Steve Johnson, the quiet American

Alessandro Mastroluca
9 Min Read

Steve Johnson Roland Garros 2015
di Alessandro Mastroluca

โ€œCampioni non si nasce, si diventaโ€ scriveva Bill Tiden. โ€œI campioni emergono da una lunga e dura scuola di sconfitte, scoramento e mediocritร , dotati di una forza che trascende lo scoraggiamentoโ€. Di sicuro, almeno in una delle cinquanta e piรน sfumature che il concetto puรฒ assumere, gli Stati Uniti il loro campione lโ€™hanno trovato. Perchรฉ nessuno come Steve Johnson corrisponde al profilo.

Americano atipico, che si esprime bene e si trova piรน a suo agio sul rosso, si รจ regalato un terzo turno al Roland Garros e una sfida con Wawrinka che poi cosรฌ chiusa non รจ. Per farcela, ha dovuto rimontare un set a Stakhovsky che lโ€™ha praticamente dominato fino alla prima metร  del secondo. โ€œPoi ho rimesso le cose a postoโ€ ha spiegato, โ€œnel terzo ero andato avanti di un break ma ho perso il servizio. Comunque, e forse รจ un segno che sto maturando, sono rimasto calmo e concentrato, fino a qualche tempo fa avrei perso la testa. Ho vinto il tiebreak, poi nel quarto ha iniziato a servire molto meglio, non riuscivo praticamente a vederlaโ€. E nemmeno il giudice di sedia la vede, almeno in un caso. Sul 6-5 40-15 la prima dellโ€™ucraino sembra visibilmente fuori, ma viene chiamata buona, ed รจ di questo che si fermano a parlottare dopo la partita, senza nessuna polemica perรฒ. โ€œGli ho detto che magari avrei dovuto tirar fuori il cellulare e scattare una foto come ha fatto lui qualche anno faโ€ ha spiegato. โ€œSono molto contento di aver vinto gli ultimi due punti un poโ€™ bizzarri del tiebreak e di non aver dovuto giocare il quinto setโ€.

Ha chiuso con il suo colpo, un vincente di dritto. โ€œVivo e muoio con quel colpo. Avrei anche potuto sbagliarne sei di fila nel tiebreak, ma lโ€™avrei comunque tirato ancora sul 7-6. รˆ cosรฌ che gioco a tennis. รˆ questo che mi ha portato dove sono adessoโ€. La sintesi, in realtร , รจ fin troppo modesta, eccessivamente riduttiva.

Sul suo tennis ha lavorato con la pazienza dellโ€™artigiano e la costanza dellโ€™orafo. Non ha colpi speciali, che rubano lโ€™occhio, nella semplificazione del racconto tennistico รจ uno dei tanti senza troppo talento, per quelli che scambiano il talento col bel gioco, meglio se dโ€™attacco come una volta. Ma vince partite. Ne comincia a vincere tante. Perchรฉ ha imparato la lezione piรน difficile, e nel modo piรน difficile: ha imparato a perdere.

รˆ papร  Stevie, coach da piรน di trentโ€™anni che ha fondato la sua Tennis Academy al Rancho San Clemente Tennis & Fitness Club, a insegnargli tutto sul gioco, mentre la mamma, professoressa di matematica, lo segue negli studi. E non รจ un coach ortodosso, Stevie, non insegna tennis e basta. Anzi, dice a tutti i genitori dei suoi ragazzi che il tennis รจ un cattivo investimento, che le sue lezioni non danno nessuna garanzia di una borsa di studio al college o di una carriera da professionista. Il piรน grande investimento che un genitore puรฒ chiedere in relazione al tennis, spiega, รจ sviluppare lezioni di vita. Con questi insegnamenti, con la massima โ€œdivertiti in campo, vinci nella vitaโ€ sempre presente, Steve fino a 16 anni si allena a casa, non crede che gli faccia bene andare lontano in qualche accademia privata. Gioca a baseball, a basket, a football. A tennis si allena tre o quattro ore al giorno, non di piรน. โ€œVoglio lavorare per migliorare in maniera intelligente e poi dedicarmi ad altroโ€ dice.

