WTA – Finalmente, Ashleigh Barty!


Oggi, lunedì 6 marzo, Ashleigh Barty farà il suo ingresso tra le top 100 WTA per la prima volta in carriera. Classe 1996, dopo il primo alloro a livello WTA raccolto a Kuala Lumpur la scorsa settimana la sua classifica passerà da 3 a 2 cifre portandola dall’attuale numero 158 fino alla 92esima posizione del ranking. All’apparenza, vista la giovane età della tennista, questa news non sembra essere così sconvolgente o di particolar richiamo; gli intenditori di tennis e coloro che seguono le carriere di giovani talenti fin dai tornei juniores però non possono, nella finale del torneo International della Malesia, non aver fatto il tifo per la talentuosa giocatrice australiana, mai oltre i quarti WTA prima di venerdì e mai entrata davvero nel tennis che conta per quanto riguarda il ranking di singolare. I suoi tifosi, australiani e non, gli amanti del tennis tutto campo e chiunque sia rimasto folgorato dal talento naturale della 21enne di Ipswich (città dello stato australiano del Queensland) avranno sicuramente tirato un sospiro di sollievo quando si sono resi conto che finalmente la Barty è riuscita ad alzare un trofeo WTA e a raggiungere posizioni del ranking tali da permetterle di disputare in tabellone i prossimi Slam, senza più dover ricorrere alle (tante) wild-card attribuitele nel corso delle passate stagioni. Che si sia trattato (o si tratti, perché la talentuosa australiana è ancora ben lontana dalle posizioni del ranking che contano e che si pensava potesse raggiungere con agio da ormai diverse stagioni) dell’ennesimo caso di tennista molto promettente a livello junior, ma che a causa delle tante pressioni non ha saputo crescere e maturare nel miglior modo possibile? La storia e la personalità di Ashleigh non sono banali e quindi, al fine di dare una risposta completa e il più possibile esaustiva a questa domanda solo in apparenza semplice, occorre dare un’occhiata al trascorso sportivo, non solo tennistico, della Barty.
Nel 2011 la giovane australiana, appena 15enne, si aggiudicò la prova junior di Wimbledon superando in una finale molto lottata la favorita Khromacheva, da domani esattamente una posizione indietro rispetto alla Barty nel ranking. Più che il risultato in sé, sorprese la facilità del gioco di Ashleigh: pochi fronzoli, molta sostanza, pochi punti deboli ma allo stesso tempo la necessità di crescere in ogni aspetto del gioco per ottenere il meglio dal suo tennis a tutto campo, provando a compensare un fisico non troppo longilineo. In qualità di australiana, Paese da sempre alla ricerca di talenti in grado di (ri)portare la terra dei canguri nell’élite del tennis, ha fin dalla stagione successiva ricevuto parecchie wild-card, specialmente per tornei dello Slam, funzionali a far salire in fretta il suo ranking e a permetterle di cimentarsi in palcoscenici di assoluto prestigio che fino ad allora aveva conosciuto solamente attraverso l’attività juniores. Ad un’età in cui avrebbe potuto ancora tranquillamente dedicarsi all’attività junior, Ashleigh nel 2012 ha avuto l’onore e l’onere di prendere parte a diversi tornei importantissimi grazie a wild-card che la federazione australiana è riuscita a garantirle: a Melbourne, dopo essersi guadagnata sul campo l’invito in qualità di vincitrice dei wild-card playoff, si è arresa al primo turno alla non trascendentale Tatishvili, mentre a Parigi la campionessa in carica di Wimbledon e futura semifinalista del Roland Garros Kvitova le ha lasciato appena tre game nel suo primo match sulla terra parigina. A Wimbledon un’altra giocatrice di assoluto talento, la nostra Roberta Vinci, le ha sbarrato la strada al suo esordio da professionista ai Championships, ma grazie all’attività ITF Ashleigh è riuscita, ottenendo tanti buoni piazzamenti sia su erba, sia su cemento, ad arrivare in pianta stabile tra le prime 200 del mondo ad appena 16 anni. La sua crescita sembrava forse meno rapida del previsto, ma costante e pareva che da un momento all’altro la stelline di Ipswich sarebbe esplosa: il 2013 però l’ha vista chiudere solamente circa 30 posizioni  più avanti nel ranking di fine anno rispetto all’annata precedente, nonostante il primo quarto WTA ottenuto proprio a Kuala Lumpur e la prima vittoria Slam a Parigi contro la Hradecka, bissata a New York con il successo sulla modesta Cabeza Candela. Se però in singolare la carriera della Barty non sembrava decollare così velocemente come molti si aspettavano, in doppio la giocatrice australiana è riuscita a raggiungere risultati strabilianti in coppia con la connazionale Dellacqua: finale casalinga a Melbourne (da wild- card si sono arrampicate fino all’ultimo atto arrendendosi alle nostre Errani e Vinci), a Wimbledon (sconfitta contro il duo Peng-Hsieh) e Us Open (ultimo atto in cui si arrese, sempre in coppia con la Dellacqua, alle sempre pericolose Hlavackova e Hradecka). Un best ranking di 12esima giocatrice