Murray-Djokovic: la resa Finale


di Enrico Carrossino
Iniziamo con una polemica giornalisticamente doverosa: a 24 ore dalla finalissima dello slam d’apertura della stagione tennistica molti sono i dubbi e le polemiche sulla scelta di non compattare le semifinali nella stessa giornata, il che dà a Nole Djokovic un giorno in più rispetto all’avversario della top half Andy Murray per recuperare fisicamente dalla partita precedente. E’ ingiusto privilegiare le tv a scapito delle pari opportunità di giocarsi la partita più prestigiosa dell’anno insieme alla finale di Wimbledon, Parigi e New York (che peraltro ha gli stessi problemi) e bisogna porvi rimedio, onde evitare turbamenti nei sorteggi e nell’essenza stessa del tennis, uno sport per antonomasia basato sulla meritocrazia senza tutti i veleni che intossicano costantemente il calcio e la formula 1, citando solo gli sport più seguiti in Italia.
Tuttavia, al di là di quest’anomalia tutta australo-statunitense, i tifosi ma sopratutto gli appassionati di questo bellissimo sport che, come tutti, tifano questo e quello ma plaudendo sempre alle vittorie contro il proprio beniamino (salvo eccezioni molto rare) sono tutti in fibrillazione per un match che nonostante l’inequità illustrata nel nostro excursus d’apertura è sicuramente il più incerto degli slam dall’Australian Open del 2008. Perchè se Novak Djokovic ha avuto un giorno in più di riposo per recuperare fisicamente ha contro la sbornia del grande successo in 3 set sul campione uscente Roger Federer, e volendo essere molto pignoli pure quella della Coppa Davis in dicembre, la realizzazione del sogno di una vita del numero 3 del ranking che si avverò in quel di Belgrado con lui protagonista assoluto. Come diceva Alberto Tomba in una delle sue rare perle di saggezza (nonchè di decente espressività linguistica) non è tanto difficile vincere quanto rivincere proprio per la difficoltà della combinazione tra raggiungere il top e rimanerci senza perdere il focus sul proprio sport a causa degli eventi mediatici che si fanno fittissimi se non invadenti.
Ma ciò al momento non sembra essersi dimostrato un problema per il 23enne della capitale serba: intanto perchè di per sè la finale slam è un gran risultato per chiunque, ancor di più se andiamo a vedere il percorso del campione Davis in carica, nonchè già vincitore dello slam australiano nel 2008 (vincendo anche allora la semifinale con Federer). Dopo aver superato in scioltezza al primo turno Granollers ha ceduto un set nel derby balcanico con Dodig, evento che non s’è più ripetuto: vittoria in tre su Almagro, Berdych e sopratutto sul campione in carica dimostrando una continuità e una solidità non comuni, degne del giocatore che due anni fa si candidava come lo sfidante numero uno al duopolio che ha lasciato solo qualche Masters qua e là e tre slam negli ultimi cinque anni. Gran quantità di prime palle, straordinario rendimento nei punti chiave, rovescio sia in cross sia lungolinea magistrale e la solita gran difesa e agonisticità intrinseca del giocatore l’hanno portato fin qui senza mai rischiare realmente di uscire.
Rischio che invece ha corso Andy Murray, lo sfidante che domani cercherà di entrare definitivamente nella leggenda del tennis e sopratutto del firmamento sportivo britannico. In Gran Bretagna infatti il tennis è molto seguito e, sopratutto, è nato lì verso la metà del XIX secolo, ma l’era open non ha mai visto un giocatore britannico in grado di vincere un major. Murray nel 2008 è stato il primo a riportare la sua nazione in finale agli US Open ripetendo l’impresa in Australia l’anno passato e quello in corso. Anche stavolta partirà da underdog (ovvero da sfavorito) nonostante avere davanti Djokovic sia in ogni caso sempre meglio di Federer (sopratutto psicologicamente dopo la sconfitta bruciante dell’anno scorso), un po’ perchè le 4 ore in campo con Ferrer stancherebbero pure Mandrake ma soprattutto per il pessimo gioco mostrato: quintali di errori sia di diritto che di rovescio, il suo fondamentale migliore, prime palle quasi inesistenti con bassissima percentuale di conversione di seconde, gioco da fondocampo che non riusciva ed errori pure a rete, dove lo si vede poco ma praticamente mai sbagliando. Insomma, se aggiungiamo che Ferrer ha tenuto per i primi due set un ritmo incredibile chiunque, se non un fenomeno, avrebbe perso.
E qui vengono i lati positivi del campione che pure nelle giornate stortissime riesce a fare il risultato: dopo essere stato controbreakkato ha perso il primo set e ha dovuto annullare un set point pure nel secondo dove ha vinto al tie break. Quindi vittoria nel terzo in scioltezza prima di farsi rimontare ancora da 2-0 30-40 a favore da uno che non ne aveva più e soffrire fino al tie break, dove ha vinto ancora chiudendo la partita al quarto. Ed è un peccato aver perso cosi tanto tempo ed energie in una partita che poteva tranquillamente avere uno svolgimento simile al doppio 6-2 del round robin alla O2 Arena in novembre, in virtù anche dello straordinario rendimento avuto nei precedenti cinque turni: dopo aver vinto abbastanza facilmente su Beck all’esordio grazie anche al ritiro dello slovacco che gli regala cosi un terzo set dove stava faticando se non soffrendo, Murray ha battuto in controllo Marchenko, Garcia Lopez, Melzer e quindi Dolgopolov, stavolta lasciando un set ma con una partita che è ben lontana dal rendimento avuto venerdì. Perchè fino ai quarti compresi ha sempre messo in mostra tutto il meglio del suo repertorio: difesa, solidità, gran servizio, ottimo rovescio e soprattutto un dritto devastante, mai cosi efficace negli ultimi tempi, il tutto corredato da una continuità che è sempre stata il suo tallone d’achille e che proprio dopo il primo break è venuta meno nella semifinale.
In definitiva il pronostico è aperto a qualunque risultato: Murray non soffre molto le lunghissime distanze e fisicamente dovrebbe tenere senza troppi patemi: se gioca come fino alla gara con Dolgopolov può farcela anche in tre set, ma se si confermassero i cedimenti dimostrati contro lo spagnolo con Djokovic sarebbe praticamente impossibile vincere anche un solo set, specie se cosi in forma. Ma lo scozzese è molto più completo e più forte tecnicamente sotto ogni punto di vista, in particolare l’abilità a rete, per cui se saprà sfruttare le sue qualità Murray è favorito. Djokovic è meno forte ma più continuo, e la partita sarà decisa da questo aspetto, appunto la continuità, il cancro del tennis del british e il punto forte del serbo. Ma si sa, ogni partita fa storia a sè e potrebbe succedere di tutto.

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