Ogni cosa ha un suo tempo, in questa storia scandita da momenti precisi e scelte mai banali, sempre posate, ponderate, come il suo gioco affilato e concreto. Sceglie di andare al college, si iscrive alla University of Southern California, e ci rimane per due anni. Due stagioni in cui diventa il piรน forte giocatore che mai si sia visto nel circuito NCAA. Vince 72 partite di fila, e porta i Trojans a raggiungere i quattro titoli consecutivi di squadra; solo Stanford tra il 1995 e il 1998 con Dick Gould come coach e i gemelli Bryan in campo era riuscita in unโ€™impresa simile. Non sono tanti quelli che continuano al college, che non lasciano per diventare professionisti dopo il primo anno o il primo titolo. Cโ€™รจ Lisa Raymond, campionessa con i Gators (University of Florida) nel 1992 e nel 1993, lo svedese Mikael Pernfors, tornato alla University of Georgia dopo il titolo al primo anno, il passaggio da professionista e la finale al Roland Garros persa da Lendl. Cโ€™รจ Somdev Devvarman che ha giocato quattro anni con i Cavaliers alla University of Virginia, ha vinto il titolo nel 2007 in finale su John Isner (forse il miglior title match nella storia del tennis universitario) e si รจ laureato in sociologia. Ma Johnson ha fatto qualcosa di piรน. Ha iniziato a frequentare il circuito ITF, ma al secondo anno รจ tornato alla USC per un solo motivo, per aiutare i Trojans a vincere ancora, unโ€™ultima volta. โ€œSentivo che avevo ancora qualcosa da dimostrare, che cโ€™era un discorso sospeso. Non volevo ritrovarmi dopo 10 o 20 anni a guardami indietro e pentirmi di non essere tornatoโ€.

Quando sei giovane, diceva Boris Becker, uno che a Wimbledon nel 1985 ha cambiato il paradigma di definizione della gioventรน nel tennis, โ€œcerchi la tua identitร  e vincere รจ un modo di esprimere te stesso. Pensavo di essere qualcuno quando vincevo, per quello volevo morire quando perdevo. Perchรฉ pensavo di non essere nessunoโ€.

A 22 anni, Johnson ha un solo modo di esprimersi. รˆ il GOAT dello sport universitario, ha sempre e solo vinto: McEnroe chi? Federer chi? Con questo bagaglio comincia a frequentare Futures e Challenger e scopre che le 72 vittorie sono solo un ricordo, e che un ricordo non vale niente.

รˆ un altro livello, รจ unโ€™altra storia, il passato รจ una terra straniera. Deve ricominciare da zero. E perde, tanto, anche sei volte di fila nel 2013. Chiude la stagione da numero 159 del mondo e lo scoramento, la mediocritร  oscurano la forza.

I dubbi si insinuano fino a diventare paura a febbraio 2014, ai quarti di finale del Challenger di Dallas. Dopo aver battuto Ryan Harrison, sta facendo piรน fatica del previsto nel primo set contro Evan King, un ragazzo piรน giovane di lui che giocava per la University of Michigan. Un avversario che aveva sconfitto facilmente negli anni del college. โ€œRicordo che mi sono chiesto: che mi sta succedendoโ€ ha raccontato a USA Today qualche tempo fa. Ha vinto il titolo, alla fine, ed รจ stato come diplomarsi di nuovo, come chiudere un nuovo apprendimento, ritrovare unโ€™identitร .

E i risultati si vedono. Lโ€™anno scorso guadagna 120 posizioni, tocca il best ranking di numero 37 e finisce per la prima volta la stagione in top-50. Questโ€™anno, alla conferma, รจ un poโ€™ sceso in classifica, ma รจ arrivato al terzo turno nei primi due Slam della stagione. La forza รจ tornata a trascendere i dubbi. Dicono che cโ€™รจ un tempo per seminare e uno piรน lungo per aspettare, un tempo che sfugge e prima o poi ci riprende. Lโ€™America aspetta. E spera.

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