ATP Finals, un Master orfano di Federer e Nadal: tutti i grandi assenti di Londra


Sono iniziate le ATP Finals 2016 di Londra e, nonostante l’avvincente sfida al vertice tra Murray e Djokovic, c’è un clima di smarrimento dovuto ad alcune assenze illustri che probabilmente hanno certificato un definitivo passaggio del testimone.
È l’atto finale del numero 1 e numero 2 del mondo, ma è anche il Master dei grandi assenti, campioni che hanno lasciato un vuoto ingombrante al momento del sorteggio dei gruppi intitolati a McEnroe e Lendl. Assenze già annunciate mesi fa che comunque hanno contribuito a creare un minimo di spaesamento.
LE LEGGENDE AI BOX. Non c’è Federer, non c’è Nadal.
I due eterni rivali, che hanno saccheggiato 31 slam lungo il loro cammino (quasi 8 anni di tennis), hanno segnato la storia moderna di questo sport in maniera più incisiva rispetto ad altre meravigliose rivalità degli ultimi decenni. Non vederli alle ATP Finals di quest’anno ha un sapore particolare perché non c’è il clima che solitamente si crea quando un grande campione si ritira dal circuito, un abbandono inevitabile da accettare, ma c’è la consapevolezza che entrambi stanno già guardando all’inizio del 2017 per preparare l’ennesima risalita.
Il forfait di Federer è quello più eclatante viste le 14 partecipazioni consecutive al Master di fine anno (con 10 finali raggiunte) e le oltre 1300 partite disputate in carriera senza mai ritirarsi sul campo, ma da quest’anno il conto presentato dal suo fisico è diventato troppo alto tanto da costringerlo ad abbandonare i tornei a luglio e avviare una riabilitazione più lunga del previsto. Wimbledon resta il punto più alto di un 2016 passato senza vincere un torneo (non accadeva dal 2000) e già dal prossimo Australian Open si potrà cogliere qualche indizio sul suo futuro.
Nadal, invece, avrebbe avuto i punti sufficienti per qualificarsi a Londra da ottavo, ma dopo la sconfitta di Shanghai al primo turno ha preferito saltare gli indoor europei e rimandare i prossimi impegni alla prossima stagione. Scelta che non fa una piega dal momento che il Master di fine anno è sempre stato un tallone d’Achille per Nadal, sia per la superficie poco congeniale al suo tennis e sia per una tendenza a calare nell’ultima parte di stagione. Per ben due volte è riuscito a raggiungere la finale perdendo prima da Federer e poi da Djokovic e i risultati degli ultimi anni portano a credere che, probabilmente, le Finals resteranno una casella vuota del palmarès del maiorchino.
Fatte queste considerazioni, Nadal ha comunque trovato il modo per far parlare di sé nel primo giorno del Master con una dichiarazione rilasciata alla rivista spagnola XL Semanal: “Voglio tornare numero 1, non importa a che età”, segnale molto chiaro su un 2017 promettente.
LA VOLATA FINALE. Ma andando oltre alle assenze annunciate, nell’ultimo mese la lotta agli ultimi posti è stata particolarmente accesa e si è conclusa solo nel torneo di Parigi-Bercy che da anni chiude il circuito. Gli ultimi due posti sono stati conquistati da un Cilic sontuoso, autore di un finale di stagione da applausi (semifinali a Tokyo e Parigi e vittoria a Basilea) e da un Thiem che partiva con ampio vantaggio e con il minimo sindacale è riuscito ad entrare tra gli 8 “maestri” grazie anche al forfait di Nadal. A farne le spese è stato Berdych, il primo degli esclusi che da 6 anni consecutivi riusciva puntualmente a qualificarsi alle Finals.
