Riccardo Perin: “Voglio arrivare nel tennis che conta”

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di Fabio Ferro

Il talento di Vico Equense, già vincitore dei campionati italiani di categoria nel 2013 e nel 2014, dopo una sconfitta inaspettata al secondo turno del tabellone di singolo, ha conquistato la medaglia d’oro nel doppio allo European Youth Olympic Festival Tbilisi 2015, le Olimpiadi europee giovanili ospitate in Georgia, nel torneo under 16. Riccardo Perin, in coppia con Gabriele Bosio e capitanato da Martin Pereyra, ha battuto per 7-6, 2-6 6-3 gli israeliani Rol Ginat e Yshai Oliel.  Riccardo, da settembre 2014, è seguito dalla Federazione Italiana Tennis e si allena a Bari, sui campi dell’Accademia Angiulli e sotto gli occhi di Nicola Fantone, tecnico di riferimento per la Federazione.

Ormai siamo abituati a vederti in fondo ai tornei, cosa è successo nel singolare? Contro chi hai giocato?

Era una tabellone da 64, ho giocato al primo turno con un belga, ho espresso un buon livello di gioco e ho tenuto bene sia mentalmente che fisicamente. Poi, al secondo turno, ho giocato davvero una brutta partita contro un ragazzo russo, uno che tirava forte. Principalmente ho giocato male io, poco ispirato, non ero in fiducia. È stata dura, non è bello perdere, men che meno nei primi turni, ma devo dire che non c’ero, non riuscivo a produrre gioco e il mio avversario tirava davvero forte. Non una condizione facile. Bisogna saper prendere anche le sconfitte, durante una stagione non puoi pensare sempre di vincere.

Come è nata l’intesa con Gabriele Bosio nel doppio?

È stata una sorpresa, io ero un po’ giù per la disfatta nel singolare e ci siamo trovati a giocare insieme senza mai aver provato nulla. Di solito il doppio lo costruisci nel tempo, conoscendo il tuo compagno e capendo quali sono le sue sicurezze. Con Gabriele, invece, c’è stata sinergia fin da subito. Lui gioca bene, è uno che non molla, ti dà fiducia, ti mette grinta e ti invoglia a fare sempre meglio. Abbiamo giocato molto bene entrambi e solo il primo match è stato di adattamento, dal secondo già sentivamo che le cose giravano bene e che potevamo fidarci reciprocamente. Ho ritrovato fiducia e gioco, ma soprattutto positività. Abbiamo dato una buona dimostrazione di forza nel doppio e ci siamo anche divertiti.

Che importanza dai a questa medaglia e alla tipologia di attività?

È una novità sicuramente, perché ci sono state solo 13 edizioni di questo torneo, una ogni due anni, che quindi esclude determinate classi di nascita. Siamo stati fortunati per aver potuto partecipare, ma la medaglia ce la siamo guadagnata. La qualità del torneo c’è e gli avversari erano gli stessi che incontro nei tornei internazionali a cui partecipo durante l’anno, quindi il livello è alto, almeno pari alle competizioni individuali che ho nella programmazione annuale, con la differenza della rappresentanza della nazione di provenienza e due soli partecipanti per paese, solitamente i meglio quotati. Probabilmente per questo motivo, il livello è anche più alto e penso che sia una ulteriore opportunità che ci viene offerta, per confrontarci, per crescere e imparare.

Noi ci siamo visti a settembre, quando eri in procinto di trasferirti a Bari per partecipare al Programma della Federazione destinato agli atleti del 1999 e 2000. È passato quasi un anno da allora, come sta andando?

Mi sto allenando all’accademia Angiulli di Bari con il tecnico Nicola Fantone e Fabio Cirillo come preparatore atletico, oltre al resto dello staff della Federazione. Mi sto trovando bene, questo primo anno abbiamo lavorato tanto e stiamo costruendo gioco. Forse non sto giocando benissimo, ma stiamo lavorando molto per il futuro. Sicuramente sono cresciuto tennisticamente, ho intensificato le ore di allenamento e diversificato le sedute di training. Atleticamente mi sento bene, il lavoro che sto svolgendo sento che mi ha migliorato. Mentalmente faccio più fatica, ma è normale, più vai avanti e più si alza l’asticella.

Pensi che il Programma risponda alle esigenze di un agonista in crescita come te?

Mi sento seguito e supportato, sotto tutti i punti di vista e ringrazio Nicola Fantone, Michelangelo dell’Edera e Umberto Rianna, che mi seguono dal punto di vista tecnico, oltre ovviamente alla Federazione Italiana Tennis, che mi supporta, e all’Accademia Angiulli che mette a disposizione le strutture. Sicuramente qualcosa si può migliorare, ma è un progetto nuovo e sta già mostrando i suoi risultati in poco tempo. In ogni caso mi sento assistito e seguito nella mia crescita tennistica e non solo. Il programma è completo e si procede a ritmi molto sostenuti.

Oggi hai 15 anni e sai che alcuni tennisti under 18 sono già nei primi 100 al mondo, se non più in alto. Tu dove ti vedi tra due o tre anni?

Questo non lo so, dipende molto da come mi svilupperò fisicamente e tennisticamente. Dipende un po’ da me e un po’ da fattori esterni, le variabili sono tante e non è possibile controllarle tutte o sapere in che modo crescerò. Posso solo dire che ci sto provando, è il mio obiettivo arrivare nel tennis che conta e voglio riuscirci.

E dei giovani talenti dell’Atp, che hanno pocchissimi anni più di te, cosa ne pensi?

Non ho mai avuto modo di vederli giocare dal vivo. Kyrgyos mi piace molto, ma mostra un lato forse immaturo. Coric non mi piace tennisticamente, anche se è molto solido, si difende bene, ma non mi attira, troppo arretrato come gioco. Kyrgios mi piace di più, ha buona mano, è propositivo e ha servizio e dritto davvero ottimi.

Visto che a Tiblisi hai rappresentato l’Italia, se potessi scegliere, quale campione italiano vorresti essere?

Ne faccio una questione di talento, dico Fognini.

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