La donna che visse tre volte

date krumm
di Sergio Pastena
La giocatrice che si presentò in campo nel torno ITF di Gifu, semi-anonimo 50k giapponese, alla fine di aprile del 2008, biologicamente avrebbe potuto quasi essere la madre di un’altra giocatrice che alla fine del 1996 aveva annunciato a sorpresa il ritiro nonostante fosse Top Ten e in uno dei momenti migliori della carriera.
Erano passati dodici anni, ma un piccolo dettaglio esclude che la prima potesse essere la madre della seconda: stiamo parlando della stessa persona, ovvero di quel miracolo bonsai che risponde al nome di Kimiko Date-Krumm. Ma andiamo con ordine.
Ouverture

Vent'anni fa
Vent’anni fa

La prima storia tennistica di Kimiko Date (all’epoca senza Krumm) comincia nel 1988 in un ITF giapponese ancor più anonimo, il 10k di Ibaraki: appena 18enne, Kimiko battè un paio di tenniste senza un glorioso futuro davanti prima di arrendersi ai quarti. Tecnicamente, e qui c’è il primo paradosso, la giapponese era quasi una tardona: era l’epoca in cui 15enni dal braccio d’oro si facevano strada agevolmente nei tabelloni Slam.
Accade però che questa “stagionata diciottenne” comincia a collezionare risultati di rilievo e stupisce pochi mesi dopo al Japan Open di Tokyo, dove si arrampica dalle qualificazioni ai quarti di finale mettendo al tappeto la prima Top 100 della carriera, Ann Henricksson. La ragazza c’è e l’ascesa è questione di pochi mesi: prima vittoria Slam al Roland Garros, un paio di quarti WTA e, all’alba del 1990, sorprendenti ottavi di finale agli Australian Open (battendo Pam Shriver!) che sanciscono la sua entrata tra le prime cento al mondo.
Come spesso capita agli inizi, qualcosa si inceppa: i risultati arrivano a corrente alternata e la Date ballonzola sempre intorno al numero 100 quando a Los Angeles, nell’agosto del 1991, sorprende tutti. Parte sempre dalle qualificazioni, fa fuori al primo turno Leila Meshki ed è una marcia trionfale fino alle semifinali, dove addirittura si toglie lo sfizio di mandare a casa in rimonta Gabriela Sabatini. In finale la Seles è troppo per lei, ma è nata una stella.
Ci vuole qualche altro mese per arrivare alla prima vittoria WTA a Tokyo (e dove sennò?) in finale sulla Appelmans, ma il salto di qualita nel circuito maggiore è confermato. Mancano gli Slam e il primo acuto arriva negli Us Open del 1993, dove la Date fa fuori due Top Ten (Huber e Novotna) e si arrende alla Maleeva lottando.
Appellarsi alla sfortuna se becchi la migliore in una semifinale Slam potrebbe sembrare pretestuoso, ma la verità è che, nei tre anni successivi, la Date avrà tre grandi chance e capiterà sempre nella parte sbagliata del tabellone: la Graf agli Australian Open del 1994, la Sanchez al Roland Garros del 1995 e la Graf ancora a Wimbledon, nel 1996. Sempre il peggiore cliente possibile. In mezzo o poco dopo capitano una finale a Miami (persa sempre dalla Graf), altri sei titoli di singolare e lo sfizio di battere la nemesi tedesca in Fed Cup nel 1996, con un 12-10 al terzo che in tanti ancora ricordano.
Pensi che sia questione di tempo, che il best ranking al numero 4 verrà ancora ritoccato, che lo Slam possa essere nell’aria. E invece niente. La Date alla fine del 1996 annuncia il ritiro. Ancora sana e arruolabile. Reduce dalla vittoria di San Diego mettendo in fila Sabatini, Martinez e Sanchez. Motivo: troppi viaggi. Kimiko dice tranquillamente che gli ultimi due anni non sono stati piacevoli per lei e che non ha senso continuare. Saluta e se ne va, tra la disperazione dei giapponesi.
Intermezzo
Quando nel 2002 viene annunciato che la Date giocherà in doppio a Tokyo (e dove sennò?) tante cose sono cambiate: nel frattempo al suo cognome ha aggiunto quello del marito, Michael Krumm, pilota tedesco diventato famoso in Giappone nella Formula 3000.
Tutti pensano ad un ritorno puramente promozionale e la sorte ci mette del suo perché tale rimanga: prima il sorteggio mette lei e Miho Saeki contro le fortissime Black/Likhovtseva, poi alla fine del primo set un infortunio al tendine d’Achille mette ko Kimiko.
Sipario?
Gran Finale
Ma anche no. Galeotta fu un’esibizione nel 2007 e le insistenze del marito, convinto che lei potesse essere ancora competitiva. Nel 2008 Kimiko Date-Krumm annuncia il ritorno nel circuito.
Regola non scritta vuole che un “vecio” che torna professi che è per puro divertimento e non parli mai del fatto che sta andando avanti a botta di wild card che tolgono posti e esperienza ai giovani promettenti. La Date fa l’esatto opposto: “Voglio competere, non voglio andare in giro a elemosinare wild card rubandole ad atlete più giovani, non sarebbe giusto. Per questo non posso escludere che il mio sarà un ritorno breve”.
Nota del redattore: breve un par de ciufoli.
Cinque anni fa
Cinque anni fa

