Carlos Boluda ieri, oggi e domani

Carlos Boluda

di Paolo Silvestri

Nel 2007, come collaboratore di 0-15 Tennis Magazine, feci un’intervista all’allora quattrodicenne Carlos Boluda Purkiss. La sua proiezione era incredibile ed il suo Palmarès impressionante, comparativamente superiore a quello dello stesso Nadal, di cui era considerato unanimemente l’erede. Oltre a un’infinità di tornei nazionali e internazionali under 12 e under 14, spiccavano nella sua vetrina le due vittorie nelle edizioni 2006 e 2007 di Les Petits As, una sorta di Campionato del Mondo infantile, impresa che finora non era riuscita a nessuno.

Nonostante la grande pressione mediatica che lo circondava, la mia impressione fu quella di un ragazzino assolutamente normale e sensato e con i piedi per terra, che allora non si dedicava ancora al cento per cento al tennis, ma frequentava una scuola normale e si divertiva giocando con un gruppo di giovani tennisti in erba.

Riporto di seguito alcune delle domande che gli avevo fatto in quella occasione:

Per te è un peso o uno stimolo l’etichetta di “grande promessa”?

Non penso a queste cose… se sono una promessa o no. Cerco di giocare al meglio e di allenarmi per migliorare ogni giorno.

I media, soprattutto qui in Spagna, insistono nel presentarti come il nuovo Nadal, anche se forse non tutti sanno che, per il momento, i tuoi risultati sono superiori. Ti infastidisce o ti lusinga che ti paragonino costantemente con Rafa?

Ripeto quello che dico sempre: va bene, d’accordo, ma lui è il numero 2 del mondo ed io un ragazzino che sta cominciando […]

Nella tua famiglia ci sono antecedenti tennistici?

No, mio padre era giocatore di pallamano, e poi ha iniziato ad appassionarsi al tennis.

Come vivono i tuoi la situazione?

Con normalità. Mi aiutano molto, con umiltà e lavoro, che sono i valori che cercano di inculcarmi. […]

Qual è il tuo obiettivo?

Diventare il più completo possibile.

E il tuo sogno ad occhi aperti…?

Riuscire a diventare un  professionista apprezzato, al livello più alto possibile.

La mia impressione era stata quella di una situazione gestita bene, con serenità e umiltà, sia da parte sua che da parte della sua famiglia, del tutto estranea al mondo del tennis, oltre naturalmente ad una buona base tecnica e atletica,  ed  una naturale attitudine per la competizione. Sono passati sette anni e Carlos (adesso ai box dopo l’ennesima lesione) naviga intorno alla 600esima posizione del ranking. Che cosa è successo in questi anni? Che cosa ha impedito il decollo annunciato? Che progetti ha Carlos Boluda per il suo futuro? Che insegnamenti possiamo trarre da questa storia?

Rafael Nadal e Carlos BoludaLa mia analisi della situazione si basa in particolare su un servizio uscito qualche mese fa su Canal+, emblematicamente intitolato A la sombra de Nadal, (nella foto a sinistra Nadal e un giovanissimo Boluda) in cui si percorrono le storie di ragazzini che hannno sognato e sognano di seguire le orme (pesantissime) del fiore all’occhiello del tennis e dello sport iberico. E il filo conduttore del reportage è proprio Carlos Boluda, che con disarmante sincerità si racconta e ci racconta le enormi difficoltà con le quali si è scontrato in questi anni.

È un insieme di concause che hanno impedito (almeno per il momento) la sua crescita tennsitica, ma si è trattato soprattutto di un vero e proprio blocco psicologico. Le sue parole sono eloquenti e toccanti: “Sono in via di recupero. Sono come un drogato che va in un centro per disintossicarsi. Continuo ad avere paura, insicurezza quando entro in campo”. Molto bene Carlos, direbbe qualsiasi psicologo. Riconoscere senza autoinganni il problema è la strada giusta per risolverlo. Ma da dove provengono la paura e l’insicurezza, che non sono altro che le due facce di una stessa medaglia?

Carlos da bambino non solamente ha dovuto convivere con l’ombra di Nadal, ma ha avuto la “sfortuna” di vincere troppo e soprattutto con troppa faciltà. A 12 anni batteva tutti, compresi quelli di 14, con una supremazia schiacciante. In un anno ha perso forse solo un paio di partite. E quando a 15-16 anni hanno cominciato a piovergli wild card nei tantissimi Futures spagnoli, hanno cominciato ad arrivare le prime batoste, alle quali non era abituato. Aggravate dal fatto che aveva puntati su di lui gli occhi di tutti, accorsi a vedere il “fenomeno”. Comincia allora a non sentirsi più felice con quello che fa. Non ride più. Dopo una sconfitta in Australia, si produce una sorta di “collasso emozionale” che lo porta  a piangere per un’ora di fila al telefono con i suoi genitori. E l’insicurezza fa “sparire” il suo tennis, soprattuto il dritto, la sua arma migliore, complice anche un cambio tecnico poco fortunato. La palla praticamente non va più oltre la rete. E i curiosi accorrono, ora non più per vedere il fenomeno, ma per vedere morbosamente “come gioca male quello che qualche anno fa era un fenomeno”.

Carlos BoludaCarlos racconta che di fronte a questa situazione provava vergogna e si sentiva ridicolo, e tenta anche di ricorrere ad uno psicologo, ma con scarsi risultati. A questo si aggiunge la solitudine che comporta l’abbandono del guppetto di amici con cui si allenava. E come se non bastasse inizia il calvario delle lesioni, in particolare i problemi al polso, che lo bloccano per quasi due anni. C’è poi un problema costituzionale non da poco, perché Carlos, finita l’età dello sviluppo, raggiunge la statura di 1,65, quasi improponibile (con le dovute eccezioni, come quella di Rochus) per il tennis attuale. E, dulcis in fundo, gli sponsor (su tutti la Nike), che l’avevano coperto di attenzioni e di denaro, vengono comprensibilmente a mancare. In sostanza gli ingredienti per il mancato decollo ci sono proprio tutti.

Carlos decide allora di andare via da Alicante. Pensa agli USA, ma poi opta per Madrid, sotto la guida tecnica, ma soprattutto umana, di un nuovo coach che crede il lui e lo sta aiutando a credere in se stesso, l’ex pro Oscar Burrieza. Quest’anno qualcosa combina, raggiunge anche due finali Futures in Turchia e in Malesia, ottenendo anche il suo best ranking (556), ma da maggio è di nuove fermo per una lesione. Ora sta cercando, con tenacia e umiltà, di provarci ancora, non più come un piccolo Nadal che vuole essere il futuro numero uno, ma come un ragazzo qualunque che insegue il sogno di vivere del tennis. “Adesso sono un tra i tanti che ci provano. Voglio provare a essere un tennsita e se non ci riesco sarò orgoglioso di aver dato il massimo per provarci”. A 21 anni ha ancora tutto il tempo e il diritto di provarci.

NOTA: il reportage A la sombra de Nadal è visibile nel seguente link:

http://canalplus.es/play/video.html?xref=20140307plucandep_8.Ves

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