In due per la storia

di Sergio Pastena

Se alla vigilia di Wimbledon avessero prospettato una situazione del genere a Roger Federer, probabilmente avrebbe firmato col sangue.

Intendiamoci, la variabile indipendente dallo svizzero in questo caso è solo una, l’eliminazione di Nadal contro Rosol: per il resto è stato lui a superare Djokovic in quattro set fermando la corsa del serbo in semifinale. Eppure ritrovarsi a combattere per il titolo contro Murray, nonostante il fattore campo, è certamente molto meglio che dover affrontare il maiorchino, specie per King Roger: non sarà facile, ovviamente, ma una finale Slam non lo è (quasi) mai.

Federer, dicevamo, ha battuto Djokovic nel match obiettivamente meno bello della giornata: Nole ha giocato bene solo per brevi tratti, Roger è stato solidissimo sia al servizio (12 aces e appena un break subito) che durante gli scambi, collezionando la miseria di 10 errori gratuiti a fronte di 31 vincenti. Il serbo di vincenti ne ha fatti 28, ma gli errori sono stati più che doppi rispetto a quelli dell’avversario (21 in totale) e le conversioni sulla seconda (57%) buone ma non abbastanza per poter sperare in qualcosa di meglio.

L’incontro è filato via velocissimo, quattro set in poco più di due ore e un quarto, e a fare la differenza sono stati due momenti: il break di Federer nel primo set, arrivato sull’unica opportunità concessa da Djokovic, e il parziale di 5-0 a cavallo tra terzo e quarto con cui lo svizzero ha chiuso un match che, almeno per quanto riguarda il punteggio, fino a quel momento viaggiava sui binari dell’equilibrio e aveva visto King Roger annullare una palla break che avrebbe mandato Nole a servire per il set. Una partita davvero ben giocata da un Federer molto convincente che sembra essere entrato in forma con un tempismo perfetto.

E ora? Ora la storia è ad un passo: una vittoria darebbe a Roger il settimo Wimbledon e qualche altro record assortito, primo fra tutti quello di settimane al primo posto della classifica. Fino a qualche mese fa un’eventualità del genere sembrava soltanto una fantasia delirante dei fan dello svizzero, ora è un’opportunità concretissima. Addirittura, se pure Federer dovesse perdere in finale, le sue chance non svanirebbero: al momento ha 725 punti di distacco da Djokovic e, tra Cincinnati, Montreal e Us Open, difende appena 990 punti contro i 3600 del serbo, mentre Nadal è a una distanza di sicurezza di 1.300 punti. King Roger, però, vuole chiuderla subito, nel giardino di casa sua.

Bisognerà sentire l’opinione di Murray, però: Andy ha fatto quello che voleva con Tsonga nei primi due set, poi ha rischiato. Il francese ha vinto il terzo e, sul 3-4 15-40 al quarto, ha annullato due palle break all’avversario, finito entrambe le volte steso a terra (una scivolata ed un tuffo). Poi, però, sul 4-4 15-40 Murray ha restituito il favore evitando un possibile quinto set che sarebbe stato a dir poco ostico con uno Tsonga “on fire”. A decidere la fine del match un occhio di falco che ha dato il 7-5 allo scozzese al termine di un match molto godibile nel quale Andy ha sbagliato molto meno (12 errori gratuiti contro 42).

Murray in finale, quindi. Finalmente, sfruttando l’occasione più grande che gli sia mai capitata. Ora, però, siccome per vincere uno Slam almeno uno dei tre devi batterli (di solito due), per entrare nella storia del tennis inglese dovrà spegnere i sogni di King Roger e non sarà assolutamente facile. I bookmakers dicono Federer e non è solo noblesse oblige: lo svizzero vanta un due su due nei precedenti Slam, è maggiormente abituato a gestire le finali ed è in crescendo di condizione, a differenza di un Murray che, oltre ad essere reduce da un match più stancante, alterna ancora momenti di ottimo tennis a qualche passaggio a vuoto. A favore dello scozzese il fattore campo e il fatto di sapere bene come si batte Federer, avendolo già fatto otto volte in passato

Chi vincerà, a suo modo, entrerà nella storia.

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