Cercasi Coach Disperatamente..

di Cesare Veneziani

Dopo l’editoriale di Roberto Commentucci “Coach Italiani Cercansi“, un altro collaboratore di Spazio Tennis, Cesare Veneziani, risponde..

Rispondo a Roberto Commentucci su alcuni punti del suo ultimo articolo, quello che riguarda i coach italiani (o la mancanza di essi).
Da addetto ai lavori – non sono un coach, non ancora, ma un umile allenatore – sento il dovere di allargare il discorso.
Premetto che ho trovato l’articolo estremamente interessante e dettagliato, figlio di una penna competente.
La prima cosa che voglio sottolineare è che in giro ci sono una serie di allenatori italiani molto validi che vengono stranamente trascurati, vuoi perchè troppo eccentrici, vuoi perchè severi, vuoi perchè troppo giovani. Il primo nome che mi viene in mente è quelllo di Marco Tavelli, stimato coach bresciano attualmente in Spagna con Mantilla e dimenticato dal panorama italiano (almeno per ora). Peccato, lo reputo essere un ottimo coach.
Altro aspetto importante è la disponibilità che il giocatore italiano mette nelle mani di un qualsiasi coach straniero. Perchè? Perchè NON ITALIANO, quindi “giudice” più attendibile e, diciamolo, più affascinante. L’ho riscontrato spesso: i genitori sono i primi a perdere la testa alla vista di un allenatore argentino o spagnolo. Sarà per il modo di parlare, sarà per i finali arrotondati o per la scarpa slacciata…è così.
Sulla FIT: perchè invece di formare i giovani tecnici con visite più o meno lunghe in accademie estere, cosa che POSSIAMO fare privatamente, non li forma dentro una sua propria (grande) accademia? Magari potrebbe costruirla a Roma, sulle rovine del tre fontane……alla lunga spenderebbe meno e guadagnerebbe di più.
Hai ragione da vendere, caro Roberto, quando parli di alcuni ex pro con poca voglia di lavorare, ma è un loro diritto, no?
Comunque sia non è necessario, per allenare ad alto livello, essere stato prima categoria. Aiuta certo, ma non è tutto. Perchè spesso l’ex professionista fa grande fatica a staccarsi dalla propria immagine di giocatore e finisce per arrancare alla ricerca della sua nuova identità di coach.
Un ultima riga riguarda i giocatori: è giusto che abbiano la libertà di scegliere e, verosimilmente, di cercare la strada che più gli si confà: che porti essa a Roma o a Madrid, speriamo che serva a far uscire un “Raffaello Nadalo!”

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