Quanto è mancato Nadal a questo “povero” Master?

nadal borghese londra

di Marco Mazzoni

E’ proprio vero l’adagio “quando una cosa inizia male, finisce peggio…”. Ce lo insegna la delusione di tante esperienze negative della vita di tutti giorni, e perché no, pure questo Master di Londra appena finito in archivio. Da quando seguo il tennis – ma credo si possa affermare da quando questo grande torneo esiste – mai un’edizione delle Finals è stata così disastrata. Sotto tutti i punti di vista. Eccetto qualche passaggio di puro divertimento grazie agli specialisti del doppio (in tv, spacca tutto sommato) abbiamo subito una settimana orrenda, inutile girarci intorno. Gironi già nati male dal sorteggio, sbilanciati e con assortimenti incapaci anche sulla carta di generare grande spettacolo, hanno creato partite non-partite. C’è stato bisogno della garra del subentrante Ferrer per assistere ad un match andato al terzo e, seppur tecnicamente non esaltante, almeno combattuto. Solo grandi sbadigli, serie di set terminati per 6-1 & dintorni con pochissimo agonismo vero. Tutto il contrario di un torneo in cui dovrebbero essere in gara i migliori 8 della stagione, e di solito tra “campioni” non si ama perdere. Mai, nemmeno in allenamento…

Forse il problema è stato proprio qua: l’assenza di “veri campioni”, eccetto Djokovic e Federer, e mettiamoci pure la scarsa energia di Murray, arrivato con le gomme sgonfie dopo una rincorsa tardiva, e quindi di fatto inutile. Il tutto è stato frutto di quest’annata di passaggio, un 2014 sorprendente e per questo anche attraente, che ha dato alcune chance a ottimi giocatori, pronti a prenderle, ma senza che questi forse siano davvero riusciti ad elevarsi al rango dei super Top. Poi sono entrati in gioco tutta una serie di concause, che non sto nemmeno ad elencare, ma che di fatto hanno finito per affossare la spettacolarità di un torneo mai decollato. Quello che dispiace, è stato anche lo scarso livello tecnico visto in campo. Non solo poca lotta, ma tanti match conditi da errori banali, segno di tensione o di troppa poca tensione. Segno di come forse la stagione è stata fin troppo lunga, logorante, per colpa di un tennis troppo sbilanciato sul lato atletico e che lascia spazio solo ai supereroi. C’è chi ha pagato lo scotto dell’esordio (Raonic), chi sta passando mesi di secche condite da rabbia interiore e quindi alti e bassi notevoli (Wawrinka), chi invece è già stato fin troppo lieto del trovarsi dove pochi mesi fa non avrebbe nemmeno osato sognare di trovarsi (Cilic) e quindi, tutto sommato, va bene così; come Berdych, ormai assuefatto al ruolo di primo dei secondi. Un paio di match hanno realmente divertito, gli altri sono stati piccoli “one man show”, come Roger che ha demolito Murray, o il “Djoker” che fatto altrettanto con Stan. Bello assistere ad un assolo, ma la bellezza del tennis sta soprattutto altrove, nel dinamico e a volte drammatico duello a stretta distanza tra due talenti che non si toccano mai, ma che si violentano mentalmente e fisicamente con colpi da maestro, sfidando l’impossibile. Questo piccolo universo teatrale s’è visto solo a tratti, concentrato perlopiù nella semifinale All Swiss, che nella sua intensità ha di fatto ucciso la finale di oggi, per colpa della schiena di Federer andata KO. L’occhio attento ieri notava come Roger non fosse mai sciolto, come il suo braccio non era mai libero di dare sfogo alla massima velocità ed anticipo, frenato da una rotazione incompleta del busto, in ogni esecuzione. Federer ha vinto di testa, e di gambe. Ma chissà, forse sarebbe stato più “onesto” – visti pure i 4 matchpoint – lasciar andare il suo amico Stan a giocarsi una finale che per quello che ha fatto in stagione si sarebbe pure meritato. Niente. E niente finale, per l’amarezza di tutti, ciliegina avvelenata di una settimana davvero da dimenticare.

Da salvare solo Djokovic, che ha dimostrato nei suoi match di esser in questo momento il più tosto, il più continuo, e quindi meritatamente il più forte. Su di un campo così lento e dal rimbalzo costante, la sua pressione e la sua capacità di reagire ad ogni situazione di gioco lo rendevano quasi imbattibile; probabilmente solo un Federer al 100% dell’efficienza avrebbe potuto almeno provarci. O… chissà, forse poteva provarci il Toro di Manacor, il grande assente. Quanto è pesata l’assenza di Nadal in questo torneo? Col senno di poi, tantissimo. E non solo perché è il terzo giocatore del mondo, il maggior competitor di Djokovic nei grandi tornei dal 2011; ma perché con queste condizioni di gioco non così rapide probabilmente avrebbe potuto dire la sua. Eccome. Inutile tornare sui problemi di Rafa. Stavolta non è stato nemmeno fortunato a chiudere così mestamente la stagione, una appendicite non è un fattore determinato da fattori agonistici; però Nadal non stava bene da Wimbledon, con un paio di scadenti apparizioni dopo l’estate passata ai box. Ed è ormai un classico che lo spagnolo non sia al meglio nella seconda parte di stagione, stanco e usurato da un tennis che chiede troppo al suo fisico. Di questo il solo colpevole è proprio lui, la sua gladiatoria condotta di gioco, che non è umano tollerare all’infinito. Solo un paio di volte Nadal è stato “un fattore” al Master, quando perse in finale da Federer (a dire il vero senza mai dare l’impressione di poter girare il match) e l’anno scorso, dominato da un Djokovic quasi irresistibile. Allora perché proprio quest’anno poteva esser invece “il suo anno”? Forse proprio perché il 2014 in tanti eventi è stato sorprendente, sovvertendo i pronostici e regalandoci delle novità. E ripeto: in passato mai le Finals giocate indoor presentavano delle condizioni così lente come quest’anno, e che quindi avrebbero permesso anche a Nadal di sprigionare i suoi topponi mortali ed il suo tennis consistente senza esser penalizzato dalla velocità di giocare al coperto, con quell’attimo di tempo di gioco in meno che lo penalizza rispetto a chi anticipa di più il colpo.

Vista la scarsa presenza di alcuni, la scarsa forma di altri, un Nadal al top o almeno in buone condizioni (tipo quelle dell’anno scorso) ci avrebbe regalato qualche emozione in più, e sicuramente qualche match meno scontato. Ma quest’anno, ahinoi, era forse scritto che il Master dovesse finir così. Speriamo almeno che la prossima finale di Davis riesca a renderci il sorriso, per non chiudere la stagione con l’amaro in bocca, quello che abbiamo tutti dopo una finale che non c’è stata.

 

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