Atp Bucarest: Giudizio Finale

di Gianluca Dova (inviato a Bucarest)

Una finale in un torneo ATP deve essere considerata una festa e una gioia. Non è facile lottare per una settimana battere 4 avversari impegnativi per poi giocare con il numero 12 Gilles Simon, è un premio, un regalo anche se si perde.
La sconfitta fa parte del tennis, Leonardo Caperchi (ex allenatore di Gaudenzi e Fognini) diceva sempre che un tennista si deve abituare a gestire le sconfitte perché se si giocano 30 tornei e se ne vince uno o magari due si perde 28 volte. Non è da una sconfitta in un’ora che impari qualcosa ma dalle partite lottate (cit. sempre di Caperchi) e la finale tra Fognini e Simon è stata sicuramente una partita lottata, due ore di gioco sotto il sole con una temperatura di 30 gradi.

Ero curioso di sapere come avrebbero impostato la partita Perlas e Fabio contro un avversario solidissimo e che ama giocare sul ritmo, non ci è voluto molto per capirlo. Molti degli appassionati di tennis ricorderanno “Gattone” Miroslav Mecir che addormentava gli avversari con dei palleggi a basso ritmo e poi li puniva con accelerazioni ed attacchi contro tempo, di lui si deve essere ricordato Perlas quando ha deciso come giocare. Fabio all’inizio, fila e cuce, palleggia lungo e piano, accelera all’improvviso, attacca e accorcia, un tennis difficile ma bello e sorprendente. Il francese va sotto due a zero ma ha un atteggiamento da campione, sta lì non si lascia irretire, e appena può prova a prendere l’iniziativa. Il tennis di Fognini è difficile, ti costringe a rischiare di andare fuori giri, finché va è dirompente, se contrastato efficacemente può portare a qualche errore. Fabio malgrado un tennis spumeggiante si ritrova sotto 5 a 4 e gioca un game bello ma sfortunato in risposta, conquista un paio di palle break ed è anche particolarmente sfortunato quando una palla corta vincente viene trasportata fuori dal nastro. Perde il primo e nel secondo ricomincia in maniera brillante, nel secondo game sulla palla break che lo potrebbe riportare 2 a 0 sempre un net malefico aiuta il francese rendendo vincente un comodo rovescio in palleggio. La partita va avanti in maniera alterna ma equilibrata e sul 3 pari si gioca un game durissimo sul servizio di Fabio, che va sotto recupera, inventa un paio di pallonetti in recupero magistrali ma alla fine cede sfinito dal non riuscire a piegare malgrado un tennis molto creativo il muro francese. I due games finali risentono della sua delusione, prima perde il game a zero con un paio di risposte sparacchiate fuori poi si fa recuperare da 40 a 0 perdendo la possibilità di tentare l’ultimo disperato recupero sul game di servizio di Simon. Questo forse l’unico vero rimpianto, di aver mollato un minimo nel raid finale, non era facile ma lo stesso Perlas ha capito che alla prossima occasione dovrà lavorare anche su questo.

In prospettiva per la crescita di Fognini è stato un momento importante, perché gli servirà per prendere consapevolezza del suo gioco, a fissare dentro di sè i punti fermi del suo essere tennista anche nel futuro. Il suo coach Perlas durante la partita ripeteva spesso la frase “es igual” (è uguale) ad intendere che perdere il punto non era fondamentale, vincerlo o perderlo era uguale se si era fatta la scelta giusta. Questo manca ancora a Fabio per vincere queste partite, le certezze che si acquisiscono quando si è ormai sicuri della maniera giusta di giocare, di non avere più dubbi anche quando si sbaglia o si perde il punto. Quando il processo di assimilazione sarà finito e non ci sarà più bisogno di ripetergli cosa fare in campo, Fognini raggiungerà probabilmente quello che già in tanti tra colleghi ed allenatori gli pronosticano da tempo, arrivare e restare in maniera costante nei primi 20 al mondo.

Chiudo con una piccola parentesi, dispiace leggere o sentire commenti di critica pesante dopo un buon risultato, forse dovremmo crescere anche noi e non solo i giocatori prima di avere un giocatore forte. Per provare ad essere costruttivi, vorrei chiudere con la musica di “Stand up for the champions” così come si è fatto durante la premiazione e come ho fatto l’anno scorso quando Bracciali e Potito hanno vinto il doppio. La finale come detto all’inizio è una festa e i due finalisti sono entrambi “campioni”.

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