Il 2016 di Stefano Napolitano: la vittoria ad Ortisei e l’Australia che si avvicina


Quella del 2016 è senz’altro un’annata grigia per il tennis italiano maschile, con poche certezze per il futuro e un ricambio generazionale che tarda ad arrivare, ma uno spiraglio sul finire di stagione lo si è visto nel challenger di Ortisei, ormai abituale appuntamento indoor che nelle precedenti edizioni si è trasformato in territorio di caccia per tennisti che sulle superfici veloci vanno a nozze, e nella parentesi 2012-2014 è stato il torneo in cui Seppi prendeva congedo dal circuito migliorando la sua posizione di fine anno. Quest’anno la tendenza si è invertita e quando in finale si è assistito ad un derby tutto italiano, peraltro tra due clienti non abituali delle finali indoor, qualcuno ha iniziato ad intravedere degli incoraggianti segnali per il futuro.
Il challenger di Ortisei è stato il torneo di Stefano Napolitano, classe 1995, che grazie ad un’impeccabile torneo chiuso senza perdere nemmeno un set è riuscito a conquistare il suo primo challenger della carriera e l’ingresso nella top 200 (best ranking: 172).
Ma partiamo dall’inizio.
Insieme ai vari Quinzi, Sonego, Donati, Mager e Pellegrino, Stefano Napolitano è una delle nuove leve del tennis maschile e probabilmente da quest’elenco potranno uscire fuori i top 100 azzurri dei prossimi anni. Il balzo in avanti compiuto grazie ad Ortisei, per quanto inaspettato a seguito della superficie, era nell’aria dall’inizio di questa stagione.
Il 2016 di Napolitano non è stato altro che una crescita continua e costante fatta anche grazie ad una programmazione ineccepibile. Dalla posizione 400 del 2015, Napolitano poteva tranquillamente aspettare i challenger in primavera come fanno in tanti oppure optare per il circuito futures e scalare un po’ di posizioni. Ma già dalle prime settimane della stagione il programma era ambizioso a tal punto da partire con tre diverse tournée nei primi tre mesi di tennis. Partendo nell’emisfero australe a gennaio (dove in realtà ha raccolto ben poco), Napolitano ha proseguito sul cemento con tre futures in Gran Bretagna per poi spostarsi in Messico e iniziare a raccogliere i primi frutti di questo lavoro: quarti di finale partendo dalle qualificazioni al challenger di Puebla, lo stretto necessario per coprire i punti in scadenza della passata stagione e tornare in Italia intorno alla 400esima posizione. Un percorso che potrebbe sottolineare un aspetto spesso trascurato: a quest’età conta molto di più la crescita tennistica che avere l’”ansia del ranking” e, probabilmente, investire dei mesi all’estero su superfici veloci è segno di una prospettiva ambiziosa (scelta che peraltro ha accompagnato Napolitano fin dai primi passi nel professionismo).
Con i challenger italiani, poi, i passi avanti sono stati ancora più evidenti. Alternando qualificazioni e wild card, sono iniziate ad arrivare le prime prestazioni interessanti culminate in Repubblica Ceca nel challenger di Ostrava dove, sempre da qualificato, il tennista azzurro è riuscito ad issarsi fino in semifinale. Ma è nel mese di luglio che sua crescita ha avuto il primo strappo che molti aspettavano, con la sua prima finale challenger in carriera a Todi. Arguello, Rola, Fucsovics e Cecchinato, sono dei nomi che a questi livelli possono significare già abbastanza per avere un primo battesimo e sancire il definitivo passaggio futures/challenger che in tanti soffrono. E nei tornei successivi, San Benedetto prima e Biella poi (dove giocava in casa), queste prestazioni hanno trovato solide conferme con un quarto di finale e una semifinale. Nel torneo casalingo, inoltre, Napolitano ha assaporato una sensazione vissuta nel torneo di qualificazione del Foro Italico 2015, quando da vincitore delle pre-qualificazioni riuscì a battere il suo primo top 100, Jurgen Melzer (ex semifinalista del Roland Garros), 6/4 7/5. A Biella sotto i suoi colpi sono capitolati top 100 come Kachanov e Lajovic e il brasiliano Bellucci per batterlo in semifinale è stato costretto a tre set.
Un insieme di risultati che hanno portato ad un primo grande traguardo: uno degli ultimi pass per partecipare alle qualificazioni del suo primo torneo Slam tra i professionisti, lo US Open. Seppur il sorteggio non sia stato benevolo, con Kravchuck testa di serie numero 2 al primo turno, è stato comunque un ulteriore obiettivo raggiunto da portare a casa.
Ma per arrivare alla vittoria di Ortisei bisogna passare ancora dalla terra rossa (quarti di finale a Poznan) per poi fermarsi un momento alla stagione dei tornei indoor. Le premesse con cui Napolitano si presentava in Trentino non erano affatto buone. Nonostante la sua vicinanza alla top 200, per partecipare ai challenger di Budapest e Furth sono state necessarie le qualificazioni e in entrambi i casi non sono state superate.
Nel tabellone principale di Ortisei il primo turno lo vedeva opposto ad Arbaboldi e poteva essere sufficiente almeno vincere il derby azzurro per trovare maggior fiducia sulle superfici veloci e chiudere poi la stagione nel challenger di Brescia. Ma dopo il primo turno, il torneo di Napolitano è stato un vero e proprio crescendo: agli ottavi si presentava un delicato match contro il francese Olivetti che su superfici veloci può far valere un servizio potente subito disinnescato, nei quarti contro Basic sono bastati due break giocati in maniera molto lucida e con l’ex promessa tedesca Krawietz il copione è stato particolarmente analogo. In finale Napolitano ha affrontato Giannessi lasciando praticamente le briciole (6/4 6/1) e chiudendo un torneo praticamente perfetto dove, oltre a non perdere mai un set, è riuscito a non perdere mai il servizio salvando 12 palle break e a piazzare una media di 8 ace a partita. Arrivati a questo punto con l’ingresso nei primi 200 del mondo, il suo 2016 poteva tranquillamente chiudersi con un successo.
Questa crescita, attesa ma per nulla scontata, certifica un percorso molto intelligente che Napolitano sta seguendo da anni e che lo sta portando sempre più avanti nel ranking. Superato il passaggio dalla categoria junior al professionismo e dopo aver attraversato la giungla dei futures indenne, il tennista piemontese ha raggiunto a pieno titolo una sua nuova dimensione che deve rappresentare il definitivo trampolino di lancio nel tennis che conta: le occasioni saranno tante e i precedenti invitano sicuramente alla pazienza.
A gennaio inizieranno le sue prime qualificazioni agli Australian Open e la strada è quella giusta.

Leggi anche:

    None Found