Storia di una Estrella cadente

estrella trofeo quito
di Luca Fiorino (@LucaFiorino24)

Non so nulla con certezza, ma la storia di Estrella mi fa sognare”. Non è esattamente così che recita la celebre frase di Vincent Van Gogh anche se molto probabilmente se fosse ancora qui con noi, non avrebbe alcunché da ridire una volta letta la storia del tennista di Santiago. La vittoria di Estrella Burgos a Quito all’età di 34 anni e 6 mesi rappresenta un avvenimento unico nel suo genere. Il dominicano è divenuto infatti il giocatore più anziano a vincere il suo primo titolo Atp nell’era Open, scalzando il primato di Wayne Arthurs del 2005 ottenuto all’età di 33 anni e 11 mesi nel torneo di Scottsdale.

Non lasciatevi fuorviare dal titolo dell’articolo. I più scettici diranno che sarà il primo ed unico successo in carriera, una meteora o stella cadente come dir si voglia. I più abili sognatori possono vederlo invece come un desiderio espresso anni fa alla visione di una stella cadente che, come nelle migliori favole, si è avverato. Meglio tardi che mai. Lascio a voi libera interpretazione. L’unico aspetto invece che non ha bisogno di spiegazioni riguarda l’impresa di Estrella, un trionfo che rimarrà nella storia del tennis dominicano ma soprattutto mondiale. Una vittoria che va a coronare e ripagare gli sforzi e i sacrifici di una carriera, o meglio, di una vita. Già, perché quando si nasce in Repubblica Dominicana non è proprio facile cavarsela ed emergere, specialmente in uno sport come il tennis. In un paese prevalentemente povero in cui l’agricoltura rappresenta uno dei settori principali dell’isola, Víctor sarebbe potuto diventare un giocatore di baseball (sport maggiormente praticato in patria) o addirittura un cantante. Inizia a maneggiare la prima racchetta a 8 anni un po’ per caso. I suoi genitori, a causa dell’iperattività del figlio e dei continui litigi con i due fratelli maggiori, volevano trovargli un’attività che lo tenesse impegnato nel corso della giornata ma soprattutto lontano dai guai.

L’amicizia che legava il padre di Víctor con il direttore del Centro Español Club, fu la ragione per cui il neo vincitore del torneo di Quito iniziò a fare il raccattapalle, un modo per farlo correre, sfogare ed in parte acquietarlo. La passione verso il tennis cresceva giorno dopo giorno, tra una partita e l’altra guardava i soci del circolo giocare e da ognuno di loro cercava di apprendere il meglio. “Nessuno agli inizi mi ha insegnato qualcosa. Vedevo gli altri giocare e provavo a copiarli, fu così che cominciai. Grazie a Dio il club mi permise di scambiare ogni tanto con l’accordo che non avrei causato problemi visto il mio carattere un po’ esuberante”. Nonostante fosse davvero piccolo sia di statura che d’età, Estrella iniziò a giocare con ragazzi molto più grandi di lui, a volte addirittura anche adulti. Il primo vero torneo fra i “big” lo disputò a 14 anni anche se non fu per niente facile: “Non mi volevano far giocare per via dell’altezza (quasi 150 cm all’epoca) e perché lo sponsor del torneo apparteneva ad un famoso marchio di birre. Vi prego – scongiurava Víctor con le lacrime agli occhi – fatemi giocare, è il mio sogno!”. Permesso accordato, tanto giocherà giusto una partita prima di essere eliminato pensavano erroneamente gli organizzatori.

Il tennista dominicano sorprese tutti, raggiunse le semifinali del torneo di casa e da quel giorno non avrebbero più osato negargli la partecipazione a qualsiasi tipo di manifestazione tennistica. Divenuto ufficialmente professionista nel 2002, col tempo ha provato ad emergere ma, la mancanza di soldi per sostenere le spese, di risultati a livello futures ed il fatto di vivere in un paese come la Repubblica Dominicana, in cui la cultura del tennis e la federazione era pressoché assente, non aiutava in nessun modo. Negli anni in cui la maggior parte dei giocatori investono su stessi (nel senso più ampio del termine), Víctor decise dunque di prendersi una pausa, dal 2004 al 2006, e di giocare saltuariamente in Coppa Davis. Estrella si reinventa, si guadagna da vivere lavorando presso il Club di Santiago dove era cresciuto e impartendo lezioni di tennis nei villaggi turistici.