del mondo di specialità ad appena 17 anni rappresentavano il chiaro segnale che la Barty non era ancora pronta a raggiungere risultati del genere in singolare, ma la sua crescita era evidente e il suo gioco le permetteva di ben destreggiarsi in entrambe le discipline, fatto non scontato per le giovani tenniste di oggi. Il 2014 è iniziato sulla falsariga dell’annata precedente: pessimo sorteggio a Melbourne (nel 2013 sconfitta al primo turno da Cibulkova, nel 2014 da Serena Williams) e tante qualificazioni da disputare per accedere ai main draw WTA, senza riuscire a superarle con frequenza troppo alta. Nel 2014, dopo aver superato i tre turni di “quali” agli Us Open si è subito arresa nettamente alla Strycova, sconfitta che l’ha portata a decidere di prendersi una pausa di durata indefinita dal tennis. Inizialmente è sembrato essere uno stop solo momentaneo dovuto alla frustrazione per risultati buoni per una tennista così giovane ma non all’altezza delle sue ambizioni e delle sue aspettative; col passare del tempo si è però capito che la scelta della Barty non concerneva solo il breve periodo, ma avrebbe portato Ashleigh ad interrompere totalmente l’attività professionistica per quanto riguardava il mondo del tennis. Molte sono state le ipotesi che sono state avanzate relativamente alla sua scelta: c’era chi banalmente puntava il dito sulla federazione del suo Paese, l’Australia, rea di averla ricoperta di eccessive pressioni (in termini di wild-card assegnate e non solo) invece di concentrarsi su una sua crescita più lenta ma costruttiva, chi pensava fossero motivazioni più intime a non averle permesso di vivere la sua quotidianità nel modo più sereno possibile, chi credeva che uno sport individuale come il tennis potesse essersi rivelato una scelta non congeniale alla personalità fine e complessa della talentuosa tennista del Queensland. La verità probabilmente è un mix di tutte queste ed altre ipotesi, ma rimane il fatto che la scelta compiuta dalla Barty per quanto riguarda la sua stagione 2015 ha sorpreso tutti: la giovane australiana ha infatti annunciato la volontà di dedicarsi a tempo pieno ad un altro sport assai popolare nel suo Paese natale, il cricket, allenandosi e giocando per due squadre della WBBL (Women’s Big Bash League) australiana. La tennista aussie ha dimostrato durante la sua stagione nel mondo del cricket tutto il suo amore per lo sport, ben destreggiandosi nei vari match a cui ha preso parte, integrandosi perfettamente con le compagne di squadra e sottolineando in più occasioni come amasse il fatto di poter condividere con colleghe bei momenti on e off court, trattandosi questa disciplina di uno sport di squadra, a differenza del tennis. E’ stato però proprio un evento legato ad uno dei pochi casi in cui il tennis diventa sport di squadra a convincere la Barty a tornare a dedicarsi full time al mondo del tennis: un barbecue a casa della sua inseparabile compagna di doppio Casey Dellacqua, giocatrice che non è stata e non è per Ashleigh solo una collega, ma anche una sorta di seconda mamma e di confidente, le ha permesso di confrontarsi con una giocatrice in grossa difficoltà fisica (la caduta a Pechino in doppio nel 2015 ha compromesso quasi interamente la stagione successiva), ma in grado di comprendere tutte le ragioni, le ambizioni e preoccupazioni di una giocatrice dalla personalità non banale e complicata e dal talento cristallino. Asheligh deve aver capito che, per quanto adatta ad eccellere in varie discipline, il tennis rappresentava senza ombra di dubbio quella nella quale avrebbe avuto le maggiori possibilità di diventare una delle migliori del mondo e così, salutato il mondo del cricket e le sue adorate compagne, è tornata a dedicarsi anima e corpo allo sport della racchetta. Pochi tornei ma tanta qualità negli allenamenti e in partita le hanno permesso di riacquistare una classifica dignitosa cominciando a disputare tornei nel 2016 solo a partire dalla stagione su erba: subito semifinale nel ricco ITF di Eastbourne nel primo torneo dal rientro, quarti nel WTA di Nottingham, in cui si è arresa in due tie-break alla futura vincitrice Karolina Pliskova e quarti nel 125k $ di Taipei sono i risultati che le hanno permesso di tornare ad avvicinare le prime 300 del mondo con appena 4 tornei disputati (ai tre elencati si aggiunge il secondo turno di qualificazione a Wimbledon). Con pochissimi punti da difendere nella stagione 2017 (nessuno fino a giugno, pochi dai Championships in poi), la Barty è stata fino ad ora protagonista di una stagione convincente grazie al secondo turno di Brisbane, sconfitta in tre set con onore dall’allora numero 1 Kerber, prima vittoria nello Slam di casa agli Australian Open contro la Beck (vittoria bissata al turno dopo contro la Rogers prima di arrendersi al terzo turno ad un’altragiocatrice desaparecida
ma ora in netta ripresa, Mona Barthel) e appunto la vittoria a Kuala Lumpur.
