Lo sfogo di Vondrousova dopo un controllo antidoping: “È una questione di rispetto”

Tommaso Giuliani
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Marketa Vondrousova - Foto SPCC : Psnewz : Psnewz : SIPA

Proseguono le polemiche in merito ai test antidoping da parte dei giocatori. Nonostante il sistema che li obbliga a essere reperibili per un’ora ogni singolo giorno dell’anno, non mancano disavventure e situazioni spiacevoli. L’ultima tennista a esprimere il suo disappunto è stata Markéta Vondroušová, la quale ha denunciato su Instagram un controllo antidoping particolarmente invasivo. Di seguito le sue parole:

«Ogni giorno siamo obbligati a essere a casa per un’ora specifica per il controllo antidoping. Rispetto questa regola — ogni singolo giorno.
Questa sera, però, un ufficiale è arrivato alle 20:15 e mi ha detto che l’orario che ho dichiarato non conta e che devo essere testata immediatamente.

Quando ho fatto notare che era fuori dalla mia finestra di reperibilità e che rappresentava una seria intrusione nella mia privacy, mi è stato risposto: “Questa è la vita di un’atleta professionista.”

È normale che gli ufficiali antidoping si siedano nei nostri salotti di notte aspettando che facciamo pipì?
Non si tratta di evitare il test — si tratta di rispetto.
Rispetto per le regole che noi seguiamo, e per la vita privata a cui abbiamo diritto dopo una lunga giornata di allenamento e competizione.

Le regole dovrebbero valere per tutti.
Anche per chi le fa rispettare

Un tema ricorrente nel tennis

La testimonianza di Vondroušová si inserisce in un contesto più ampio: come raccontato anche da un reportage del Guardian, i controlli antidoping nel tennis sono spesso un forte peso quotidiano per gli atleti. Le visite possono durare ore (se non scappa non scappa), gli ufficiali seguono i giocatori ovunque e la finestra di reperibilità di un’ora al giorno va rispettata 365 giorni l’anno.

Per molti tennisti spesso in viaggio, esausti dopo partite o allenamenti, questi controlli diventano una costante fonte di stress e invasione della privacy. Pur essendo fondamentali per garantire uno sport pulito, il sistema finisce talvolta per superare il limite della ragionevolezza, generando frustrazione e richieste di maggiore tutela della vita privata.

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