Il ceco, fuori per soli 155 punti, paga sicuramente la sua assenza agli US Open e un finale di stagione sotto le aspettative. La sua rincorsa alle qualificazioni sembrava essere partita bene con la vittoria in Cina dell’ATP di Shenzen a cui, però, sono seguiti due rovinosi primi turni a Tokyo (7/6 6/1 contro Muller) e a Shanghai (7/6 7/6 contro Granollers). La rinuncia di Nadal a Londra aveva aperto nuove opportunità con Thiem discontinuo e Cilic ancora troppo lontano. Ma, mentre il croato andava avanti a Basilea, Berdych cadeva nell’ATP 500 di Vienna contro Basilashvili sempre al primo turno. Inutile il quarto di finale conquistato a Parigi dove era impossibile opporsi ad un Murray lanciato verso la prima posizione.
Un po’ più indietro troviamo Goffin, che insieme a Bautista-Agut è a Londra come riserva: il suo 2016 è sicuramente positivo, dato che chiuderà all’11esimo posto (suo best ranking) e guarda sicuramente ai top 10 come ad un traguardo realizzabile nella prossima stagione. L’unico distacco che lo separa dai più forti è un risultato eclatante nei tornei importanti (troppo poco un quarto di finale al Roland Garros) e un rendimento vincente nei tornei minori (solo 2 ATP vinti che risalgono al 2014).
LA VECCHIA GUARDIA. Federer, Nadal e Berdych non sono i soli a mancare un appuntamento diventato abituale negli anni. L’assenza di Tsonga è una brutta notizia per lo spettacolo, soprattutto se andiamo con la memoria a quel famoso 2011 in cui il francese riuscì addirittura a raggiungere la finale e portare Federer al terzo set. Un altro ex finalista è stato Ferrer che non è riuscito a chiudere la stagione nemmeno nei primi 20, mentre un caso a parte è rappresentato da Del Potro (finalista 2009) che, in alcuni frangenti di questa stagione ha giocato ad un livello da top 10, ma è ancora vincolato al suo fisico. In questo momento può vantare la medaglia d’argento a Rio e una finale in Davis ancora da disputare, mentre nel circuito ATP la vittoria del torneo di Stoccolma, i quarti di finale agli US Open e il ritorno nei primi 40 del mondo, lasciano sperare in un 2017 da gustare.
LA NUOVA GENERAZIONE. Da anni si discute del tanto atteso “ricambio” al vertice che tarda a scattare e, come nella gran parte degli sport, anche nel tennis non può avvenire per strappi ma con un percorso graduale. Quest’anno la categoria è rappresentata nei primi 8 da Thiem ed è già un primo segnale vista anche la crescita nel ranking di Kyrgios, Pouille e Zverev che potrebbero essere i prossimi candidati per il 2017. Ma questa stagione ha inflitto anche sonore bocciature a tennisti che ormai non possono più essere considerati come i “nuovi” e che puntualmente ogni anno si trovano di fronte all’ennesimo fallimento. Bernard Tomic continua con i suoi alti e bassi e in patria c’è chi ormai riserva molte più speranze in Kyrgios e Kokkinakis (rientro dall’infortunio permettendo), Grigor Dimitrov dopo aver raggiunto la top 10 due anni fa continua ad alternare singole prestazioni eccellenti a tornei disastrosi. L’unico ad aver fatto dei passi avanti è Goffin (ma ha 26 anni). E andando a scavare un po’ più indietro c’è l’annata opaca di Coric che, comunque, non sposta di un centimetro tutte le sue potenzialità.
La sensazione è che queste assenze siano la vera e propria carta d’identità sull’evoluzione del circuito, più degli 8 qualificati a Londra dove almeno i primi 3 sono su un gradino superiore rispetto a tutto il resto. Per quanto sia facile immaginare Berdych, Ferrer e Tsonga ormai fuori dai giochi più importanti se non in sporadici tornei, sarà curioso vedere come rientreranno nel circuito Federer e Nadal e la voglia di Del Potro nel recuperare il tempo perso. Dalla stessa porta poi, vedremo passare anche l’incoscienza di Kyrgios, la completezza di Zverev e la mentalità vincente che stanno dimostrando Thiem e Pouille
E a pensarci bene tra sei settimane si ricomincia.

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