Karolina e le altre: Top Ten, vincitrici Slam o eterne incompiute?

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di Alberto Cambieri

SONDAGGIO ALLA FINE DELL’ARTICOLO

Saranno ancora le atlete nate negli anni ’80 (Serena, Sharapova, Azarenka) a dominare la scena nei grandi tornei o le giovani tenniste riusciranno nel breve termine a dare seguito a quanto fatto da Petra Kvitova, ad oggi l’unica giocatrice nata negli anni ’90 ad aver trionfato negli Slam?

I primi mesi del 2015 stanno confermando quanto di positivo si è già riscontrato nel 2014, cioè il fatto che numerose atlete nate dopo il 1990 siano riuscite a consolidare il proprio status nel tennis che conta, sia come gioco che a livello di classifica. Se, in generale, la transizione da junior a professionista e poi da giocatrice dalla classifica a 3 cifre a tennista top 50 sono estremamente delicati e complicati, raggiungere la Top Ten e la lista delle vincitrici di Slam è un passaggio ancora più complesso e che poche giocatrici riescono a portare a termine.

Ad oggi la classifica WTA vede la presenza di 4 giocatrici in Top Ten nate nell’ultimo decennio del terzo millennio: Halep, Kvitova, Wozniacki e Bouchard; di queste la Kvitova ha già vinto due Slam, entrambi a Wimbledon, e le altre hanno disputato almeno una finale Slam a testa. Tuttavia, se il gioco difensivo della Wozniacki sembra non permetterle di compiere il definitivo salto di qualità in termini di vittorie davvero pesanti (sorte che la danese sembra condividere con l’altra grande eterna incompiuta dal gioco ancora troppo poco aggressivo e convincente nelle fasi “calde” del match, soprattutto al servizio e con il diritto, come la Radwanska), Bouchard e Halep sembrano essere in grado di portare a casa trofei importanti nel breve termine. La rumena, a differenza di Caroline e Agnieszka, può sfruttare la gran mobilità e la capacità di trovare vincenti e dettare il gioco nonostante la potenza non strabordante dei suoi colpi, mentre la canadese vanta un ottimo anticipo ed una solidità mentale che, associati al recente e chiacchieratissimo cambio di coach (ha “rubato” Sam Sumyk alla Azarenka), possono condurla alla conquista del tanto bramato primo titolo dello Slam. La canadese non è però l’unico nome nuovo emerso nel 2014 con serie credenziali per vittorie pesanti nei prossimi anni; la spagnola Muguruza e la ceca Pliskova infatti sono ulteriormente progredite nel corso degli ultimi mesi e ormai non rappresentano più solamente possibili minacce per le Top players, ma sono ormai delle certezze anche a grandi livelli.

Garbine MuguruzaLa spagnola classe ’93 fa della potenza la base del suo gioco e, tra le due citate, sembra essere quella che deve ancora colmare il maggior numero di lacune: se il rovescio è splendido e gestito da fondo in maniera quasi sempre ottimale, il servizio ha ancora margini di miglioramento (nonostante sia progredito negli anni) in quanto non sembra ancora essere in grado di sfruttare al 100% l’altezza e la potenza della parte superiore del corpo, così come il diritto e, soprattutto il gioco di volo. Il suo gioco estremamente aggressivo è quello tipico delle picchiatrici moderne ed è esattamente l’antitesi del classico tennis delle spagnole; esso però ad oggi risulta essere non così completo in quanto da fondo riesce costantemente a spingere e prendere l’iniziativa, ma una volta a rete spesso e volentieri combina disastri con i colpi al volo, in particolare le volée (e gli schiaffi sono ben distanti come livello da quelli di giocatrici a lei simili in termini di caratteristiche fisiche e di gioco come Sharapova e Azarenka). Il fatto che giochi costantemente il doppio con una compagna fissa, Carla Suarez Navarro, giocatrice che più diversa da lei per caratteristiche fisiche, tecniche e non solo non può esistere, può aiutarla man mano a progredire, ma in singolare servono miglioramenti ancora più significativi e convincenti. Anche la mobilità non è il suo forte, ma ciò è giustificato dalla mole decisamente “importante” e dal fatto che pratichi un gioco altamente offensivo che le permette di prendere spesso il comando delle operazioni e dunque raramente finisce nella (scomoda, per lei) posizione di doversi difendere. Se nei prossimi mesi riuscirà a migliorare in questi aspetti e a progredire anche dal punto di vista mentale, visto che spesso si innervosisce e mostra le sue sensazioni negative alle avversarie, evitando black-out improvissi o cali alla distanza, sembra essere inevitabile per lei l’ingresso tra le prime 10 del mondo. Ormai ha imparato a gestire le partite contro le tenniste difensive o meno potenti di lei come testimoniano le vittorie di fila ottenute ai danni di Halep, Errani e Radwanska e deve riuscire a trovare la tattica corretta per uscire vincitrice anche dagli incontri che la vedono opposta a giocatrici potenti e che riescono a non indietreggiare troppo di fronte alle sue bordate da fondo campo: nel momento in cui riuscirà a trovare la quadratura del cerchio del suo gioco non sarà più ricordata solo per la celebre vittoria al secondo turno di Parigi 2014 contro Serena, sballottata qua e là in campo e dominata soprattutto sul piano della potenza, o per essere spesso in grado di impensiere la Sharapova, salvo crollare alla distanza. La scelta avvenuta a fine 2014 di rappresentare definitivamente la Spagna (è stata per anni indecisa se rappresentare il Paese di Nadal, terra in cui è cresciuta non solo tennisticamente, e il Venezuela, che ha visto invece i suoi natali) sembra averle dato la giusta tranquillità per affrontare il grande passo di raggiungere le primissime posizioni del ranking ed essere una seria candidata per la vittoria finale in tutti gli Slam; inoltre il suo clan e la sua famiglia sembrano aiutarla a prendere le decisioni più sagge e corrette, come dimostra la scelta avvenuta a metà 2013 di pianificare con largo anticipo l’operazione alla caviglia (programmata durante la stagione su terra rossa ma avvenuta al termine della stagione su erba), in modo da impostare al meglio la preparazione per il 2014, stagione in cui ha puntualmente fatto registrare l’ingresso tra le prime 20 (stessa classifica di oggi) e il primo quarto Slam raggiunto al Roland Garros sulla terra, a detta sua la peggior superficie per il suo gioco ma che riesce ad “addomesticare” grazie ai duri allenamenti effettuati in Spagna.

