e Zawada, a cui vanno sommate le finali di Montreux e del $60.000 di Hechingen. Stiamo parlando di Deborah Chiesa, la trentina di Nago-Torbole, piccolo centro abitato sulla punta settentrionale del Lago di Garda. La 21enne che si allena alla corte dei fratelli Piccari, assieme a Karin Knapp, e che quest’anno è stata anche la vincitrice della wild card al Foro Italico (quando nel main draw mise sotto 5-1 la Tsurenko nel primo set), è già pronta a chiudere il capitolo delle meritate vacanze, per ripartire da Anzio in vista degli Australian Open. Attualmente numero 190 del ranking, ci ha permesso di rubarle qualche minuto dei suoi ultimi giorni di riposo.
Come stai dopo una stagione molto lunga come il tuo 2017?
Bene, sono in vacanza ma sto procedendo a tutte le visite necessarie per l’idoneità a giocare. Ne approfitto mentre mi riposo un po’ a casa con i miei, sul Lago di Garda a Torbole. Poi già nei prossimi giorni me ne torno giù ad Anzio per prepararmi alla nuova stagione e addio vacanze purtroppo. Cioè, non purtroppo [risata], semplicemente si torna alla vita da tennista.
Abbiamo notato che il Comune di Nago-Torbole ti ha dato un riconoscimento per i tuoi risultati internazionali.
Sì, sono stati molto carini. Quest’estate avevo saltato la festa dello sport per fortuna, visto che ero in finale ad Hechingen [risata], ma si sono rifatti in questi giorni con una piccola cerimonia. È stato molto bello, anche perché noi siamo una piccola comunità e ci conosciamo un po’ tutti. Fan capire che mi tengono in considerazione.
Con tutto quello di buono che hai combinato nel 2017, sei cosciente che probabilmente avrai tutti gli occhi puntati addosso nella stagione 2018?
Lo spero! [risata] Sono molto contenta di come sia andata questa stagione, devo ancora un attimo realizzare la mia classifica attuale ed il fatto che comincerò la stagione volando in Australia per il mio primo slam. Non me l’aspettavo per come era cominciata la stagione, con il cambio allenatore, il cambio materiali, un problema al piede… eppure affidarmi a Francesco ed Alessandro Piccari è stata una scelta vincente, loro sono dei professionisti, sono bravissimi. E per fortuna lavorando bene poi i risultati arrivano, per quanto sia una frase scontata è assolutamente così.
Torino è stato il primo titolo in carriera, vinto peraltro contro molti pronostici, probabilmente a partire dal primo turno contro, di nuovo, la Brescia?
Esatto, a Torino ho proprio esordito di nuovo con la Brescia! [risata] Una partita molto lunga e stancante, a lei erano venuti anche i crampi, cosa che non succede mai perché di solito è lei che fa venire i crampi alle altre con la sua solidità e la sua costante intensità di gioco. Era stata una dimostrazione che anche fisicamente ero davvero salita di livello.
Cosa cambia psicologicamente nell’affrontare una nuova stagione da top200, invece che molto più giù?
Devo in ogni caso continuare a lavorare come sto facendo. La top200 è solo un punto di partenza per entrare nel tennis che conta e che quest’anno dovrò sempre esprimermi ad un certo livello per farcela. Però c’è consapevolezza di quelli che sono i miei punti di forza e di debolezza al momento.
E stai già pensando al tuo primo slam in carriera, gli Australian Open?
Ne stavo parlando proprio con mia madre poco fa, del fatto che io sia qui in vacanza, pochi giorni prima di tornare ad Anzio proprio con l’obiettivo di prepararmi per Melbourne. È un’emozione grande tornare ad allenarsi sapendo quali sono i tornei a cui parteciperò a breve, sperando di potermi giocare almeno un torneo di preparazione. Sono carichissima anche se so che sarà dura gestire tutte le emozioni del caso, ma prima imparo a gestirle e meglio sarà per, speriamo, le prossime grandi emozioni.
Parlando dei tornei di preparazione in Oceania, cosa ne pensi di questa nuova regola WTA, la ‘Mertens/Vickery Rule’, che proibisce di giocare sia le qualificazioni di uno slam che un torneo WTA la settimana prima dello slam?
Sicuramente è una regola utile per i tornei, per evitare come era successo l’anno scorso la corsa a chi si ritira prima. Però dall’altro canto, per una giocatrice come me che deve farsi un lungo viaggio, potersi preparare sul campo, giocando anche la settimana prima, sarebbe importante. Così invece è debilitante, perché da quanto ho capito io non potrò giocare la settimana di Hobart e Sydney. Almeno un lato positivo c’è: basta brutti siparietti nei tornei.
La conquista di Melbourne è arrivata grazie all’ultimo torneo della tua stagione, a Zawada. Arrivavi da un momento complicato, come sei riuscita a reagire in maniera così travolgente?
