Reportage da Tirrenia, capitolo IV: il confronto

Formare i giovani, come uomini e come tennisti professionisti, è il principale obiettivo delle più importanti Federazioni. Ma come funzionano i Centri Federali negli altri Paesi?

In Francia, ad esempio, il Centro Federale Centrale è il Roland Garros, al quale si affiancano numerosi centri periferici. La scuola francese è presa spesso come modello. Essa opera tramite i tecnici federali che selezionano alcuni fra i migliori giocatori o giocatrici della regione e li convocano nei centri periferici, pagando loro le spese. I migliori dei centri periferici, in numero variabile a seconda degli anni e del budget, finiscono al Centro Federale del Roland Garros. A tutti gli altri vengono comunque garantiti sussidi economici, come tornei o altri servizi pagati, che mediamente non superano il 20% delle spese che una famiglia deve sostenere per far giocare a tennis il proprio ragazzo.

In Inghilterra, da qualche anno, è stato fatto un investimento impressionante a Roehampton, nei pressi di Wimbledon, con la costruzione di un centro avveniristico che però, al momento, non ha portato i risultati sperati. Il tutto, in linea di massima, si sviluppa come nel modello francese: i giocatori migliori, o coloro che vengono considerati tali, si trasferiscono al Centro Federale all’età di 14-16 anni e lì crescono con le migliori strutture a disposizione.

La Spagna, per la quale a parlare è la sua illustre tradizione, ha il centro di Alto Rendimento di Barcellona dove, chi prima chi dopo, sono passati molti dei più forti giocatori del mondo.

Caso a sé stante è quello dell’USTA, che con il suo enorme Centro Federale di Boca Raton promuove il tennis giovanile americano, sempre pieno di talenti ma al momento ancora a caccia di un vero e proprio top player. Gli USA possiedono la grande risorsa dei College e delle Università, ottimi da un lato ma rischiosi dall’altro perché portano i ragazzi ad entrare nel circuito PRO a 22 o 23 anni, solamente dopo essersi laureati. Negli States la crescita culturale ed accademica viene sempre prima di tutto. Andare al College, in poche parole, significa costruirsi il “piano B” se dovesse andare male con il tennis.

La Svizzera, piccola ma grande, è una nazione che con Federer, Hingis, Wawrinka e Bencic sembra poter sfornare talenti di continuo ma ha strutture federali limitate e non opera con investimenti mastodontici. Il Centro Federale è a Bienne, la decima città del Paese, e molti dei giovani in rampa di lancio vengono aiutati anche a distanza.

Infine, ma non per ordine di importanza, la Svezia, che dopo l’addio di Robin Soderling non ha più prodotto talenti (il migliore, al momento, è Elias Ymer che ha origini etiopi). Negli anni ’80 e ’90 tutti i giocatori più forti si allenavano insieme al Centro Federale di Baastad; in quel periodo il mercato dell’abbigliamento tennistico era in forte espansione e le aziende facevano a gara a sponsorizzare i giocatori. Pian piano l’attenzione nei confronti del tennis è scemata, tanto che ora lo sport più seguito dalle quelle parti è il golf, e sebbene il Centro di Baastad esista ancora è il materiale umano a disposizione che sembra essere venuto a mancare. L’immigrazione, in tutto questo, ha avuto un peso decisivo, condizionando la società svedese in due direzioni: da un lato, portando i figli degli immigrati a spostarsi verso il calcio dove i costi sono notevolmente ridotti, dall’altro portando i pochi agonisti rimasti a non essere gli atleti migliori della nazione.

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