L’importanza di chiamarsi Ernesto

Gulbis a Montecarlo
di Gianluca Bennardi

Come un macchina da tempo inceppata ed ora in cerca di una rispolverata e di ripartire, magari più forte di prima.

Ernest Gulbis è tornato e con lui tutta quella sregolatezza che per diversi mesi sembrava aver sovrastato tutto il suo genio, ma che ora ha deciso di rimettersi in fila e riposarsi un po’. A Montreal ha finalmente ripreso la sua corsa, e il suo gioco, così come la sua psiche, sembrano tornati alla normalità: sta vincendo e convincendo, spazzando via diversi giocatori che in tempi non sospetti (non meno di qualche giorno fa), gli avrebbero creato più di un fastidio.

L’importanza di chiamarsi Ernesto.E’ omonimo di Hemingway e nonostante il suo fare da disinteressato e avvezzo alla vita, ha letto il libro da cui proviene il suo nome. E’ intelligente e ha capito che sarebbe stato da sciocchi gettare al vento tutto il talento di cui dispone. Dopo mesi in sordina, ha deciso di riaffacciarsi all’elite del tennis, lo ha fatto su un campo veloce, che forse predilige di più rispetto alla terra, dove – però – ha ottenuto diversi ottimi risultati, come la semifinale al Roland Garros. In un tennis “noioso”, così come lo definisce lui, Ernest Gulbis è l’eccezione alla regola: un matto da legare, con picchi di classe per mesi dimenticati nel borsone. Adesso, sembra aver riaccordato il proprio talento, messo la testa apposto e aver dato un taglio a tutti i vizi e i vezzi che lo hanno tormentato finora.

Montreal seconda chanche. La sua carriera sembrava finita e il suo talento appareva così effimero tanto che nullo. A Montreal potrebbe partire una seconda giovinezza, nonostante i ventisette anni ancora da compiere. E’ partito da lontano, dalle qualificazioni, che a dirla tutta non gli rendono giustizia, ha affrontato turni ostici, prima Rola, battuto agevolmente e poi quel Mahut che, nonostante l’età, riesce ancor ad essere la spina nel fianco di molti aspiranti campioni. Poi, di fila Thiem e Young, due giovani pronti al passaggio di consegne. Stasera, invece, sarà il turno di Djokovic, non uno qualunque, ma l’avversario giusto in grado di certificare il ritorno di una matricola diventata meteora troppo velocemente. Gulbis ha cambiato grip e vita e il suo genio sembra essere tornato avanti alla sregolatezza.

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