INTERVISTA – Lorenzo Carboni: “Ammiro Sinner, mi piace come ragiona”

Durante la 29esima edizione del Challenger Roma Garden abbiamo avuto il piacere di scambiare due parole con Lorenzo Carboni, talento classe 2006 tra i più promettenti del panorama italiano. Un ragazzo che, dietro i risultati e i progressi in campo, nasconde una storia fatta di scelte forti e sacrifici veri. La più grande l’ha presa a soli 13 anni e mezzo, quando ha lasciato la sua Alghero per trasferirsi al Piatti Tennis Center di Bordighera. Un salto importante, lontano dalla famiglia, dagli amici, dalle abitudini quotidiane. Un passo che lo ha fatto crescere in fretta sia come giocatore che come persona. In questa chiacchierata Lorenzo si è raccontato con sincerità, parlando del rapporto speciale con la sua famiglia, del legame profondo con gli amici rimasti in Sardegna, delle emozioni vissute in campo e della voglia di costruirsi un futuro nel tennis, un passo alla volta. Una voglia che nel 2025 ha già portato al primo titolo da professionista, conquistato nel 15.000 di Monastir, e che si riflette in un approccio lucido, maturo, sempre rivolto all’obiettivo: trovare quella continuità che gli permetta di affermarsi stabilmente nel circuito Challenger. Con i piedi per terra, ma la testa già proiettata ai prossimi traguardi. Al Garden, intanto, seguito dall’ex Top 100 ATP Luca Vanni, ha dimostrato di poter giocare a questo livello (vittoria con Ajdukovic e sconfitta in lotta contro Maestrelli).

Quando hai iniziato a giocare a tennis?
“La prima volta che ho preso una racchetta in mano avevo tre anni e mezzo circa. È partito tutto da una giornata in spiaggia con mio padre, gli ho chiesto di giocare a racchettoni, e lui si è reso conto che riuscivo a colpire la palla e da lì ha deciso di portarmi a provare a giocare a tennis”.

Fino a dieci anni hai praticato anche calcio, com’è andata la scelta tra i due sport?
“Mi piaceva di più il tennis, è stata una decisione abbastanza semplice, non ci ho dovuto ragionare troppo”.

Da ragazzino hai ottenuto bei risultati come la finale al Lemon Bowl e la semifinale alla Coppa Lambertenghi. Ti ricordi e che valore hanno avuto per te quelle settimane?
“Ero piccolo quindi all’inizio non gli ho dato tanta importanza, però ricordo quei momenti con tanta felicità. Soprattutto mi hanno trasmesso tanta carica a continuare a giocare”.

Lorenzo Carboni al Lemon Bowl 2019 - Foto Lemon Bowl
Lorenzo Carboni al Lemon Bowl 2019 – Foto Lemon Bowl

Da quando hai cominciato ad allenarti con un po’ più di serietà e a credere che potessi diventare qualcosa di più serio?
“A tredici anni. Ho fatto una scelta importante di andare via dalla Sardegna e di iniziare il mio percorso professionistico, nell’Accademia del Piatti Tennis Center a Bordighera. Da quel momento fino ad adesso sto facendo questo percorso importante che spero possa portarmi più lontano possibile”. 

Che impatto ha avuto su di te questa scelta, e quanto è stato difficile anche lasciare casa?
“Sì, la cosa più difficile è stata lasciare la quotidianità di casa, tutti i miei amici, la mia famiglia. Soprattutto all’inizio è stato complicato, perché comunque a tredici anni ero piccolo. Il primo anno è stato il più complesso poiché percepivo di più la mancanza da casa. Dal secondo in poi è andato sempre meglio. Ciò che mi dava più forza era la voglia di raggiungere il mio obiettivo di diventare un giocatore professionista”.

Cosa ti ha dato, ma anche cosa ti ha tolto un’esperienza così importante lontano da casa?
“Sicuramente mi ha tolto tante abitudini quotidiane dei miei coetanei; il modo in cui si divertono, la frequenza con cui passano del tempo insieme. Però mi ha dato la possibilità di vivere un’esperienza nuova che mi permette di viaggiare in tutto il mondo, di conoscere culture diverse, come pensano e vivono le persone di altri paesi”.

L’anno scorso hai raggiunto la semifinale del Roland Garros Junior, che sensazioni si provano in uno Slam?
“È stata un’emozione bellissima. Nel match di primo turno sono andato sotto 0-6, ero molto teso e agitato, poi per fortuna mi sono sbloccato e tutto è andato per il verso giusto. In quella settimana giocavo bene, sentivo le giuste vibes. Sicuramente sarà una di quelle settimane che ricorderò per sempre”.

In questi primi mesi di 2025 hai fatto una finale e poi hai alzato il primo titolo da professionista al 15.000 di Monastir, che emozione è stata?
“È stata un’emozione bellissima, appena finito il match ho chiamato la mia famiglia, i miei amici, volevo condividere un momento così felice  con le persone che mi supportano ogni giorno. Era da un po’ che ci andavo vicino, avevo già disputato diverse finali, ero molto carico prima della partita, volevo vincere, e per fortuna è andata bene”.

Cosa significa per te vestire la maglia azzurra?
“Giocare per la Nazionale per me è molto importante, la vivo come una grande esperienza. Ti fa spingere il triplo, ti porta degli stimoli che normalmente non si vivono”.

