Berrettini, Sinner e i record del ‘nuovo’ tennis italiano di cui forse non ci rendiamo conto

Matteo Berrettini e Jannik Sinner sono ai quarti di finale degli Australian Open 2022. Quarantanove (49!) anni dopo due giocatori tornano insieme in un quarto di uno Slam; al Roland Garros del 1973 riuscirono nell’impresa Adriano Panatta e Paolo Bertolucci.

I due giovani alfieri azzurro, supportati da un movimento al maschile in clamorosa salute, stanno mettendo in fila record su record, sia di precocità che a livelli di risultati e raggiungimento di obiettivi (Top-10, qualificazione per le Nitto ATP Finals, vittorie di tornei e tanto altro). Ormai sembra quasi normali che Sinner, Berrettini, Sonego, Musetti, Fognini e altri conquistino vittorie di prestigio su ogni superficie, a tutti i livelli, praticamente in ogni settimana della stagione tennistica.

Ho iniziato a seguire il tennis seriamente all’inizio degli anni’90, con il quarto di finale di Cristiano Caratti a Melbourne, quando Andrea Gaudenzi e Renzo Furlan (più Diego Nargiso soprattutto in doppio) facevano sognare in Davis e nel circuito gli appassionati italiani. Parliamo di due fortissimi Top-20 con, al massimo, il quarto di finale parigino di Furlan a spiccare insieme alla semifinale a Montecarlo dell’attuale presidente ATP.

Erano anni in cui l’appassionato italiano era estasiato alla possibilità che un azzurro potesse raggiungere la seconda settimana di uno Slam o arrivare in ottavi o quarti in un (all’epoca di chiamavano così) Master Series. Ero tifoso, in quegli anni. E soffrivo per la Davis. Ma spesso, guardando i tabelloni del circuito, trovavo uno o due nomi di azzurri. C’era anche ‘Pesco’ a dar manforte.

All’inizio del millennio, però, la situazione è precipitata: nell’ottobre 2002 nei Top-100 vi era il solo Davide Sanguinetti, uno che la seconda settimana dello Slam l’ha raggiunta ben due volte. Ecco, ‘ben due volte’ si diceva all’epoca. Il quarto di finale di Davide a Wimbledon o l’ottavo a New York (che ricordi quel match con Srichaphan e il primo set contro Nalbandian) erano un qualcosa di eclatante e di esaltante.

Sono poi arrivati gli anni di Potito Starace e Filippo Volandri, quindi di Seppi, Fognini e Lorenzi. Ma è dalla semifinale di Marco Cecchinato a Parigi che qualcosa è cambiato. Il tennis italiano al maschile è esploso. Manca l’acuto Slam alla Panatta, ma a livello di movimento oggi siamo messi meglio rispetto agli anni ’70. E, forse, non ce ne stiamo rendendo conto.

Non ci rendiamo conto di quello che rappresenta oggi il tennis italiano nel mondo, di quanto sia rispettato e studiato. I giornalisti stranieri non fanno che chiedere ‘ma come avete fatto?’. Le risposte sono variegate e molteplici, ma il punto è un altro: bisogna avere la lucidità di godersi un momento straordinario e storicamente unico. E chissà che finalmente non possano arrivare a breve uno Slam, una Davis, qualche 1000, per continuare a sognare a occhi aperti. Godendoci, però, ogni successo dando il giusto valore. Perché non è normale, perché non siamo abituati, perché non ce ne rendiamo conto. Fermiamoci un momento a pensare, a riflettere. E allora capiremo davvero che cosa stiamo vivendo

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