da Tenerife, Lapo Castrichella
Giulio Zeppieri è uno dei talenti più interessanti del tennis italiano. Classe 2001, mancino dal gioco potente e aggressivo, ha mostrato il suo valore fin dalle categorie giovanili, entrando presto nel circuito professionistico. Dopo aver raggiunto il best ranking di numero 110 ATP nel 2024, il suo percorso è stato rallentato da vari infortuni, tra cui l’ultimo – al polso – nel giugno del 2024 che lo ha tenuto fermo per diversi mesi. Ora, però, è pronto a ripartire con nuove ambizioni e tanta voglia di dimostrare il suo valore. In questa intervista, realizzata a Tenerife durante l’ATP Challenger organizzato da MEF Tennis Events, Giulio si racconta a 360 gradi: dagli esordi quasi casuali con la racchetta fino ai tornei del Grand Slam, passando per le difficoltà del recupero fisico e gli obiettivi futuri. Tra aneddoti, riflessioni sul tennis italiano e momenti di leggerezza, emerge il ritratto di un ragazzo determinato, con i piedi per terra, ma consapevole del proprio potenziale.
Come ti sei avvicinato al tennis?
“Tramite la scuola elementare. Potevamo scegliere due sport da praticare il pomeriggio e, casualmente, ho scelto il tennis con alcuni amici. Mi sono trovato bene e alla fine ho continuato. È stato tutto molto casuale”.
Hai avuto modelli o ispirazioni da bambino?
“Quando ero piccolo mi piaceva molto Federer, ma non ho mai avuto un idolo in particolare”.
Quali sono stati i momenti chiave della tua crescita tennistica, dai tornei giovanili al professionismo?
“Uno dei momenti chiave è stato sicuramente il secondo anno under 14. Prima giocavo bene, ma non ero tra i primi in Italia. Poi, in quell’anno, ho iniziato a ottenere risultati importanti, ho disputato molti tornei e ho capito che potevo davvero provarci. Da lì ho deciso di proseguire con gli studi in scuole private per dedicarmi di più al tennis. Quello è stato il momento in cui ho capito che poteva diventare il mio lavoro”.
Nei tornei del Grand Slam hai spesso espresso il tuo miglior tennis, come al Roland Garros e all’Australian Open. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
“Che non devo perdere al quinto set! (ride). Ovviamente sono partite che servono per accumulare esperienza. Pensavo che quella con Norrie mi avrebbe aiutato, invece l’anno scorso con Kokkinakis ho fatto lo stesso errore (perdere al quinto set). Però mi piacciono quelle partite, trovo che il formato 3 su 5 sia più bello. Peccato che si giochi così solo nei quattro Slam. Giocare in quei contesti lascia tanto, anche a livello emotivo. Scendere in campo in grandi stadi è un’esperienza incredibile”.
Hai cambiato diversi allenatori negli ultimi anni. Ora sei alla Horizon Tennis Home di Vicenza: su cosa stai lavorando e in cosa senti di essere migliorato?
“Negli ultimi due anni non ho potuto lavorare molto per via dei problemi fisici. Però credo di essere migliorato nella gestione delle partite, nel modo di affrontarle e leggerle. Ovviamente c’è ancora tanto lavoro da fare, soprattutto ora che devo ritrovare il ritmo dopo un lungo stop. Ma sento che questo può essere un nuovo inizio”.
Anche fisicamente ti senti migliorato?
“Io mi sento migliorato… ma non lo dico, perché ogni volta che lo dico mi faccio male! (ride)”.
Quanto è stato difficile affrontare lo stop per l’infortunio al polso, sia fisicamente che mentalmente?
“Molto. All’inizio è dura, vedi gli altri giocare, la classifica scendere, non è facile. Poi, dopo un’operazione così importante, hai sempre dubbi: tornerò come prima? Sentirò dolore? L’unico modo per scoprirlo è giocare. Quindi ti servono persone vicino che ti aiutino, e devi essere bravo a gestire tutto”.
Durante il lungo stop hai lavorato su qualche aspetto specifico?