Addetti ai lavori e appassionati si dividono. Ma dove mai andrà questa? Che speranze ha? Il solo fatto che pensi di tornare è indice di quanto poco competitivo sia il tennis femminile, secondo alcuni. Tutti però concordano su una cosa: meglio tenere pronto il coccodrillo nel cassetto.
E torniamo a Gifu. La Date parte dalle qualificazioni e supera due un-ranked sudando: già a quel punto ha fatto più di quanto ci si aspettasse. Contro la Onishi ha meno esitazioni e si qualifica tra gli “oooh” di meraviglia dei presenti. Poi batte la Fujiwara, già Top 100. Nei quarti supera, sempre in tre set, Aiko Nakamura, poi è la volta di Melanie South. In finale quasi “scherza” la Tanasugarn. I coccodrilli tornano nel cassetto.
Sono passati sette anni e passa e la seconda carriera della Date è durata quanto la prima. Sono passati sette anni anche dalla prima vittoria ITF dal ritorno in campo, ottenuta a Tokyo (e dove sennò?). Ne sono passati sei esatti, invece, da quando Kimiko Date-Krumm andò oltre la soglia dello sbalordimento vincendo a Seul e tornando tra le cento dopo aver messo in fila Kleybanova, Hantuchova, Kirilenko e Medina Garrigues.
Non ha smesso di regalare meraviglie da quel momento: altre due finali in singolare, ben cinque tornei vinti in doppio (e tre finali) e altri scampoli di leggenda vari. Come quando agli Open di Francia del 2010 fa secca la Safina al primo turno. Come quando a Wimbledon 2011 manda sull’orlo di una crisi di nervi Venus Williams, vittoriosa solo 8-6 al terzo. Come quando con uno sprint finale degno di Bolt chiude il 2012 ancora una volta tra le cento. Come quando nel 2013 si arrampica a un passo dalla Top 50 con la gente che si chiede come diamine faccia a 43 anni suonati. Come quando nel 2014 fa un attimino semifinale in doppio agli Us Open. Come quando nel 2015, quando vince con Misaki Doi l’ennesimo match di main draw a Tokyo, si ferma con la Tomljanovic ma si vendica la settimana dopo a Seul lasciandole solo tre games.
A dirla tutta, ci sarebbe spazio per i rimpianti: cosa sarebbero stati quei dodici anni di vuoto se fosse rimasta in campo? Ma la Date-Krumm è troppo saggia per guardarsi indietro: la sua vita l’ha sempre gestita lei e guardando i risultati ci si può solo inchinare al cospetto di una carriera mostruosa.
Ah, a proposito: per chi si chiedesse il motivo dell’articolo, oggi compie 45 anni. Tanti auguri, Kimiko.

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