Murray save the Queen!

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di Federico Mariani

Is Andy Murray still British? NO. È il day after della finale di Wimbledon 2012 quando Federer ha alzato il suo diciassettesimo Slam, il numero sette ai Championships , e quando Murray ha appena perso in quattro set l’ultimo atto della sua quarta finale Major a fronte di zero successi per un bilancio che inizia a divenire piuttosto preoccupante.

Un geniale cittadino inglese ha acquistato un dominio internet denominandolo proprio www.isandymurraystillbritish.com e, aprendo la pagina, ancora oggi campeggia uno dei più classici paesaggi scozzesi con un enorme “NO” al centro. Ha avvio sostanzialmente qua il tanto inflazionato leitmotiv che vede Andy scozzese se perde e britannico se vince. Da quel giorno di oltre tre anni fa, tuttavia, il ragazzo di Dunblane ne ha fatta di strada: pochi mesi dopo appenderà al collo la medaglia d’oro olimpica ai giochi di Londra trionfando proprio sui prati di Church Road con Federer dall’altra parte della rete (più un argento in coppia con Laura Robson nel doppio misto). A settembre vincerà il primo Slam a New York interrompendo un digiuno britannico che perdurava dal 1977 col successo di Virginia Wade a Wimbledon. Un anno dopo riporterà finalmente un britannico nell’albo d’oro di Wimbledon, settantasette anni dopo il trionfo di Fred Perry divenendo il primo suddito della Regina a conquistare lo Slam di casa nell’Era Open. Tanto basterebbe agli inglesi per “adottare” Andy – che nel frattempo ha votato favorevolmente per l’indipendenza della Scozia al referendum 2014 – quale British doc a tempo indeterminato. Murray, però, va oltre: si carica sulle spalle la squadra di Davis e da solo riporta l’Insalatiera nel Regno Unito dopo 79 anni rendendosi protagonista (tra singolo e doppio) di undici punti sui dodici necessari per la cavalcata trionfale, divenendo il quarto uomo della storia a riuscire nell’epica tripletta Slam-Olimpiadi-Davis.

È stato formidabile Andy a plasmare il suo fisico ed il suo talento sacrificando parte di quest’ultimo per favorire il primo, per avvicinasi prototipo del tennis moderno, meno appariscente ma più vincente. È stato formidabile Andy a svuotare le scarpe da numerosi sassi, a gestire egregiamente pressioni che solo i media d’oltralpe sanno incutere. Ha vinto tutto ciò che c’era da vincere coabitando con tre dei più formidabili fenomeni che la storia ricorderà per disegnare assieme a loro un’età d’oro del Gioco. Pare lecito, quindi, domandarsi se il suo reale valore sia superiore al palmares. Se Federer, Djokovic e Nadal in un’unica era gli abbiano negato parte di quella gloria che il suo talento avrebbe meritato. Molto probabilmente è così. Molto probabilmente avrebbe più dei due Slam in bacheca e può considerarsi in credito con la sorte, come del resto molti altri dei contemporanei.

A riguardo, tuttavia, sembra eccessivamente generoso che Murray faccia parte dell’elitario club dei “Fab Four”. Per numeri e qualità Andy non può essere paragonato con gli alti tre. E’ un giocatore inferiore, un fuoriclasse sì, ma non un campione del calibro di Federer, Djokovic e Nadal. A titolo esemplificativo lo scozzese ha perso 21 volte su 30 confronti con Djokovic ed è reduce da un pesante parziale di 1-10. Ha vinto appena 6 volte su 22 con Nadal per un misero 27% di successo. Con Federer il bilancio è più positivo (11-14) ma lo scalpo elvetico manca a Murray da tre anni con cinque vittorie di fila di Federer nel frattempo, decisamente troppe se relazionate alla carta d’identità che strizzerebbe l’occhio ad Andy. Negli ultimi due anni – quelli che per intenderci hanno segnato la definitiva consacrazione di Djokovic  quale dominatore del circuito – lo scozzese ha raccolto appena una finale Slam e due Masters 1000. Poco, troppo poco per chi ambisce (a ragione) al gotha del tennis.

Ora che Murray ha sfatato tutti i tabù britannici ed ha vinto tutto ciò in suo potere divenendo degno d’indossare le vesti dell’eroe nazionale, è arrivato il momento di pigiare forte sull’acceleratore per definire il suo posto nella storia del Gioco. Con un Federer meraviglioso sì, ma che l’anno venturo spegnerà 35 candeline sulla torta ed un Nadal ormai destinato ad abbandonare per sempre il costume da supereroe, Murray deve obbligatoriamente porsi come prima alternativa a Djokovic cercando di sfruttarne ogni passo falso.

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