Nel torneo della Malesia è partita dalla qualficazioni superando la thainlandese Wongteanchai e la rediviva Urszula Radwanska, qualificandosi così per un main draw onestamente di basso livello per un WTA International. Tre sole “stelle” al via – Svitolina, Suarez Navarro e Garcia – ma tutte eliminate nei primi due turni (la prima per ritiro dopo un mese decisamente soddisfacente che l’ha vista portare a casa due titoli, di cui quello prestigioso di Dubai, ed entrare per la prima volta in top 10) e la Peng messa fuori causa al secondo turno per infortunio hanno fatto sì che il torneo malese vedesse disputarsi incontri spesso tra giocatrici entrambe al di fuori dalle prime 100 del mondo e quasi delle debuttanti a certi livelli. Il poco pubblico spettatore non ha contribuito a rendere indimenticabile la settimana del torneo di Kuala Lumpur, che si è illuminata solo grazie al talento cristallino dell’ormai quasi 21enne Barty. Superata all’esordio la non banale Falconi, ha seccamente eliminato al secondo turno la buona doppista e discreta singolarista Kato, autrice all’esordio dell’eliminazione di una Suarez Navarro al rientro dall’infortunio alla spalla. Ai quarti la Barty ha regolato Kai-Lin Zhang in due set, raggiungendo così la prima semifinale WTA in carriera, nella quale ha disposto con qualche patema solo nel secondo set di un’altra cinese in ascesa, la Han. In una finale spezzata in due dalla pioggia, la Barty ha subito preso il largo contro la ormai fissa top 100 (se non di più) giapponese Hibino, alla terza finale WTA in carriera dopo il trionfo a Tashkent nel 2015 e la finale nello stesso torneo l’anno successivo. L’australiana non è assolutamente parsa intimorita dalla situazione: alla prima finale WTA ha brekkato la Hibino nel primo game di servizio e non ha mai perso il suo, riuscendo a fare sempre gara di testa e a resistere quando la giapponese ha provato a farsi più insidiosa con il rovescio lungolinea nel secondo set. Nonostante qualche occasione di troppo sprecata in risposta, aspetto del suo gioco sul quale dovrà ancora lavorare per provare a scalare ulteriormente il ranking, la Barty ha tenuto agevolmente l’ultimo turno di servizio a zero chiudendo con un ace “sporco” ed esultando per il suo primo alloro WTA. Non paga di questo risultato, pochi minuti dopo è scesa in campo con la sua grande amica Dellacqua per la finale di doppio, match anche questo vinto contro la specialista Melichar e la giapponese Ninomiya.
Nel giro di poco più di 9 mesi la Barty è quindi passata dal non avere un ranking WTA a portare a casa due titoli del circuito maggiore nella stessa giornata, di cui il primo in singolare (per quanto riguarda il doppio si tratta invece del terzo alloro), che la proietta appunto tra le prime 100 giocatrici del mondo di specialità per la prima volta in carriera. Il suo dritto naturale, cui con riesce sia a non perdere troppo campo quando attaccata sia a trovare ottimi angoli ed accelerazioni durante il palleggio, il solido rovescio, forse non all’altezza dello splendido dritto ma sicuramente non una debolezza nel suo arsenale, un servizio ottimo se considerata l’altezza (dispone di una prima decisamente solida e riesce a giocare sempre seconde cariche e che le permettono di non farsi aggredire troppo dalle risposte delle giocatrici più potenti), la sua mano delicata, che sfoggia sia quando deve giocare colpi al volo sia palle corte e soprattutto il fatto di essere una giocatrice in grado di mettere in mostra un gioco a tutto campo non possono non rappresentare fondamenta solide per provare a raggiungere trionfi ancora più “pesanti” e posizioni del ranking ancora più interessanti. Se riuscirà a dimostrare in campo quella forza mentale che la sta accompagnando nel corso di questa stagione e che sembra in parte essere figlia della sua esperienza nel cricket, a non farsi aggredire troppo dalle giocatrici più potenti ed alte di lei e ad esprimere senza troppe pressioni tutto il suo talento, risultati più prestigiosi sembrano essere assolutamente alla sua portata. In fin dei conti ha la stessa età di giovani rampanti come Siniakova, Dodin, Chirico e Vekic ed il tempo è senza dubbio dalla sua parte; poco importa se ci sono tenniste di due o tre anni più giovani di lei che le sono comunque davanti nel ranking: Ashleigh ha sicuramente imparato che ciò che conta di più, nel tennis e nello sport in generale, è crescere e maturare nel modo più sano possibile, comprendendo appieno quello che si sta facendo sul campo e fuori. Non sappiamo se sarà la nuova Stosur, ma quello che è certo è che Ashleigh è finalmente arrivata laddove tutti si aspettavano sarebbe prima o poi arrivata e c’è da scommettere che Kuala Lumpur non rimarrà l’highlight più rilevante della sua carriera in singolare.

Leggi anche: