“Il ragazzo ha smesso di sognare” Daniil Medvedev ci ha colti alla sprovvista nella conferenza stampa che ha seguito la finale persa contro Rafael Nadal all’Australian Open. Prima delle domande della stampa, il tennista russo ha voluto raccontare una storia, la sua storia. “Il ragazzo tante volte si è chiesto se poteva sognare”, questo interrogativo va oltre i risultati, ma è condizionato da ciò che circonda un tennista, nel caso odierno è stato il pubblico a far traboccare il vaso. “Non so se vorrò giocare a tennis dopo i 30 anni”. “Tanti dicevano che la Next Gen doveva fare meglio. Io mi sono caricato e ho provato di tutto per battere questi campioni, ma a questo punto però immagino che la gente mentisse perché poi quando scendo in campo non vedo tanta gente desiderosa di vedermi vincere”. A caldo la frattura è grave e queste parole, unite a quelle di Djokovic nell’ultima conferenza dello scorso US Open, sono lo specchio di quanto e come gli atleti vivono l’ambiente circostante. A seguire la traduzione della storia raccontata di Medvedev al suo arrivo in sala stampa.
“Il ragazzo ha smesso di sognare”. La storia di Daniil Medvedev
Inizierò la conferenza raccontando una storia, breve o lunga ancora non lo so. La storia di un ragazzo che sognava grandi cose nel tennis. Quando ho preso in mano la racchetta per la prima volta avevo 6 anni. Il tempo è passato in fretta e quando avevo 12 anni mi allenavo, giocavo tornei in Russia e naturalmente guardavo i tornei dello Slam in TV. Lì vedi le grandi stelle di questo sport, tutte sostenute dal pubblico: sogni di essere lì un giorno.
Iniziai a giocare i primi tornei Tennis Europe e ricordo di aver giocato i Giochi Olimpici giovanili, o qualcosa di paragonabile forse chiamato “Youth Olympic Festival”. Arrivai in finale, è stato bello. Eravamo in Turchia, avevamo un Centrale e c’erano qualcosa come mille o duemila persone. In quei momenti inizi a sognare palcoscenici più grandi.
Poi il momento più importante della carriera di un giocatore under 18 è giocare gli Slam Junior. Lì puoi vedere i professionisti, agli US Open addirittura mangi nel loro stesso ristorante. Ci sono tante piccole cose come questa e la gente viene a tifarti spesso senza sapere chi tu sia. Sono stati bei momenti ed è lì che senti di voler arrivare a giocare gli slam contro i migliori. Agli US Open ricordo di aver visto John Isner passarmi di fianco e lì ho pensato: “È enorme, più grande che in tv”.
Poi giochi tanti Futures, tanti Challenger e provi a scalare la classifica. Inizi a giocare tornei più grandi e lì ci sono stati dei momenti in cui questo ragazzo ha dubitato e si è chiesto se dovesse continuare a sognare grandi cose. Ricordo una, anzi due sconfitte molto dure al Roland Garros. Io parlo francese. Credo che al tempo nella mia fascia d’età fossi uno dei migliori cinque al mondo, non male direi. Specialmente perché parliamo di una generazione con tanti giocatori, come possiamo vedere adesso che tanti di loro sono in top ten.
Persi contro Benjamin Bonzi e dopo l’incontro c’era solo un giornalista russo ad attendermi. Pensai: “Davvero? questo è uno slam”. Ero vicino alla top 50 ed ero giovane, rimasi sorpreso. Parlai cinque minuti con quel giornalista, a me piace conversare con la stampa. Ricordo un anno di aver perso da 2 set a zero sopra contro Pierre-Hugues Herbert. Un match fantastico, lui giocò alla grande. Mi piacciono queste partite, sono il motivo per cui mi piace il tennis. Arrivai in sala stampa un po’ stizzito, sia per il pubblico che per la situazione. È divertente perché volevo tagliare corto e quando arrivai della stampa internazionale c’era solo un giornalista, penso italiano. Mi ha chiesto qualcosa, ho tagliato corto e non mi ha fatto nessun’altra domanda. C’erano dei russi e mi hanno chiesto delle cose. Il ragazzo ha ricominciato a dubitare e si è chiesto se potesse davvero sognare in grande.
Non spiegherò esattamente perché, ma oggi durante la partita ho capito che giocherò a tennis… In realtà è divertente, stavo parlando dei giornalisti, ma mi piace molto parlare con voi, penso che lo vediate. Non è proprio questo il punto. Sto solo parlando di alcuni momenti in cui il ragazzo ha smesso di sognare, e la finale dell’Australian Open 2022 è stato uno di questi. Non dirò davvero perché.
D’ora in poi giocherò per me stesso, per la mia famiglia, per le persone che hanno fiducia in me e naturalmente per tutti i russi, perché ricevo un sacco di sostegno da loro. Lo dirò così. se in futuro dovesse esserci un torneo sul cemento a Mosca prima del Roland Garros o di Wimbledon, ci andrò anche se dovessi perdermi Wimbledon, il Roland Garros o qualsiasi altra cosa. Il ragazzo ha smesso di sognare. Il ragazzo giocherà per se stesso. Questo è tutto. Questa è la mia storia. Grazie per aver ascoltato, ragazzi.
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