Benjamin Becker, la splendida normalità

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Di Giorgio Giosuè Perri

Il tennis non è fatto solo di vincenti, il tennis non è fatto solo di perdenti. Il tennis è fatto, nella sua spettacolare imprevedibilità, di giocatori normali. Giocatori normali dotati di grande carisma, carattere e temperamento. Perchè nella sua splendida incertezza, il tennis è in grado di offrire storie di vita, prima che storie di sport.

Tornato di nuovo alle luci della ribalta grazie ad una meravigliosa vittoria su Grigor Dimitrov a Kuala Lumpur, l’attuale numero tre di Germania dietro Philipp Kohlschreiber e Alexander Zverev è il nostro uomo del giorno: Benjamin Becker. No, non c’è alcuna parentela con il più ben noto Boris e no, non è solo “quello che ha messo fine alla carriera di Andre Agassi”.

Nasce a Merzig nel 1981 e trascorre gran parte dell’adolescenza negli Stati Uniti, dove si forma come tennista e inizia a raccogliere i primi risultati e i primi punti. Si laurea campione NCAA nel 2004 e, dopo una lunga carriera tra Futures e Challenger, entra a pieno titolo nel circuito ATP solamente nel 2005. Con poche aspettative sulle spalle il 2006 si rivela uno dei migliori anni della sua carriera, grazie anche alle quasi 400 posizioni scalate nel giro di 8 mesi e, come già detto, all’incredibile vittoria ai danni di Andre Agassi a Flushing Meadows, seguita da otto minuti di Standing Ovation al campione statunitense e dalla sconfitta contro Andy Roddick al quarto turno. Quarto turno a New York che, tutt’oggi, rimane il risultato migliore in un torneo dello Slam per il tedesco.

Benjamin Becker, da un giorno all’altro, si ritrova a combattere contro le aspettative. Le aspettative di un mondo che lo voleva vedere protagonista ad alto livello dopo un successo meravigliosamente inaspettato. La storia insegna a non dare mai troppo valore alle vittorie di questo genere, ma il pubblico tennistico delle volte può essere cinico, spietato e, purtroppo, anche parecchio ignorante. Quel salto di qualità, naturalmente, non arrivò mai. Becker, l’anno dopo, centra la sua prima finale in carriera a Bangkok, dove viene sconfitto da Dimitri Tursunov, per continuare la sua vita nel circuito tra tornei Challenger e tornei ATP. E proprio quando tutti si aspettavano potesse scomparire, tac: il primo titolo. Il tedesco gioca bene sull’erba, con quel servizio meraviglioso e quei potentissimi colpi da fondo mette in difficoltà chiunque, anche il malcapitato Raemon Sluiter, che nulla può in finale contro il tedesco.

Nella versione di “ammazza leggende” mette fine alla carriera di Carlos Moya, con un nettissimo 6-2 6-0 nel primo turno dell’ATP Masters 1000 di Madrid. Un successo che fece meno rumore, ma che rilanciò il tedesco verso nuove importantissime vittorie e l’incredibile Best Ranking raggiunto sul finire del 2014, alla posizione numero 35. Sull’onda dalla positività, quest’anno, è riuscito a issarsi fino il terzo turno sia a Melbourne che a Parigi, diventando a 34 anni suonati uno dei “giocatori” da evitare nei primi turni dei tornei, soprattutto sulle superfici rapide. 1 metro e 77 centimetri di altezza per un servizio con picchi da 220 Km/h. Un giocatore, Becker, che è diventato, nel corso degli anni, il portatore “sano” di alcuni valori imprescindibili da qualsiasi sport: il rispetto, il lavoro e la passione.

E ce ne vuole di tenacia, ce ne vuole tanta a 34 anni. Perché se non sei Federer vuol dire rimanere nel limbo a combattere tra due generazioni ben distinte. Ma forse è proprio questo a spingere il tedesco verso nuovi orizzonti, nuovi obiettivi e nuove sfide. E lo dimostra, evidentemente, l’incredibile incontro disputato contro Grigor Dimitrov qualche giorno fa, poi vinto, e la semifinale del giorno dopo contro David Ferrer. Persa si, ma dopo tre set lottati e due ore di gioco. Magari ne nascessero più spesso di Benjamin Becker…

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