Wimbledon, è tris di Novak Djokovic

Djokovic Federer premiazione

di Alessandro Mastroluca

Three is the magic number. Novak Djokovic festeggia il terzo Wimbledon, il secondo consecutivo, come coach Becker  (1985, 1986 e 1989). Quella che potrebbe restare l’ultima grande occasione di Federer dura lo spazio di sette game, fino al controbreak del primo set. Da quel momento, l’inerzia emotiva segue gli stessi binari di un anno fa, con il vecchio re che può prendersi gli applausi, che può combattere e allungare il match ma dà sempre più l’impressione di poter vincere. E il nuovo re che non sbaglia e non regala, che difende e contrattacca, che si prende l’iniziativa, il proscenio e il trofeo: finisce 76 67 64 63.

Ha dato il meglio quando serviva di più, Djokovic, che a 28 anni e 51 giorni, diventa il più anziano a raggiungere i 9 slam in carriera dopo Borg (24 anni e 2 giorni), Rafa Nadal (24 anni e 101 giorni), Roger Federer (25 anni e 33 giorni) e Pete Sampras (25 anni e 167 giorni). Ha servito col 66% e raccolto il 74% di punti, ha sfoderato 46 vincenti e solo 16 gratuiti. Allo svizzero è mancata un po’ la percentuale di prime (67%), anche se era scontato dovesse rischiare di più. I 58 vincenti, a fronte di 35 errori, e soprattutto le 58 discese a rete, che gli hanno fruttato 42 punti, dimostrano quanto lo svizzero si sia attenuto all’unico piano tattico possibile.

Al 40mo confronto diretto contro Roger Federer, Djokovic festeggia la 20ma vittoria, la decima in finale, la seconda su tre finali Slam. Il terzo titolo ai Championships lo rende il settimo giocatore a toccare i 200 successi nei major, dopo Federer (291-47), Jimmy Connors (233-49), Andre Agassi (224-53), Ivan Lendl (222-49), Roy Emerson (217-48), e Sampras (203-38).

Federer, che ha perso il servizio una sola volta nelle sei partite giocate, riparte da dove aveva lasciato con Murray: primo ace del match e primo turno di servizio a zero. In risposta, la tattica iniziale dello svizzero è chiara, appena ha la possibilità, attacca e cerca di chiudere il punto a rete. Con sei vincenti nei primi quattro giochi, compreso un lungolinea di dritto a 96 mph, è il numero 2 del mondo a tenere l’iniziativa. Il passante lungolinea di rovescio gli vale la prima di tre palle break consecutive (3-2 0-40), la risposta velenosissima, bassa e centrale di rovescio, forza l’errore di Djokovic. Il serbo non ha tempo per coordinare la demi-volée e cede il primo break della finale, il sesto del torneo. Federer, però, non costruisce sul parziale di otto punti consecutivi e il numero 1 del mondo alla seconda occasione stampa l’immediato controbreak con un gran passante su cui lo svizzero non alza la volée in corsa. Il gioco cresce di livello, Federer, che ha tenuto a zero 4 dei suoi 6 turni di battuta nel parziale, si costruisce due set point (per un doppio fallo e un chip and charge vincente) che il serbo cancella con due robustissime prime esterne. Al tiebreak Djokovic apre col punto del set, un passantino lungolinea in scivolata in risposta alla smorzata stretta in diagonale: è il preludio di un monologo, di un 7-1 chiuso col doppio fallo dello svizzero (12 gratuiti nel set) che cambia lo scenario del match.

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Anche nel secondo set, la prima palla break è per lo svizzero (2-2 40-Av), che però gioca uno scambio fin troppo prudente, eccessivamente passivo col back di rovescio. Sulla seconda, invece, può fare meno: gran prima a uscire di Djokovic e lungolinea di dritto sull’angolo aperto. Si scambia meno, si gioca poco, fino all’undicesimo game, da 14 punti. Lo svizzero manca una seconda palla break, affossa il dritto dal centro con il serbo costretto a una difesa complicata, e consegna la certezza del tiebreak con due errori di rovescio. E’ un Federer che ha chiaro il piano tattico, che non devia dalla strategia nei turni di battuta, ma Djokovic lo costringe a una posizione di reazione, non di proattività, nei game di risposta. E quando gli scambi si allungano, con la potenza e la profondità che il serbo riesce a generare da fondo, le chance del sette volte campione di portare a casa il punto gradualmente decadono. Dopo un set senza break, il tiebreak segue una strada totalmente divergente. Si gira sul 4-2 Djokovic, dopo che 5 dei primi 6 punti sono andati al giocatore in risposta. Lo svizzero salva un set point, il quarto, con un magnifico passante lungolinea di rovescio, controllato nonostante la palla fosse decisamente distante dal busto, e il quinto con un sorprendente, per momento e per efficacia, serve and volley sulla seconda: 7 pari, il Centrale si esalta. Ne salva anche un sesto, sul servizio del serbo, allungandosi a disegnare il passante di rovescio. Federer cede il minibreak del 10-9, ma al numero 1 del mondo scappa l’ultimo dritto di uno scambio ad alto ritmo (11mo gratuito della sua partita, a fronte dei 23 vincenti registrati nei primi due parziali). Sfumato il settimo set point, Djokovic, che mette in campo due prime su tre e ne ricava il 67% di punti, si fa sorprendere dalla risposta profonda dello svizzero che per la prima volta nel tiebreak si trova a un punto dal set e risolve, ancora, col serve and volley di seconda, il 38mo vincente del match, il 23mo del set.

La partita cambia ancora. Nessuno p disposto a cedere un centimetro in risposta, il momento è troppo importante per entrambi. Djokovic gioca davvero un gran punto in contrattacco per procurarsi la prima palla break del parziale, Federer manca il lungolinea di dritto e consegna il 2-1. Sul 3-2, poi scende la pioggia. Si riparte dopo 21 minuti, ma lo scenario non cambia. I turni di battuta scivolano rapidi, chi è in risposta non ha alcuno spiraglio e il serbo chiude il game del 6-4 con una prima 200 orari, due smash a campo aperto (tocca i 34 vincenti) e il rovescio affossato dallo svizzero, il suo 29mo gratuito della partita.

Il serbo, che nel terzo set gioca il 47% dei punti con i piedi dentro il campo, quasi il doppio rispetto ai primi due parziali (29%), firma il primo break del quarto al quinto game.  In risposta, Djokovic riesce a disegnare traiettorie letali, centrali, in mezzo alle scarpe di Federer che, a dispetto delle giocate spettacolari che ancora riesce a squadernare, perde il pallino dello scambio e quindi, spesso, del punto. Così, sbaglia anche di più (vedi l’errore di rovescio che consegna la palla break al numero 1 del mondo), e deve anche cancellare altre due chances di break al settimo game. L’inerzia della partita è ormai chiaramente dalla parte del serbo, che chiude al primo match point col dritto in avanzamento in contropiede. Il sette volte re cade ancora. Viva il re

 

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