Roberto Marcora si ritira, “è stato un viaggio meraviglioso”

Roberto Marcora si ritira a 32 anni. Una notizia triste, perché ‘Bobby’ era da anni un punto fermo della pattuglia italiana nei challenger e nelle qualificazioni ATP e Slam.

Marcora era giunto nel febbraio 2020 al best ranking di numero 150 al mondo e dispiace che a bloccare la sua scalata sia giunto anche il Covid-19. All’inizio di quella stagione erano giunti i quarti all’ATP di Pune (battendo Rosol e Paire), e la finale nel challenger di Cherbourg, arrivata dopo una semifinale incredibile contro Mischa Zverev vinta 11-9 al tie-break del terzo set.

Al ritorno in campo, post lockdown, non è stato più lo stesso giocatore. Complicato, mentalmente, ritrovarsi totalmente. E pensare che in quello strano Roland Garros 2020, giocato a settembre, ‘Bobby’ aveva raggiunto l’ultimo turno di qualificazione; ma non riuscì nemmeno a scendere in campo contro Bonzi per un problema muscolare.

Prima di arrivare alla decisione del ritiro, giunta dopo una serie di incredibili sfortune, facciamo però un salto indietro. Prendiamo la nostra ‘Delorean’ (chi non ha visto ‘Ritorno al Futuro’ deve rimediare oggi stesso) e voliamo al 2009.

Roberto Marcora - Foto Nizegorodcew - CT Eur 2010
Roberto Marcora – Foto Nizegorodcew – CT Eur 2010

Sono al circolo Roma Real per seguire il tabellone di qualificazione, è il 2009. Per anni, in questo club capitolino si sono svolti tornei da $10.000 maschili e femminili. Vedo questo ragazzo molto alto, certamente sopra al metro e novanta, che scende in campo contro Enrico Fioravante, di un anno più giovane e molto atteso (arriverà in semifinale, sconfitto dal coetaneo Federico Delbonis).

Quel giorno, mi piace ricordarlo, è in campo anche il compianto Andrea Stucchi, che supera un giovanissimo Federico Gaio. Non solo, ci sono tanti giocatori che oggi o sono ottimi coach, agenti di grandi atleti o buoni tennisti. Qualche esempio: Alessandro Piccari, Alex Vittur, Cristian Rodriguez, Lorenzo Giustino. No Giulio (Di Meo), tu non eri in ‘quali’ ma nel main draw e arrivasti nei quarti.

Non avevo mai visto Marcora e, ovviamente, noto subito il suo stiloso (ed efficace) rovescio a una mano. ‘Bobby’ perde, ma mi colpisce. Il suo tennis è potente e tecnico e la sensazione è che, lavorando bene, possa diventare devastante col servizio.

La carriera decolla qualche anno più tardi, con 11 titoli futures e tanti piazzamenti challenger, con ben 5 finali. La più nota si svolge a Bergamo nel 2019, battuto da un certo Jannik Sinner, che dalla città lombardo spiccherà il volo verso il gotha del tennis. E ‘Bobby’ lo sa, se ne accorge subito. Perché il tennis lo vive, lo conosce, lo sa apprezzare. Conosce i propri pregi e le proprie debolezze. E se c’è una cosa che il tennis fa, è portare un atleta a conoscere se stesso. Sempre meglio, sempre di più.

E la carriera, iniziata in ritardo rispetto ai suoi coetanei, è una bella carriera. Best ranking al numero 150 ATP, qualche match del circuito maggiore, le qualificazioni in tutti gli Slam e tanti ottimi piazzamenti challenger.

Qualche infortunio di troppo, ma anche tante belle vittorie, speranze, delusioni, una carriera ricca di esperienze, di viaggi, persone incontrate. Indimenticabile il litigio (e le vittorie) con Paire (poi son diventati amici, o quasi), così come le vittorie sul veloce contro un Lorenzo Musetti in grande ascesa

Mancherà, Roberto, nel circuito. Per la sua disponibilità (non ha mai detto ‘no’ o ‘magari dopo’ a una richiesta di intervista), per il suo gioco brillante, per il suo modo di ragionare, per la simpatia, per la maniera di porsi (non banale).

E allora buona vita Bobby, che sia dentro o fuori dal tennis

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