Tori da corrida

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di Sergio Pastena

Se gli australiani oggi sono stati tori da rimonta, gli spagnoli sono stati di sicuro tori da corrida. Non di quelli, rari, che incornano il torero, ma di quelli che finiscono per essere “matati” senza possibilità d’appello.

Il fatto che la formazione iberica fosse “a scadenza” lo si vedeva già qualche anno fa nei periodi di maggior successo: tutte le stelle andavano verso gli “enta” ed era ragionevole pensare che, oltre a diminuire in efficacia, avrebbero dovuto razionalizzare il proprio calendario per rimanere più a lungo sulla cresta dell’onda. Tutto giusto, per carità, però si pensava semplicemente ad una Spagna non più così invincibile, mentre quello toccato contro la Russia oggi è il punto più basso di sempre per la roja.

La sfida in Russia sembrava abbondantemente chiusa dopo il Day 1, con Robredo e Andujar che avevano lasciato otto games a testa ai ragazzini Khachanov e Rublev. Il doppio, poi, vedeva Marrero e Marc Lopez avanti due set a uno e la panchina spagnola era nella tranquillità più assoluta, ovviamente ignara di ciò che stava per accadere. Non è tanto la rimontona di Donskoy e Kravchuk: quella ci può anche stare e non si può dire che abbia generato pessimismo cosmico nell’entourage ispanico. Il problema è stato il Day 3.

A sto giro c'ha preso...
A sto giro c’ha preso

Shamil Tarpischev, capitano ormai quasi ventennale che pure in passato aveva avuto grandi intuizioni (una su tutte: Youzhny titolare nella finale di Davis 2002) da qualche anno ne beccava davvero poche: tra Kunitsyn contro l’Austria e formazioni di doppio che sembravano decise con l’antico metodo del tombolone non si può dire che avesse lasciato il segno. Stavolta, però, il suo ragionamento è filato liscio: dentro il più esperto Donskoy al posto di Khachanov, confermato Rublev nonostante la batosta d’apertura. Tutto sensato, per una questione di potenziale e di alternative: difficile pensare che Kravchuk batta Andujar, mentre Rublev se gioca come sa e si esalta può farlo.

Rimaneva il punto Donskoy: meglio di Khachanov, al momento, ma potrà mai battere Robredo? La risposta del campo è stata: sì, in quattro set. E le facce sulla panchina spagnola sembravano già meno tranquille…

Rublev-Andujar, quindi.

Dategli qualche anno...
Dategli qualche anno…

Vedere giocare il russo ispira quasi tenerezza: il suo gioco ha tutti i tratti tipici dell’adolescenza, del fare e disfare la matassa continuamente. Colpi al fulmicotone e volèe semplici che rimangono sulla racchetta, accelerazioni a spazzolare la riga e chiusure sbagliate clamorosamente, pallonetti millimetrici e rovesci scoordinatissimi a mezza rete. Tanto per capirci, descriviamo un punto: Rublev si apre il campo con un rovescio a incrociare, Andujar la ributta di lì, il russo avanza di due passi, occhi sulla palla, e invece di incrociare tira un inside-out per cercare il contropiede. Contropiede impossibile, perché Andujar dando il punto per perso era rimasto lì e si è trovato a giocare un insperato passante. Beata esperienza: in certi casi la coda dell’occhio vale un 15.

No, non è colpa sua
No, non è colpa sua

Quando però Andujar, dopo aver perso il primo set ed essere andato avanti di un break nel secondo, sul 15-30 al servizio ha fatto scappare in corridoio un dritto a campo aperto, la portata dello psicodramma è stata chiara a tutti. E non ha sorpreso il fatto che nel tie-break, dopo che Andujar era scappato 3-0 con due mini-break di vantaggio, Rublev abbia recuperato alla svelta con un paio di colpi stupendi per poi andare a chiudere il set. Il break a zero di Rublev all’inizio del terzo non ha sorpreso nessuno, il 6-3 finale nemmeno.

La Spagna resta in B, e paradossalmente dovrebbe giocarci con Ferrer e Nadal che ancora devono marcare i cartellini olimpici (sentite condoglianze agli avversari). Il fondo è stato toccato e, ci perdonino i simpatizzanti spagnoli, la cosa è ampiamente meritata. É solo il frutto di una gestione confusionaria, a metà tra conati di celodurismo e precipitose retromarce dignitose come la parabola politica di Capezzone. Il tutto con un presidente controverso e mezza nazione (fidatevi: ci vivo e guardo i tg) a chiedersi cosa diavolo stessero combinando i capi del tennis.

"Ammazza, roba che nemmeno io..."
“Oh, senza Maradona è difficile salvarsi”

Per mandare la Spagna in B e farcela rimanere, nonostante l’assenza dei super-big, ci vuole davvero abilità, ma tanta. Siamo ai livelli di Agroppi con la Fiorentina del 1993: licenzi un allenatore con la squadra in zona Uefa, ne prendi uno in parabola super-discendente e nonostante una rosa con Batistuta, Baiano, Effenberg e Laudrup riesci a retrocedere. E no, Conchita non c’entra niente, poverina, così come non c’entrano i giocatori nonostante fossero al matrimonio di Feliciano Lopez a sfondarsi di gazpacho.

Il punto è che, mettendo da parte per un attimo l’amor patrio, non c’è ragione di mettere la professionalità al servizio della tua nazione se poi la gestione del tutto è dilettantesca. Anzi, rischi di fare un danno dando ossigeno a chi non lo merita neanche un po’. Dispiace solo per il bravo Andujar che ce l’ha messa davvero tutta, ma è stato giusto così.

Buona ripartenza, amigos.

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