Nel 2006 si trasferì a Miami per allenarsi seppur i soldi continuassero a latitare ed era quasi impossibile mantenersi. Nello stesso anno dopo una breve esperienza come sparring partner per il Porto Rico in Coppa Davis e sotto suggerimento di Sixto Camacho, decise di ritornare sui propri passi e di tentare l’avventura nei tornei futures e challenger nelle Americhe. I risultati iniziano ad arrivare, prime vittorie nei tornei futures in patria, Usa, Nicaragua e Colombia. Successi che gli consentiranno di assestarsi attorno alla 200esima posizione mondiale, poco più. Niente di esaltante fino al primo trionfo challenger a Medellin nel 2011 in Colombia, dopo aver vinto ben 18 titoli nel circuito futures. Best ranking di numero 177 al mondo ed una carriera che passati i 30 anni sembra finalmente volergli regalare qualche soddisfazione. La vita di Estrella Burgos non è mai stata semplice ed il destino non fu benevolo con lui neanche questa volta. Siamo a settembre del 2012, la Repubblica Dominicana batte il Messico in Coppa Davis ma Estrella si fa male, accusa seri problemi alla cartilagine del gomito destro. Il dominicano sottovaluta il problema e si presenta al challenger di Quito poche settimane dopo. Dopo aver passato i primi due turni, è costretto al ritiro nei quarti di finale contro Joao Souza. Non tornerà in campo prima di aprile 2013, dopo settimane di riflessioni col dubbio se rientrare o appendere definitivamente la racchetta al chiodo. Il destino dà, il destino toglie. In questo caso “Viti” (il suo soprannome) con incredibile tenacia, forza e sacrificio ha dimostrato di essere padrone del proprio. E’ quanto meno singolare pensare come Quito potesse rappresentare fino a qualche anno fa la fine di una carriera anonima ed incolore ed invece oggi, quella stessa città, la ricorderà per sempre come il primo torneo Atp della sua carriera.

La risalita non è facile, eppure l’infortunio sembra aver dato al dominicano una spinta motivazionale maggiore rispetto al passato tanto da inanellare vittorie su vittorie sino al trionfo di fine febbraio 2014 a Salinas, in Ecuador. Questo successo gli permetterà di coronare il sogno dichiarato di una vita: entrare fra i primi 100 al mondo e partecipare ad un torneo dello Slam. Esordisce al Roland Garros contro Jerzy Janowicz e conquista la prima vittoria in una prova del Grande Slam agli Us Open contro Igor Sijsling. Una settimana a dir poco entusiasmante per il tennista di Santiago, capace di estromettere dal torneo americano anche la futura stella del tennis croato Borna Coric salvo poi perdere lottando contro Milos Raonic al terzo turno. Successi e record che, dopo la vittoria all’Ecuador Open Quito, gli hanno permesso ieri di essere nominato ambasciatore di buona volontà della Repubblica Dominicana e di essere eletto a furor di popolo come eroe nazionale. L’obiettivo dichiarato ad inizio stagione di entrare fra i primi 50 è ormai ad un passo, essendo balzato dalla posizione numero 73 alla 52 nel giro di una settimana. Non propriamente bello da vedere, dal “basso” dei suoi 173 cm, Viti è riuscito giorno dopo giorno a migliorarsi costantemente lavorando soprattutto sulla parte fisica ed atletica. Un rovescio giocato quasi esclusivamente in slice, fa del dritto, della tenacia e delle doti atletiche i suoi punti di forza. Inoltre, nonostante sia nato ed abbia ottenuto la maggior parte dei suoi risultati sulla terra battuta, si disimpegna anche discretamente bene sul veloce, in special modo sul cemento. Estrella Burgos non ha dimenticato il passato e le sue radici, è sua intenzione infatti costituire una fondazione volta a fornire attrezzature ai giovani promettenti di Santiago e ad accrescere e migliorare i campi (attualmente nove) su cui questi potranno giocare e divertirsi. Un trionfo quello di Estrella Burgos che non si può banalmente circoscrivere ad un singolo torneo: è la vittoria di un paese intero, è la vittoria di chi finalmente dopo tante peripezie è riuscito a vincere nella vita.

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