di Andrea Martina
Il sorteggio avvenuto lo scorso venerdì per il tabellone degli Australian Open ha inevitabilmente riportato le lancette del tempo indietro di 7 anni. Alla lettura di quel primo turno affascinante, Nadal vs Verdasco, in tanti hanno mentalmente rivisto le immagini di quella folle semifinale giocata nel 2009 sui campi della “Rod Laver Arena”.
Tra i due confronti sembra essere passato un abisso. Oggi Verdasco a stento riesce a rimanere nei primi 50 del mondo mentre nel 2009, con la semifinale agli Australian Open (suo miglior risultato in uno Slam e in carriera), metteva le basi per una stagione da top 10 culminata con la qualificazione alla Masters Cup di Londra; Nadal in quell’edizione era il numero 1 del mondo e dopo un 2015 disastroso sta diventando ormai un “attore non-protagonista” nei tornei più importanti.
L’edizione 2009 di quell’Australian Open ancora oggi continua a rimanere impressa nella mente degli appassionati non solo grazie all’epica finale tra Nadal e Federer, ma soprattutto grazie a quello che era successo due giorni prima con Nadal e Verdasco in campo. Non a caso in un recente sondaggio la rivista Panorama aveva individuato le 10 partite più belle in un torneo dello Slam negli ultimi 25 anni e nella classifica figuravano Nadal vs Verdasco al quarto posto e Nadal vs Federer al decimo. Dal 2009 ad oggi, forse, il livello si è avvicinato solo con la finale-maratona tra Djokovic e Nadal disputata nel 2012 e durata quasi 6 ore, anche se in quella situazione più che lo spettacolo ha prevalso l’impressionante fisicità del match.
Il match di quest’anno sarà lontano anni luce da quello che può essere considerato un remake, il livello di tutti e due gli spagnoli è calato vistosamente e una dimostrazione si è avuta nel torneo di Doha che anticipa il primo Slam dell’anno: entrambi sono stati eliminati malamente da Novak Djokovic: 6-2 6-2 Verdasco e 6-1 6-2 Nadal in finale.
Questo però non toglie nulla all’imprevedibilità con cui potrà evolversi il match: gli scontri diretti sono abbondantemente a favore del maiorchino (14-2), ma nelle ultime occasioni Nadal ha dimostrato di soffrire particolarmente Verdasco, vedi l’eliminazione in tre set al Master 1000 di Miami dello scorso anno. Sicuramente non è stato il miglior primo turno per entrambi. Verdasco non solo è assente dalla seconda settimana di un Australian Open dal 2011, ma è anche arrivato ad un momento della sua carriera (32 anni compiuti lo scorso novembre) in cui deve inevitabilmente ritrovare stimoli proprio passando da grandi prestazioni, soprattutto se consideriamo che una delle pecche più evidenti di Verdasco è stata quella della discontinuità.
Martedì, però, già durante il riscaldamento (si spera che per l’occasione sia scelta la Rod Laver Arena dall’organizzazione) sarà naturale tornare a quell’abbraccio di 7 anni fa dopo oltre 5 ore di match. Un abbraccio che riassumeva non solo la partita, ma anche quello che è stato il rapporto tra i due.
La prima settimana del torneo 2009 è stata, per entrambi, un semplice allenamento. Nei primi tre turni Verdasco aveva lasciato 4 game ad ogni partita al proprio avversario (tra cui un doppio 6-0 a Stepanek) e Nadal si era comportato praticamente nella stessa maniera lasciando le briciole anche ad un rispettabilissimo Tommy Haas: 6-4 6-2 6-2. Un copione che per il maiorchino era andato avanti anche nei turni successivi, nonostante il buon livello degli avversari: vittoria agevole prima contro Fernando Gonzalez (finalista nel 2007) e poi contro il francese Gilles Simon; in semifinale senza perdere neanche un set.
Più tortuoso era stato il cammino di Verdasco dal momento che agli ottavi di finale si trovava subito un pessimo cliente, Andy Murray: in quella partita lo spagnolo era stato continuamente in apnea, capace di rimontare una situazione di 2 set a 1 ed arrivare a servire nel quinto set sul 3-2 per l’avversario, salvando 3 palle break che hanno rappresentato il vero via libera per il resto del torneo. Anche nei quarti di finale si era presentata una sfida molto delicata contro il finalista uscente Tsonga, ma la sicurezza nel tennis di Verdasco era tale dal chiudere la pratica in quattro set: 7-6 3-6 6-3 6-2.
Prima di entrare in campo il bilancio negli scontri diretti era 7-0 per Nadal e nell’ultimo precedente, ottavi del Roland Garros 2008, il risultato era stato umiliante con Verdasco capace di racimolare solo 3 game in 3 set. Federer era già in finale, in molti pregustavano una finale tra i primi due del mondo e la domanda era solo quanto ci avrebbe messo Verdasco per alzare bandiera bianca e lasciar passare il suo connazionale.
Domanda che iniziò a farsi interessante già dalle prime battute. Dopo tante sberle, il tennista madrileno aveva deciso di mischiare le carte e affrontare il numero 1 del mondo giocando continuamente in pressione e prendendosi anche i punti a rete, schemi che inizialmente hanno fatto vacillare le sicurezze che Nadal aveva accumulato nel corso del torneo. Infatti dopo aver perso il primo tie-break (girato in favore di Verdasco grazie ad un net decisivo sul 5-4), era stato proprio Nadal a confondere i piani del suo connazionale iniziando a rallentare il ritmo dello scambio cercando anche di non offrire all’avversario mai una palla uguale. Pareggiato il conto dei set, gli altri due parziali (culminati in altri due tie-break) hanno visto un equilibrio emozionante: Nadal era riuscito ad aggiudicarsi il terzo set grazie ad un dritto in recupero dalla traiettoria disumana e Verdasco aveva subito risposto vincendo il quarto set giocando un tie-break mostruoso: 7 punti a 1, la vetta più alta di sempre del suo tennis. Da vedere e rivedere.
Nel quinto set entrambi hanno buttato in campo ogni residuo di energia rimasta in corpo: tantissimi vincenti e recuperi generosi portavano il tabellone sul “5-4 Nadal” con servizio per l’avversario. La differenza tra l’ottimo giocatore e il grande campione si è vista proprio qui, nell’ultimo game, con Nadal subito pronto a portarsi sullo 0/40 e sfruttare tre match point consecutivi. Due di questi furono annullati con quella follia che aveva segnato il match di Verdasco, ma nel terzo arrivò il doppio fallo: il modo peggiore per chiudere un match epico.
Il giorno successivo Nadal dopo 20 minuti di allenamento si ritirò negli spogliatoi perché non riusciva a correre, 24 ore più tardi vinse il suo primo e unico Australian Open in un altro match bellissimo contro il rivale di sempre, Federer.
Ma di quella semifinale, oltre che il commovente abbraccio, rimarrà il commento di John McEnroe, dal box dei telecronisti: “solo due mancini possono dar vita ad uno spettacolo simile”.
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