Claudio Pistolesi: “Sto seguendo Bedene”

di Alessandro Nizegorodcew

Intervista al coach Atp Claudio Pistolesi che da alcune settimane sta seguendo lo sloveno Aljaz Bedene, classe 1989 e numero 78 del mondo. Spazio Tennis ha intervistato l’allenatore romano, presente al Queen’s con Bedene, in merito a questo interessante nuovo connubio professionale.

Stai seguendo Aljaz Bedene. Quando e come è iniziata la vostra collaborazione?
“Dirk Hordorf, coach e manager di Janko Tipsarevic, negli ultimi mesi ha allenato anche Alijaz Bedene il quale però ultimamente è cresciuto molto e in molte fasi della stagione è opportuno che abbia un coach solamente per lui. Con Dirk c’è una stima reciproca da anni e stiamo anche lavorando molto bene in tutto il mondo per la formazione riconosciuta dall’ATP che si chiama GPTCA. Quindi ha pensato che potessi essere io un coach di supporto per Aljaz e abbiamo fatto un prova al challenger del Garden a Roma ad aprile. Lo ha vinto…”

Quali sono le sue caratteristiche tecniche e fisiche? Quali i colpi migliori e quali invece quelli su cui lavorare? Su quali superfici può rendere maggiormente?
“Accelera alla grande col servizio e col dritto. Ha un rovescio molto solido e, cosa atipica per i bimani, varia molto bene con lo slice ad una mano. Come tutti i giovani professionisti con buon potenziale deve lavorare sui dettagli e su tutti gli aspetti. Sarebbe troppo lungo da spiegare. Credo sia competitivo su tutte le superfici. A Miami l’ho visto mettere in grande difficoltà Seppi sul cemento e ha battuto Wawrinka, sulla terra ha battuto Davidenko e Nalbandian e vinto al Garden, qui al Queen’s al suo primo torneo della carriera sull’erba (in tabellone) ha battuto bene Mathieu. Ecco sull’erba deve ancora imparare molto ma siamo qui per questo.”

Durante i mesi di aprile e maggio ci siamo incontrati in tanti tornei a Roma nel periodo in cui non stavi seguendo professionisti… Possiamo dire che senza tennis non sai stare?
“La domanda ha un presupposto sbagliato. Il tennis non è solo seguire i professionisti, anche perché se apro l’armadio metaforico dei risultati è talmente pieno che tra poco scoppia. Ho seguito alcuni junior molto forti e ho fatto tanta formazione di alto livello con la GPTCA e con la UISP lega tennis. Due enti di formazione cui sono molto legato e che soprattutto in Italia sono necessarie per trovare una qualità alta della formazione stessa. Altro che senza tennis…”

Al primo torneo è arrivata subito una vittoria (come sempre per te). E’ ovvio che dal punto di vista tennistico avrai potuto incidere poco. Quanto conta infatti il tuo primo approccio col giocatore dal punto di vista mentale? Come riesci a imprimere il giusto atteggiamento sin dai primi minuti di collaborazione? Quanto un allenatore deve essere preparato sul “mental” e tu che tipo di studi hai fatto in merito? Quanto la carriera da giocatore ti ha aiutato in questo?
“I primi 4-5 giorni di collaborazione tecnica sono fondamentali. Credo di avere la capacità di capire subito se entro in empatia col giocatore o no. Se è no lascio perdere subito. La facilità di trovare presto empatia è una delle qualità più importanti del coach e non c’è un età per un coach per smettere di crescere e migliorarsi in questo. Il giorno che penso di aver capito tutto cambio sport, ma so che quel giorno non arriverà mai. Sto studiando alla Newport University di West Palm Beach per laurearmi in “coaching in sport”. Una facoltà basata principalmente sulla Psicologia dello Sport. Più vado avanti e più mi accorgo che le capacità mentali (self talking, goal setting, stress control, flow searching , self confidence, arousal etc. tanto per citarne qualcuna) sono quelle che a livello professionistico, e non solo, fanno la differenza nella crescita umana e tecnica dei giovani tennisti. Non a caso ho detto umana e tecnica perché secondo me le due strade vanno percorse parallelamente.”

Ora sei con Bedene al Queen’s per la stagione su erba. Secondo te potrebbe durare almeno una settimana e qualche torneo in più vista la spettacolarità dei match?
“Si la stagione dell’erba è bellissima perché si può tornare a parlare molto di più di tecnica nel colpire la pallina.”

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