Julian Ocleppo: “Mestre è punto di partenza, il grande sogno è la Coppa Davis”


Spicca un nome fra i numerosi azzurri presenti al torneo Challenger disputatosi a Mestre, dal 22 al 28 maggio. E’ quello di Julian Ocleppo, monegasco di nascita, classe 1997. La soddisfazione per il primo quarto di finale in carriera, l’emozione delle prequalificazioni al Foro Italico, il rapporto con papà Gianni,  la voglia di allenarsi e migliorare sempre, perché no, per vincere la Coppa Davis, il suo sogno più grande. C’è un po’ tutto Julian in questa intervista che ha gentilmente concesso ai nostri microfoni.
Partiamo da Mestre, dove la scorsa settimana hai raggiunto per la prima volta i quarti di finale in un torneo Challenger. Che sensazioni ti ha lasciato questo torneo?
“Mi ha lasciato delle sensazioni molto positive. A dire il vero non mi aspettavo di poter giocare così bene, quindi sono felicissimo.  Sapevo di quanto potesse essere delicato il primo turno, perché un derby nasconde sempre insidie particolari. Aver battuto Andrea Pellegrino (6-1 7-6) mi ha dato molta fiducia e credo di aver giocato ancora meglio con Ilkel, nel turno successivo (6-4 7-6). Con Kolar sono stati due set molto tirati in cui non sono riuscito ad esprimermi al massimo. Resto comunque molto soddisfatto. La strada è quella giusta”.
Facciamo un passo indietro. Quest’anno hai giocato le prequalificazioni agli Internazionali BNL d’Italia. Come esci da questa esperienza?
“E’ stata un’esperienza meravigliosa. Per un tennista azzurro i campi del Foro Italico hanno sempre qualcosa di magico. Purtroppo non ho avuto la possibilità di giocare sul Pietrangeli, come è successo ad altri, quindi non vedo l’ora di dare tutto per riprovarci il prossimo anno. Il primo turno con Gianluca Beghi è stato complicato, anche perché c’è sempre quel minimo di tensione da sciogliere quando si gioca su questi campi. Ho avuto anche le mie opportunità con Viola che però non sono riuscito a sfruttare. Due match point con un giocatore di esperienza come Matteo bruciano molto, ma sono riuscito a metabolizzare bene la sconfitta. Sento che è stata una importante occasione di crescita. Bisogna anche imparare a saper perdere”.
Sei un classe 1997, quindi ancora molto giovane. Spesso, però, le decisioni che si prendono a 20 anni sono le più delicate, ancor di più quando si è uno sportivo. Come ti senti in questo periodo, quello delle grandi decisioni?
“Sto bene, mi sento molto tranquillo. Volendo dare un po’ uno sguardo al passato, forse qualcosa che si poteva fare meglio c’è, anche se credo sia un discorso che valga per ogni ambito della vita. Non mi metto fretta, per questo credo che ogni decisione presa alla fine sia quella giusta. Per crescere e migliorarsi c’è sempre tempo. Fenomeni come Alexander Zverev, che è un mio coetaneo, ne passano uno ogni 20 anni. Ci sono tanti ragazzi in gamba, che si danno da fare. E’ tutto un discorso di maturità, bisogna sapersi gestire e ascoltare i consigli giusti”.
I grandi campioni, anche con i loro rari momenti di appannamento, sono la prova di quanto nel tennis sia importante trovare degli equilibri che vanno oltre il rettangolo di gioco. Che peso hanno le persone che ti circondano sui tuoi risultati?
“Nel nostro sport è la testa che comanda tutto, spesso più delle gambe, più dei colpi. E la testa gira quando tutto intorno le cose vanno bene. Ci deve essere sempre il giusto feeling con le giuste persone, altrimenti i risultati non arrivano. Sento di avere sempre dietro la famiglia che mi aiuta, da mio papà a mio fratello, tutti quanti. L’allenatore e il preparatore atletico mi stimolano in continuazione, cercando di tirar fuori il meglio di me in ogni occasione. Poi spetta a noi giocatori capire chi e cosa e giusto per noi. Per quel che mi riguarda non potrei chiedere di meglio”.
