Astrid Besser: “Oggi vivo in Germania e insegno ai bambini”

Astrid Besser
(Astrid Besser in una delle ultime apparizioni ufficiali)

di Alessandro Nizegorodcew

Astrid Besser colpiva la palla in maniera divina. Buon servizio, diritto e rovescio potentissimi, una toscana tennisticamente russa che, se in giornata, era quasi impossibile da contrastare. Una serie di gravi infortuni, qualche scelta sbagliata e l’inevitabile pressione che colpisce chi pare una predestinata non le hanno permesso di raggiungere il gotha del tennis. Dopo una splendente carriera a livello giovanile sin da piccolissima, Astrid ha raggiunto la posizione numero 49 della classifica Itf under 18, superando in quegli anni tenniste quali Radwanska, Knapp, Rus, Cibulkova, Glatch e Birnerova.

Padre-allenatore tedesco e madre venezuelana, Astrid Besser è nata a Quarrata il 1 settembre 1989. Il tennis ha iniziato a far parte della sua vita a molto presto. “Ho cominciato a 5 anni grazie a mio padre – ha raccontato a Spazio Tennis – Mi è sempre piaciuto molto giocare e girare per partecipare ai tornei, ma direi che ho cominciato a fare le cose seriamente a 11 anni. Da allora è diventato praticamente un lavoro”.

Astrid BesserI tornei giovanili a livello nazionale e internazionale vanno a gonfie vele. “Ho un ottimo ricordo dei tornei junior. Mi sono tolta diverse soddisfazioni e ho imparato molto sia a livello tennistico che non“. Il passaggio al professionismo non è particolarmente traumatico: a 16 anni supera con regolarità le qualificazioni nei 25.000$ e 50.000$ e a 17 appena compiuti arriva il primo titolo Itf in quel di Ismaning, sull’amato veloce indoor, battendo in semifinale Jelena Dokic. Una serie infinita di infortuni ne minano il percorso e il secondo alloro giunge solamente nel 2008 al circolo Real di Roma. “Ma non ho mai saputo gestire al meglio i match – ha raccontato ancora la Besser – era questa la mia più grande mancanza. Riuscivo però ad esprimermi meglio nei tornei più «alti», con avversarie che tiravano forte, piuttosto che nei 10.000$ dove facevo più confusione“.

Nel maggio del 2008 arriva probabilmente il migliore risultato in carriera: i quarti di finale, partendo dalle qualificazioni, nel 100.000+H di Cagnes-Sur-Mer, un torneo che vedendo il campo di partecipazione poteva valere tranquillamente un 125K Series odierno. Qualche acuto estemporaneo in qualificazioni Wta (vittoria contro Shvedova 6-2 6-2 a Strasburgo) e poco altro, prima delle difficile decisione di ritirarsi dall’attività professionistica. L’ultima apparizione risale al 2010, proprio a Cagnes-Sur-Mer, che vede sconfitta l’allora ventenne Besser nelle «quali». “Mi sarebbe piaciuto davvero continuare, ma non era possibile per via dei problemi fisici. Mi sono curata a Monaco di Baviera, città nella quale ho poi deciso di vivere e lavorare“. Astrid, però, del tennis non può comunque a fare a meno e oggi gestisce insieme ad altri due maestri ben 4 circoli bavaresi con un’utenza di quasi 500 bambini. “Mi piace da morire lavorare insieme ai bambini, vedere quanto velocemente riescono ad apprendere, come si divertono, l’impegno che ci mettono. Ogni tanto mi manca il tennis giocato, mi manca la competizione e vivere certi momenti degli incontri. Il tennis mi ha dato tanto, tra gioie, dolori e una grande pressione che ho sentito in alcuni momenti della mia carriera, ma ora ho iniziato una nuova vita e non sento il bisogno del campo“. Il tennis regala, il tennis toglie, come conferma Astrid nella sua chiosa. “Se avessi saputo che avrei smesso così presto, probabilmente mi sare goduta maggiormente quegli anni“.

La ricerca della felicità a volte passa per il tennis, a volte no. Troppo spesso consideriamo questi atleti alla stregua di una squadra di robots, come fossero tutto fuorché umani. “Chissà dove sarebbe potuto arrivare Tizio?”, “Se Caio non avesse avuto quei cali mentali oggi sarebbe numero 10 del mondo”. Queste frasi possono anche avere senso, essere reali, ma la verità è che ognuno ha diritto di cercare la propria strada. E il fatto che non abbiano raggiunto i traguardi sperati non vuol dire che abbiano fallito, ma semplicemente che alla vita hanno chiesto altro. Oggi Astrid Besser è serena, vive la propria nuova realtà e, in un modo o nell’altro, il tennis non la abbandonerà mai. E forse, andando a dormire, ogni tanto ripenserà a quel match point fallito o a quella coppa alzata, giovanissima, in quel freddo campo centrale di Ismaning. E si ritroverà a pensare che, in fin dei conti, il tennis lo amerà per sempre.

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