Camila, come volevasi dimostrare…

di Alessandro Nizegorodcew

L’avevamo lasciata a Parigi, con due splendide e convincenti prove e il rammarico di una qualificazione smarrita per un soffio. La ritroviamo a Londra, sotto le luci dei riflettori (immaginari) di Wimbledon. Camila Giorgi è esplosa il gotha del tennis è suo.

Non è questione di sbilanciarsi o meno, è un dato di fatto. Da anni andiamo dicendo che dal momento in cui Camila avesse raggiunto le top-100, per il suo stile di gioco (può vincere e perdere da chiunque, ma un conto è farlo negli Itf e un conto negli Slam e nei Wta), non avrebbe più abbandonato l’elite del tennis internazionale. Oggi come oggi, dopo la splendida vittoria con Nadia Petrova (contro cui aveva già vinto, dominando, in quel di Memphis), la Giorgi si attesterà intorno al numero 90.

Lo scorso anno Camila superò le qualificazioni a Wimbledon, come in questa occasione, ma allora si fermò al primo turno con la Pironkova. Ma ciò che molti non sanno è che la famiglia dell’italo-argentina, poco prima, subì un grave lutto (la morte della sorella maggiore di Camila, scomparso a causa di un tragico incidente a Parigi). Inutile spiegare o raccontare quanto sia stata dura, inutile spiegare o raccontare i momenti vissuti da papà Sergio, dalla mamma Claudia (professoressa universitaria di storia dell’arte contemporanea che ha sacrificato tutto pur di permettere a Camila di vivere il suo sogno, spostandosi dall’Italia alla Spgna, dalla Francia agli Stati Uniti), sino ovviamente a Camila, per un lungo periodo si è allenata ma senza motivazioni, senza voglia, con la testa (giustamente) altrove. Tanto da saltare circa due mesi interi di tornei (infatti non avrà punti da difendere da qui a fine agosto). Poi piano piano, la voglia di tennis, la passione, la voglia di essere la migliore (perché è questo che Camila vuole essere), ha preso il sopravvento e, nonostante il dolore interiore, è tornare a tirare mazzate, credendoci nuovamente. E’ Sergio Giorgi a spiegare tutto questo, a farci entrare nella testa di “Cami”, ragazza aggressiva e potente in campo, timidissima e (ancora) un po’ insicura fuori.

La voglia di essere la migliore. E’ questa la molla, la molla che spinge Camila a chiedere, sin da piccolissima, a Sergio: “Papà, voglio giocare a tennis!”, seguita dalla risposta del padre che, immediatamente ha lasciato intuire alla figlia le infinite difficoltà: “Ne sei sicura? Sarà durissima”… “Si”, la risposta, senza dubbi, solo certezze.

La strada è lunga. Un ottavo di finale a Wimbledon è un segnale importante, ma nulla ancora è stato fatto. Qualcuno o qualcuna forse si potrebbe accontentare, ma Camila no, Camila vuole essere solo la più forte. Probabilmente, negli ultimi anni, i soli a crederci sono stati e sono Sergio e la stessa Camila e forse la loro famiglia. L’obiettivo è ben lungi dall’essere raggiunto, ma passi significativi sono stati fatti. Camila quando vince non esulta, per lei la vittoria è routine, la sconfitta sempre inaspettata, contro chiunque. E la cosa bella è che non è spavalderia, non è presunzione, è solo la consapevolezza di poter (e voler) essere campioni. E’ un qualcosa che si ha dentro, che può uscire fuori o meno, ma non lo si può inventare o costruire. Camila ha la forza di un campione dentro di sè, che speriamo possa uscir fuori con forza e far sognare lei e noi tutti.

Gli occhi sono quelli di chi sa cosa vuole. I doppi falli, il mental, la tecnica, la tattica, la preparazione fisica. Quanti discorsi, quante discussioni. Camila gioca un gran tennis e sa vincere, questo è ciò che conta. Il resto è tutto migliorabile, ma il killer instinct ce l’hanno in poche (guardare gli ultimi punti del tie-break del secondo set con la Petrova per credere!)…

 

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