Scofield’s Corner – Il Servizio Azzurro


(Alessio Di Mauro – Foto Nizegorodcew)
di Fabio Colangelo
Non c’è niente da fare…Quando durante un allenamento o una lezione di tennis (dal professionista, al socio) arriva il momento di servire, l’attenzione e soprattutto la voglia dell’allievo diminuisce drasticamente. E’ normale. Nella maggior parte dei casi questo avviene a fine ora, quando si è già stanchi fisicamente e psicologicamente. Inoltre, il servizio è proprio noioso!! Bisogna stare fermi, con un cesto di palle e ripetere lo stesso gesto decine e decine di volte. Niente movimento, niente interazione con altri giocatori…una gran rottura di scatole! Soprattutto per i più piccoli che vogliono divertirsi e trovano molto più facile e divertente superare la rete con un dritto o un rovescio che con un colpo da sopra la testa. Purtroppo inoltre, in alcuni casi (non sempre per fortuna) il momento del servizio, giungendo al termine dalla lezione, diventa l’occasione per il maestro di turno di prendersi una piccola pausa (legittimo), discutere coi colleghi di programmi di lavoro e organizzazione delle lezioni (diligente), oppure con i genitori che giustamente devono essere messi al corrente di quanto sta accadendo.
Ma perché avviene tutto questo? Chiunque si avvicini al nostro sport ha come primo scopo quello di imparare a mandare la palla dall’altra parte con il diritto e (poi) con il rovescio, che diventano di conseguenza i colpi sui quali si pone la maggior attenzione. E’ per questo motivo che ci si ritrova a servire quasi sempre alla fine. Prima mandare la palla di la (giusto) e poi tutto il resto. Tanto nella partitella con l’amico al mare, posso anche servire facendo un diritto. Il grosso problema è che questa pratica si è troppo standardizzata. E’ ovvio e corretto che chi non ha la minima velleità agonistica dedichi al servizio un tempo ridotto, poiché si tratta dell’esercizio più monotono e noioso. Ma per chi ama la competizione, questo colpo dovrebbe diventare quello più importante. (ebbene si, per la seconda volta in un mese ho scoperto di nuovo l’acqua calda!) E’ l’unico momento nel quale dipendiamo solo da noi stessi, e che si gioca da fermi, senza dover aspettare quello che fa il nostro avversario. L’Atp e l’Itf hanno rallentato campi e palle, abolito i tappeti, uniformato il più possibile le superfici per evitare di assistere a battaglie di ACE, ma i giocatori (e ora anche le giocatrici) cercano e costruiscono sempre più punti col servizio. Anche perché aiuta ad evitare corse e lunghi scambi che nell’economia di un match possono risultare fatali. Noi italiani in questo siamo tra i peggiori, motivo per il quale sulle superfici più rapide facciamo spesso fatica a tutti i livelli (escluso Seppi che era fuori livello, i recenti risultati dei challenger di Courmayeur e Bergamo ne sono una dimostrazione).
Il nostro Roberto Commentucci dirà che è colpa della nostra amata terra battuta, che rende il servizio meno importante, e quindi ci ha spinto negli anni a lavorare meno su questo aspetto, mentre in Croazia o Repubblica Ceca giocano solo sul veloce già da piccoli e quindi la mentalità è diversa. In parte è vero, ma non solo, perché anche sulla terra si potrebbe puntare al punto diretto col servizio, con risultati di tutto rispetto (penso a Soderling e Berdych a Parigi, ma anche a Golubev ad Amburgo o Querrey a Belgrado), e quindi avremmo potuto fare comunque qualcosa di più. I più grandi sono ovviamente consapevoli di questa lacuna e lavorano duro per migliorare, ma certe quantità di lavoro andavano fatte molto prima. Il problema non è di cosi facile risoluzione, poiché ci sono delle questioni comunque di non facile soluzione. E’ un colpo come detto noioso da allenare, e in certe età (anche se si è già agonisti di un certo livello) divertirsi è fondamentale, se no c’è il rischio di perdere entusiasmo. Occorre tanto tempo, che spesso non c’è, per poterlo lavorare adeguatamente, e chiaramente, più persone ci sono in campo, meno palline si servono. Purtroppo nell’insegnamento ci sono anche tante altre problematiche che non aiutano, ma l’impressione è che qualcosa si stia già muovendo verso la giusta direzione.

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