Non posso non farti questa domanda. Quanto e come ha influito papà Gianni sulle tue scelte?
“Tanto, tantissimo. E’ stato lui, quando ero piccolo, a portarmi su un campo da tennis per la prima volta. Ha sempre e comunque lasciato che le cose facessero il loro corso, senza mai forzare troppo la mano. Ho giocato anche a calcio a livello regionale, fino agli 11-12 anni, poi però ho capito che il tennis sarebbe stato la mia strada, e insieme abbiamo deciso di puntare tutto su quello. Fino a qualche anno fa mi seguiva di più, mentre oggi a causa dei numerosi spostamenti che devo fare è diventato sempre più complicato. Ciò non toglie che ci sentiamo spesso e che resta sempre un punto fermo fondamentale per la mia vita”.
Torniamo un po’ “sul campo”. Dove ti stai allenando in questo periodo?
“Ora sono a Bra, al Tennis Club Match Ball, dove si allenano anche Matteo Donati ed Edoardo Eremin. Da qualche tempo mi segue un ragazzo che si chiama Dmitry Morolev, sempre e comunque sotto la supervisione di coach Massimo Puci. Quanto alla parte atletica, invece, mi alleno con Mauro Atencio. Siamo veramente un bel gruppo”.
Dal punto di vista tecnico-tattico stai curando qualche aspetto in particolare?
“Sto lavorando molto sulla solidità e da qualche tempo le cose vanno meglio. Ho l’obiettivo di migliorare molto sull’aggressività, sulla ricerca del punto, anche scendendo a rete. Credo di avere due buoni fondamentali, ma nel tennis moderno non ci si può limitare a resistere. Bisogna attaccare e mettere l’avversario alle corde”.
Hai un giocatore in particolare al quale ti ispiri?
“Fino a qualche tempo fa ti avrei risposto Novak Djokovic, per la sua attitudine, per il modo di stare in campo e per la voglia di vincere. Ora è un po’ meno centrato rispetto al suo periodo d’oro, quando era praticamente impossibile batterlo e questo testimonia quanto sia difficile, una volta raggiunti certi livelli, riuscire a mantenere tesa l’asticella. Ma anche Federer, Murray o Nadal. Sono sempre loro a fare la differenza, ognuno con qualcosa che lo distingue dall’altro e lo rende unico”.
Tempo libero. Cosa ti piace fare quando non sei impegnato sui campi da tennis?
“Eh, di tempo libero non ne ho molto. Sono qui al circolo spesso anche otto o nove ore al giorno, quindi la sera torno a casa stremato. Divano, TV e se c’è modo vedo qualche amico. Seguo molto anche il calcio, spesso insieme al mio compagno di doppio Mirko Cutuli, con cui condivido la passione per l’Inter”.
Quali sono i tuoi programmi per questa parte della stagione?
“La prossima settimana giocherò un torneo Futures a Padova ($15.000). Devo dire che è uno fra i $15.000 di livello più alto fra quelli che io abbia mai visto. C’è una entry list incredibile, con giocatori del calibro di Ramirez Hidalgo e Collarini. Senza dimenticare poi il campionato di Serie B. Tento sempre di fare un programma studiato nei minimi dettagli, anche se concretamente è molto difficile. Infortuni e imprevisti vari sono sempre dietro l’angolo quindi pensare di rispettare tutto è quasi impossibile”.
Il tuo sogno più grande?
“Vincere la Coppa Davis con l’Italia. C’è qualcosa di veramente forte che mi lega ai nostri colori. Ho giocato una volta con la Nazionale under 16 e mi ha lasciato addosso una sensazione meravigliosa. Spero di poterla riprovare il prima possibile”.

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