Riccardo Marcon: “Giocare al Foro è qualcosa di unico”

Riccardo Marcon e Ernests Gulbis
di Daniele Sforza

Riccardo Marcon è un nome che a molti appassionati può dire poco visti i suoi pochi risultati a livello professionistico ma, all’età di 30 anni, si è tolto la soddisfazione di vincere per due anni di fila il torneo di pre qualificazioni per andare al Foro Italico. Inoltre è stato e sarà sparring partner per i giocatori impegnati durante gli Internazionali BNL d’Italia. Emozioni indescrivibili e aneddoti che raccontano la settimana fantastica vissuta e tantissimo altro…

Hai vinto il torneo di pre qualificazioni al C.S. Plebiscito di Padova per partecipare agli Internazionali BNL d’Italia 2015, che settimana è stata? Ti aspettavi questo risultato, bissando quello dello scorso anno?
Sinceramente non me l’aspettavo. Mi sono iscritto al torneo perché era vicino a casa, un po’ come era successo l’anno scorso ed ero senza troppe pretese. Partita dopo partita ho visto che mi sentivo bene, ero in forma fisicamente e arrivato alle fasi finali ho cominciato a crederci di più. Sia la semifinale con Andrea Fava che la finale con Nicola Ghedin sono state due partite molto lottate e ho avuto la meglio proprio dal punto di vista fisico. Nonostante l’età, ma con quel pizzico di serenità e tranquillità in più, sono riuscito a gestire al meglio alcune situazioni. Avevo degli avversari molto ben preparati fisicamente, soprattutto Ghedin in finale, che forse però ha pagato un po’ la tensione, finendo il match con i crampi. Il fatto di aver affrontato il torneo in maniera tranquilla e spensierata mi ha aiutato ad avere la meglio su di lui.

Riccardo MarconChe sensazioni si provano al Foro Italico?
Sicuramente si provano emozioni indescrivibili, l’anno scorso è stata la mia prima partecipazione ed è stata forse l’emozione più grande che io abbia provato dal punto di vista tennistico. Giocare le prequalificazioni sui campi dove giocano i professionisti è stato qualcosa di unico e il pensiero di poter ripetere quest’esperienza è elettrizzante, nonostante manchino 3 settimane sono veramente contento di poter giocare ancora una volta su quei campi li.

Facciamo un passo indietro, sei nato in Austria. Quando ti sei spostato in Italia? Come hai iniziato a giocare a tennis?
Mi sono spostato sin da subito in Italia (ho mamma austriaca e papà italiano), mi sono avvicinato al tennis all’età di 4-5 anni poiché seguivo mio papà che, a sua volta, lo seguiva con passione e lo praticava (era un buon terza categoria). Poi ho iniziato a giocare con lui, all’età di 10-11 anni ho iniziato, forse con un po’ di ritardo, ad affidarmi a dei maestri, infatti a livello juniores non ho fatto nulla mentre più avanti sono riuscito ad avere qualche punto Atp (quando avevo 20-22 anni) ma ho avuto un approccio a questo sport un po’ lento poiché ho iniziato tardi con l’agonismo e questo forse ha penalizzato il mio percorso.

Durante il periodo dell’adolescenza, in cui hai dovuto continuare a studiare, è stato difficile continuare a giocare a tennis e ad allenarti?
I miei volevano farmi continuare la scuola e in ogni caso incide molto la disponibilità economica da parte delle famiglie per allenarsi con maestri competenti. Io vivo in una zona in cui la cultura agonistica del tennis non esisteva, parliamo di un paesino della provincia di Treviso. Dovevo fare un ora di strada per trovare una struttura un minimo organizzata e quindi era difficile trovare persone che potessero aiutarmi a crescere dal punto di vista tecnico in un età molto critica (10-12 anni). Questa è l’età più importante nella crescita di un ragazzo, ora insegno e so bene queste cose. Come detto, ho avuto un percorso un po’ lento in quella fascia di età; poi finite le superiori ho provato a dedicarmi full time al tennis però, arrivato 1000 Atp, una serie di infortuni mi ha fermato e mi ha portato a scegliere la strada del maestro.

Riccardo MarconPensi di aver sbagliato in qualche scelta durante la tua vita? Hai rimpianti?
Non ho assolutamente rimpianti, ho dato tutto quello che potevo avere e sono contento così. Dentro di me sentivo una gran voglia di trasmettere, mi è sempre piaciuto trasmettere alle persone quello che so e quando a 24 anni ho deciso di iniziare la formazione con il corso di istruttore, scuola maestri e via dicendo, ero e sono tuttora contentissimo della scelta che ho fatto. Provare a fare la scelta del professionismo comportava tantissimi sacrifici, tante cose che dovevano essere messe al punto giusto, la vedevo come qualcosa oltre le mie capacità. Sono contento di quello che sono riuscito a ottenere e penso che per quello che potevamo fare io e la mia famiglia, ho fatto più di quello che ogni persona si sarebbe aspettata.