“Fisicamente ho lavorato, ma stare fermo 5-6 mesi senza giocare tornei è difficile. Dopo l’operazione ho avuto problemi e sono rimasto fermo un mese e mezzo. Quando ho ripreso a fine settembre ero inguardabile! (ride). Ora fisicamente sto bene, ma l’allenamento è una cosa, la partita è un’altra. La tensione della competizione la recuperi solo giocando”.
Come sta il polso adesso? Come reagisce nei primi match?
“Sta abbastanza bene. Prima di partire per l’Australia ero messo malissimo, poi è migliorato e ora va decisamente meglio. Ogni tanto sento un po’ di fastidio, ma sono soddisfatto”.
Anche paura?
“No, paura no. A volte sento un po’ di bruciore sulla cicatrice, ma niente di preoccupante”.
Ora che l’infortunio è alle spalle, quali sono i tuoi obiettivi a breve e lungo termine?
“L’obiettivo principale è riuscire a giocare un’intera stagione senza infortuni, perché non mi è mai successo. Quindi voglio gestirmi bene, senza esagerare con i tornei. A breve termine volevo soprattutto capire come stavo, e per ora le risposte sono buone. Poi, ovviamente, voglio risalire il più velocemente possibile in classifica, tornare almeno tra i primi 150 del mondo per poter giocare i tornei che mi interessano”.
Il tennis italiano sta vivendo un grande momento. Tu sei sempre stato tra i migliori della tua generazione: come vivi la pressione e le aspettative?
“Nel tennis la pressione c’è sempre, e in Italia ancora di più. Siamo un popolo che tende a mettere molta pressione sui giovani: se a 18 anni non sei numero 100 del mondo, per alcuni sei già scarso! È assurdo, ma è così. Io, però, non mi faccio influenzare. La pressione che sento è più quella che metto su me stesso, perché so di poter fare bene e voglio dimostrarlo”.
Vedendo i risultati dei tuoi coetanei italiani, vi date forza a vicenda?
“Prima ti avrei detto di sì, ma ormai vincono tutte le settimane, quindi diventa difficile! (ride) Ormai c’è sempre un italiano in finale in qualche torneo. Ovviamente sapere che tanti ragazzi stanno facendo bene dà fiducia. A parte Sinner e Musetti, che hanno qualità straordinarie, ci sono tanti giocatori che magari non sono fenomeni assoluti, ma che con il lavoro e la dedizione sono arrivati in Top 30. Questo ti fa capire che, se ci credi e ti impegni al massimo, anche tu puoi arrivarci”.
Fuori dal campo, che persona sei? Quali sono le tue passioni?
“Sono molto tranquillo. Gioco tanto al computer, sono un nerd totale! (ride). Non esco molto, anche perché quando sono per tornei sto sempre fuori; quindi, quando torno a casa preferisco stare con la mia ragazza e rilassarmi”.
Hai un rapporto speciale con qualche collega in particolare?
“Ho un buon rapporto con molti, ma con Flavio (Cobolli) e Giga (Gigante), essendo entrambi romani, ho un legame più stretto”.
Cosa ti trasmettono i risultati di Sinner? Ti danno una spinta in più?
“No, è troppo forte (ride). Fa sembrare facili cose assurde. È difficile ispirarsi a lui, perché gioca un altro sport rispetto a tutti gli altri”.
Se potessi mandare un messaggio al Giulio bambino che sognava di diventare un tennista, cosa gli diresti?
“Di allenarsi di più e fare meno cavolate! (ride) Forse lavorando meglio da piccolo avrei evitato qualche infortunio. Però alla fine ognuno fa il suo percorso e sono contento delle scelte che ho fatto”.
Ultima domanda: come sta Giulio oggi, dentro e fuori dal campo?
“Sto bene, ho tanta voglia di giocare e dimostrare che ci sono ancora. Mi sento carico per fare una grande stagione. Poi, fuori dal campo, ho una bella famiglia, una bella fidanzata, nessun problema economico… se dicessi che sto male, sarei uno stupido! (ride)”.
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