Enrico Dalla Valle: “Emozione Wimbledon! La differenza coi pro è la concentrazione”

Foto di Stefano Berlincioni

Di Matteo Mosciatti

Che tu sia giocatore, arbitro, spettatore o addetto ai lavori, dall’alba dei tempi nel mondo del tennis esiste un’indiscutibile verità: il primo Wimbledon non si scorda mai.

Appena tornato a casa dopo i suoi primi Championships, Enrico Dalla Valle ci ha raccontato la sua splendida esperienza in terra londinese. Una volta “scaldati i motori” nel tradizionale torneo di Roehampton, il diciottenne di Ravenna ha ben figurato all’All England Club, dove, partito dalle qualificazioni, è arrivato al secondo turno del tabellone principale Juniores. La trasferta più emozionante della sua giovanissima carriera…

Ciao Enrico, sei reduce dall’edizione Juniores del torneo più importante del mondo dello sport che è la tua vita. Come ti senti quando ci pensi?

Aver giocato su “quei” campi questa edizione di Wimbledon è stata un’emozione indescrivibile. Sarà un’esperienza che mi porterò dentro per tutta la vita.

I freschi ricordi che custodisci saranno innumerevoli e non facili da riordinare, ma se ti chiedessi di raccontarci la tua esperienza a questo Wimbledon 2016?

Semplicemente fantastica e di sicuro positiva in quanto ho avuto la possibilità di giocare il mio primo Slam. I ricordi che porto con me sono tantissimi, ho vissuto appieno questa trasferta e devo dire che mi sono trovato molto bene sull’erba, superficie a me nuova sulla quale non ero abituato a giocare. Mi sono tolto belle soddisfazioni.

Cosa ti ha colpito maggiormente dei grandi campioni con i quali hai condiviso le tue giornate?

Passare del tempo con i giocatori di alto livello, guardarli allenarsi, vedere i minimi dettagli e stare proprio a contatto con loro è una cosa indescrivibile. Quello che mi ha colpito di più sono la loro professionalità e la maniera con cui si dedicano al proprio lavoro, dando sempre il 100%. Riescono sempre a gestire i punti nel miglior modo possibile. Inoltre mi è piaciuta la naturalezza con la quale hanno condiviso la palestra e lo spogliatoio con noi “junior”.

L’erba, come detto, è la superficie sulla quale hai giocato di meno sin qui. Quanto ti è stato utile per adattarti al verde il torneo di Roehampton, in cui hai vinto ben tre match?

Nonostante le differenze rispetto ai campi dell’All Englan Club, aver giocato il torneo di Roehampton è stato fondamentale perché mi ha dato la possibilità di essere pronto a competere a Wimbledon.

Hai 18 anni, sei numero 949 ATP e il tuo percorso nel tennis professionistico è appena cominciato. Ma dal punto di vista tecnico, hai notato di avere carenze evidenti rispetto a quelli che giocavano il Wimbledon dei “grandi”?

Credo che non sia possibile paragonarmi a loro, ma secondo me la differenza sostanziale sta nella concentrazione. Loro sono veramente completi in tutti i sensi, sia mentalmente che fisicamente, e poi servono benissimo e hanno una velocità di palla impressionante.

A proposito, spesso si dice che la differenza tra i campioni e i giocatori “normali” la faccia la testa. Hai apprezzato atteggiamenti diversi da parte dei top player in campo e fuori?

Prima di essere dei grandi campioni, sono tutte delle grandi persone e credo che ciò sia fondamentale. Fuori dal campo Federer nei nostri confronti è stato davvero il numero uno: si fermava spesso a parlare e a fare foto senza alcun problema.

Provando a leggere il futuro, quando speri di tornare all’All England Club? Da spettatore non vale!

Eh, questa è una bella domanda! Ovviamente spero di tornarci il prima possibile, tuttavia so bene che parliamo di una cosa che va costruita giorno dopo giorno.

Invece per quanto riguarda la stagione in corso? Quali sono i tuoi obiettivi?

I miei obiettivi non riguardano la classifica perché sono convinto che quella arriverà. Ora voglio esprimere il mio tennis e tirare fuori quello su cui sto lavorando. Voglio essere più aggressivo, andare a prendermi i punti e riportare in partita quello che faccio in allenamento. I miei obiettivi, quindi, sono quelli di crescere per essere pronto ad entrare nel circuito e confrontarmi al meglio con i miei avversari.

Chiudiamo uscendo un po’ dall’ambito strettamente tennistico: so bene quanto sia difficile far capire realmente agli amici che non giocano a tennis i sacrifici e le soddisfazioni che caratterizzano le tue stagioni. Come hanno reagito stavolta quando hai detto loro che saresti andato a Wimbledon?

Anche per loro è stato qualcosa di incredibile. Non capita spesso di poter giocare un torneo così, dunque anche loro, come la mia famiglia e la mia ragazza, mi sono stati molto vicini, mi scrivevano, mi chiedevano foto del posto e dei giocatori. Stentavano a crederci e mi hanno detto che mi invidiavano un sacco, oltre ad essere orgogliosi di me.

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