Lorenzo Carboni - Foto Nizegorodcew
Lorenzo Carboni – Foto Nizegorodcew

Il tuo rovescio e la velocità in campo sono due punti di forza: tecnicamente su cosa stai lavorando in questo periodo?
“Sto lavorando molto sul servizio e sul dritto che sono i colpi con cui faccio più fatica, e per ora sta andando bene, nelle partite si vedono i risultati e ne sono molto felice”.

A livello mentale invece su cosa vi state concentrando maggiormente?
“Sto facendo un percorso con una mental coach a Bordighera, stiamo lavorando sul non pensare al singolo errore, ma di concentrarci sulle scelte corrette da fare in campo, per non spendere energie in cose futili”.

Com’è la tua giornata tipo a Bordighera, tra allenamenti, riposo e momenti liberi?
“L’allenamento mi prende dalle 5/6 ore al giorno. Nei momenti liberi cerco di stare con i miei compagni di allenamento, e passare del tempo con loro”.

Giochi per il Circolo Tennis Forte dei Marmi da quando hai 14 anni, cosa ti piace della competizione a squadre?
“La competizione a squadre in generale mi piace molto, il tifo che c’è, le persone che vengono a vederti e sostenerti, i tuoi compagni di squadra che ti supportano ogni punto: sono tutte caratteristiche che mi danno molta carica”.

La Federazione sta investendo molto nei giovani, tu fai pienamente parte di questi progetti. Cosa puoi dire al riguardo?
“Sono molto contento e orgoglioso che mi vedano come un ragazzo che può emergere, sono grato per le opportunità che mi stanno dando, tra cui giocare tornei come questo del Garden dove non riuscirei ad entrare con la mia classifica. Giocare questi tornei mi aiuta ad alzare il livello e migliorare”.

Ci sono ragazzi della tua generazione con cui hai legato di più, con cui condividi più cose dentro, ma anche fuori dal campo?
“Ho un bel rapporto con tutti i miei colleghi, ci conosciamo bene, passiamo tanto tempo insieme durante il circuito. Anche se non ho un amico con cui condivido più cose, tutti i miei migliori amici li ho a casa mia in Sardegna”.

In un periodo del tennis italiano così importante, quanto sono d’ispirazione i giocatori italiani che sono così in alto in classifica?
“Dal lato mentale mi piace prendere come esempio Sinner: mi piace come ragiona e il focus che ha su ogni aspetto in campo. Musetti ha un talento immenso, sono attratto dalla facilità con cui colpisce la palla. In generale avere tanti italiani così su in classifica è molto stimolante, e ti fa spingere ogni giorno di più per arrivare al loro livello”.

Che ruolo ha avuto ma anche ha la tua famiglia nella tua crescita, sia come atleta ma soprattutto come persona?
“Li metto al primo posto: senza di loro niente di tutto questo sarebbe cominciato, né sarebbe potuto andare avanti. Mi hanno sempre sostenuto anche nei momenti più complicati, hanno sempre fatto degli immensi sacrifici per rendermi felice, posso solo che ringraziarli”.

A 19 anni tanti ragazzi stanno a casa, vivono la loro routine, escono con gli amici. Tu invece giri per il mondo a inseguire un sogno. Come vivi tutto questo? Ti manca mai casa?
“Sì, casa e amici spesso mi mancano, anche se ormai ho capito che questo è il mio lavoro. Per arrivare al mio obiettivo sono consapevole che devo lavorare. Quando torno a casa e vivo per qualche giorno la vita “normale” di un ragazzo di 19 anni, da una parte vorrei farlo anche io, ma dall’altra ho maturato che la mia strada è un’altra”.

Fuori dal campo che persona sei?
“Mi reputo una persona semplice, mi trovo bene in compagnia ma a volte anche da solo”.

Fuori dal campo, hai passioni, hobby, qualcosa che ti aiuta a staccare mentalmente quando non sei in campo o in viaggio?
“Sì, mi piace molto il calcio, sono tifoso sfegatato della Juventus, grazie a mio nonno che mi ha contagiato. Amo giocare alla PlayStation, il mio videogioco preferito è senza dubbio Fifa”.

Hai 19 anni e una carriera tutta da vivere. Come immagini Lorenzo Carboni tra 2-3 anni? Qual è il sogno che ti fa venire voglia di allenarti ogni giorno?
“Il mio sogno è quello di arrivare tra i primi 100 giocatori al mondo e giocare il Roland Garros, perché è uno Slam che mi piace molto, è quello in cui, a livello Junior, ho fatto meglio, e in più si gioca sulla mia superficie preferita. Tra 2-3 anni vorrei essere una persona più matura in campo, iniziare a giocare stabilmente i Challenger e le qualificazioni negli Slam”.

Se potessi parlare al Lorenzo bambino, che iniziava a colpire le prime palle ad Alghero che sognava un giorno di competere con i grandi nel tennis professionistico, cosa gli diresti oggi?
“Gli direi di continuare a lavorare ogni giorno con passione e senza abbattersi. Gli alti e bassi fanno parte del cammino, ma l’importante è affrontarli sempre a testa alta, guardando avanti”.

Come sta Lorenzo Carboni oggi in campo ma soprattutto fuori dal campo?
“Sono molto felice di come sto lavorando nel tennis, di come lo sto interpretando anche a livello umano, e penso che sia un aspetto molto importante. Fuori dal campo ho una famiglia che mi sostiene, che fa di tutto per rendermi sempre felice, degli amici speciali che mi chiamano spesso. Sono contentissimo delle situazioni sia dentro che fuori dal campo”.

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