pliskova internoLa ceca Karolina Pliskova, classe ’92 e vincitrice di due titoli (Seoul e Linz) nel 2014, è l’altra grande candidata a raggiungere le Top Ten (attualmente è numero 13) e una vittoria Slam, specialmente nei tornei sul veloce. Dotata di un’impostazione ottima e di un servizio devastante, sta progressivamente colmando le proprie lacune in termini di mobilità utilizzando spesso i colpi in back sia di dritto che di rovescio per avere il tempo necessario per recuperare la posizione e incidere nuovamente con i colpi da fondocampo. Nonostante il fisico apparentemente non così esplosivo, è in grado di mettere a segno vincenti da entrambi i lati e gestire in modo convincente le palle al volo; non è e non sarà mai l’erede della più celebre tennista nata in Cecoslovacchia delle storia, Martina Navratilova, ma il suo senso della posizione a rete è buono e le permette di concludere i punti che ben si costruisce con i suoi colpi piatti e precisi da fondocampo. Grazie all’aiuto di Vanek, ex giocatore di livello e ora suo allenatore, col quale sembra avere un’ottima intesa e stimoli più interessanti rispetto a quando era seguita esclusivamente dal padre, e aiutata da una personalità forte nonostante sia restìa ad esprimere le proprie emozioni on e off court, può raggiungere entro poche settimane l’élite del tennis in termini di classifica e raggiungere finalmente la seconda settimana in uno Slam, non fermandosi necessariamente al secondo lunedì o martedì. Nelle ultime settimane sta costantemente raggiungendo le fasi calde dei tornei WTA e l’abitudine a giocare contro atlete di vertice può permetterle di trovare la convinzione necessaria per spingere sempre i suoi colpi durante l’incontro e non dare il proprio meglio solo quando si trova, nelle partite conclusive degli eventi, sotto nel punteggio, come dimostrano invece le finali perse di Sydney e Dubai.

Madison KeysInsieme alle due giocatrici appena analizzate, non si può certo dimenticare Madison Keys, fresca di ventesimo compleanno, di ingresso in Top 20 e di prima semifinale Slam in Australia. Rispetto alle altre tenniste citate è più giovane (è classe 1995) ma è probabilmente quella che impressiona maggiormente: i suoi colpi da fondo non sono solo potenti e piatti come quelli di Pliskova e Muguruza, ma sono dotati di un certo spin che spinge le avversarie ben fuori dal campo e rende difficile la gestione dei colpi da parte delle altre tenniste. Anche il servizio, sia come potenza che come direzioni, è ottimo e la mobilità sta migliorando, così come la tenuta mentale: l’abitudine a giocare match importanti come quelli disputati in Australia o in occasione della splendida cavalcata di Eastbourne, luogo del suo primo e fino ad ora unico titolo WTA, e l’affascinante collaborazione con Lindsay Davenport, tennista a lei molto simile in termini di gioco, fisico e “rumore” che scaturisce dalla racchetta in seguito all’esecuzione del colpo, sembrano essere la chiave per il raggiungimento degli obiettivi non banali da lei prefissati.

Inoltre vanno ricordate giocatrici come Caroline Garcia, talento francese su cui tutti gli appassionati transalpini ripongono le proprie speranze, e Camila Giorgi, giocatrici per certi versi simili e che sembrano rappresentare autentiche mine vaganti in ogni torneo a cui prendono parte, ma che allo stesso tempo vengono spesso accusate di essere dei bluff e di non riuscire a portare a casa quelle vittorie che i loro fan si augurano da tempo. Insieme a queste tenniste si possono citare Elina Svitolina e Zarina Diyas, che però sembrano destinate a raggiungere picchi meno elevati delle altre giocatrici oggetto della nostra analisi; lo stesso discorso vale per atlete come Monica Puig, Heather Watson, Sloane Stephens e Ajla Tomljanovic, che risultano piuttosto altalenanti (la statunitense in particolare) o non ancora in grado di trovare la continuità necessaria per raggiungere livelli ancora superiori a quelli occupati oggi o nel recente passato.

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