Il periodo di passaggio al cemento in questo fine stagione è stato un po’ difficile, perché in tutto il 2017 ho giocato solo su terra. Avevo trovato i miei automatismi, i miei schemi atti a far bene su quella superficie, e col cambio ho fatto un po’ fatica, anche perché onestamente non sono stata proprio fortunata coi sorteggi nei tornei. È un bene sfidarsi contro avversarie di alto livello, però ecco, magari non proprio dal primo turno sarebbe meglio [risata]. In ogni caso, mi sono detta che dovevo insistere nel provare i miei schemi e le tattiche studiate anche sul cemento, a prescindere dall’avversaria, altrimenti non sarei più andata avanti. Anche a Zawada sono andata con questo obiettivo, quello di provare a tutti i costi le giocate ed i colpi sui quali stavamo lavorando per la partita. Al di là dei punti in palio, se non si prova ad alzare il livello quando poi si arriva nei tornei grossi ti schiacciano. La superficie in Polonia era un carpet abbastanza veloce, dove servizio e risposta erano elementi chiave. Proprio il servizio mi ha portato tanti punti gratuiti, sono stata molto concentrata ed è andata molto bene. Già con la finale probabilmente sarei entrata a Melbourne, quindi la semifinale contro la Von Deichmann l’ho giocata abbastanza tesa nonostante il match fosse stato preparato benissimo. La finale invece l’ho giocata a mente libera e sarei stata contenta a prescindere: ultimo match di una stagione andata alla grande, in un torneo dove ero arrivata in fondo giocando molto bene. Mi sono detta di dare il massimo… e ho vinto il mio terzo torneo.
Sei consapevole di non avere punti da difendere nei prossimi sette mesi e che i margini di salita in classifica sono quindi molto ampi? E generalmente ci pensi ai punti da difendere?
Credo che tutte le giocatrici pensino ai punti da difendere, anche se ti dicono il contrario. Per quanto mi riguarda non ci ho dato mai troppo peso, forse perché non ho mai avuto un granché da difendere [risata]. Comunque so che dall’anno prossimo, questa sarà una cosa a cui si penserà, ma l’importante è alzare il livello, perché se anche una settimana non difendi i punti dell’anno prima riesci poi a recuperarli qualche giorno dopo. Non mi mette pressione nemmeno sapere che praticamente fino a luglio 2018 non difendo niente e quindi ho ampi margini di salita in classifica: vorrà dire che potrò giocare un po’ più libera. Come detto, l’importante sarà alzare il livello generale, a prescindere dai punti settimana per settimana.
Aiutata dalla provenienza geografica, sei appassionata di sport invernali? Ne pratichi qualcuno? Se potessi andare all’Olimpiade in Corea, in cosa ti piacerebbe gareggiare?
Da piccola sciavo e ci andavo spesso con la famiglia, ora però con lo sport che faccio non mi posso permettere di andare e rischiare. Innanzitutto non sono mai a casa ma ad Anzio, e poi sarebbe un rischio, non necessariamente autoindotto, perché se qualcun altro sulla pista arriva a bomba e mi tocca sugli sci poi son problemi. Detto questo però, se c’è la chance di passare la giornata sulla neve, senza sci, lo faccio sempre volentieri. Se ci fosse la chance di andare all’Olimpiade invernale come atleta, sicuramente lo farei per lo sci alpino perché lo so praticare, ma mi ha sempre incuriosito tanto anche il pattinaggio su ghiaccio. Da piccola qualche volta ho provato, poi noi qui abbiamo Carolina Kostner. È uno sport bellissimo da vedere.
C’è tempo per altre passioni oltre al tennis?
Il tempo a disposizione è davvero poco [risata]. Però io sono una lettrice accanita, mi piace leggere qualsiasi cosa, anche in lingua straniera, i classici… mi è sempre piaciuto andare a scuola, studiare, approfondire, anche se non posso permettermi l’università visto che mi voglio dedicare al 100% al tennis e non avrebbe senso.
C’è qualche gesto scaramantico che ti contraddistingue in campo?
No, direi proprio di no, anzi mi danno proprio fastidio quelli che si preoccupano di specchi rotti e gatti neri. Di sicuro non faccio come Nadal, che comunque se si trova bene così meglio per lui [risata], ma forse anche io inconsciamente metto in pratica dei comportamenti standard… anche se in quel caso non me ne sono mai accorta.
Nell’ATP sono tornati decisamente in auge Roger Federer e Rafael Nadal. Il tuo tifo a chi va tra i due?
Roger Federer! Pensa che, quando ero molto piccola, Nadal non lo potevo proprio vedere [risata]. Poi sono cresciuta ed ho capito quanto forte sia un giocatore come Nadal, quale sia il suo enorme spirito di sacrificio in campo e che lottatore sia. Però tra i due è sempre Federer il mio preferito.
Nel 2018, la WTA riavrà a disposizione a tempo pieno Serena Williams, Maria Sharapova e Vika Azarenka, che per diversi motivi più o meno positivi sono cadute in classifica. Quale delle tre, secondo te, torna in top5 per prima?
Credo, con pochi dubbi, Serena. Lei è il mio idolo, la migliore da tantissimi anni, ero così contenta di essere riuscita a farmi una foto con lei quando giocai un Roland Garros junior. Anche ieri stavo guardando un documentario di Mouratoglou su di lei. Chiaramente non ci si può ispirare ad una leggenda come lo è lei o come sono Federer o Nadal, in termini di risultati da ottenere, ma sicuramente sì come modello di gioco e non solo. Quindi il mio nome da rivedere al top a breve è quello di Serena.

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