Qual è il tuo stile di gioco? A che giocatore ti paragoneresti?
Un po’ paradossalmente sono un grande tifoso di Federer ma mi sono sempre ispirato a Rafa
. Sono cresciuto da terraiolo puro, mi sposto tanto per colpire di diritto, gioco con molta rotazione e, nonostante non abbia le stesse qualità tecniche, mi ispiro tatticamente a Nadal, cercando di sfruttare la solidità, la mia buona mobilità e cerco di fare gioco con il dritto. Provo anche a essere solido con gli altri fondamentali in modo da fare gioco con il dritto che è stato anche il colpo fondamentale in questi giorni, quello che mi ha permesso di vincere quei match. Domenica ero 6-2 5-3 sotto in finale e sono riuscito grazie a qualche dritto ben piazzato a volgere la partita a mio favore.

Riccardo Marcon e Ana IvanovicLo scorso anno sei stato sparring partner a Roma. Com’è nata questa esperienza? Chi è il/la tennista che ti ha impressionato di più?
È stato quasi casuale, ero a giocare le prequali e avevo appena finito il mio match con Cecchinato. Con Stefano Tarallo, tecnico ed ex giocatore che faceva da sparring al Foro, eravamo amici e lui ridendo al responsabile degli sparring ha affermato: “Ecco vedi questo sarebbe un buono sparring”, e io, quasi scherzosamente, ho proposto la mia disponibilità fin da subito. Così ci siamo accordati e sono rimasto a Roma per una settimana bellissima, che è stata un susseguirsi di emozioni fortissime che mi hanno permesso di incrociare le racchette dei migliori al mondo. Il tutto è culminato con quell’ora con Nadal quando sono riuscito a stento a trattenere le emozioni. Sicuramente Nadal mi ha impressionato di più, non tanto per i colpi quanto per la capacità di essere assorbito da quanto sta facendo. Ha una capacità di concentrazione come pochi altri e non mi sorprende il fatto che lui, Djokovic, Federer siano ai vertici da tantissimi anni. Per quello che ho visto io, a livello di colpi ognuno ha le sue armi forti però la capacità che hanno di focalizzarsi sugli obiettivi di lavoro in campo, permette loro proprio di avere una marcia in più. Ho palleggiato con tantissimi altri tennisti come Gulbis, Dolgopolov, Raonic ma ho percepito come loro invece avessero qualcosa in più a livello mentale.

Ricordi anche qualche aneddoto divertente di questa settimana?
Sicuramente uno di questi è quello con i fratelli Bryan. Ho fatto loro da sparring insieme al loro allenatore per provare alcuni schemi di doppio e alla fine (non ho ricordo chi dei due perché fatico a distinguerli) espone un ringraziamento: “Grazie Riccardo, sei stato bravissimo, ci vediamo a Parigi al Roland Garros. Al che io, quasi stranito, gli rispondo: “guarda che io sono qui a fare da sparring, non vengo li…  non ho neanche classifica Atp..” A quel punto loro, con faccia stupita, mi guardano e affermano: “Ma come è possibile?! Devi riprendere subito a giocare a tennis.” Loro erano meravigliati dal fatto che non avessi ranking Atp, probabilmente il fatto di essermi allenato tutta la settimana mi aveva dato un tale ritmo di gioco che sembravo uno di loro anche se la realtà era ben diversa. Tra allenarsi e giocare un match ci sono mille differenze.

Riccardo Marcon e i gemelli Bryan

Con chi hai avuto il migliore rapporto?
Ho fatto amicizia con Ernests Gulbis perché conoscevo già il suo fisioterapista, un ragazzo italiano, e poi ho conosciuto molto bene il suo allenatore che è austriaco e in tedesco parlavo con lui, entrando in confidenza. Mi aveva anche proposto di andare con lui a Vienna perché lì l’allenatore di Gulbis ha un’accademia dove segue, tra gli altri, anche l’austriaco Thiem. Gulbis mi prese molto in simpatia, il giorno dopo arrivò in segreteria chiedendo di me e dicendo che voleva giocare con il sottoscritto. Se ti prende bene è un tipo molto simpatico e gli ho fatto da sparring per tutta la settimana.

Quest’anno sarai ancora sparring, chi sarebbe il/la tennista con cui vorresti palleggiare?
Mi piacerebbe coronare il sogno di palleggiare con Federer, nonostante sia in dubbio la sua presenza al Foro quest’anno ma spero che cambi idea. Nel caso non ci sia spero di poter palleggiare con uno dei primissimi perché è sempre un’emozione molto grande.

Di cosa ti occupi in questo momento? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Io lavoro presso il Plebiscito di Padova
, una top school riconosciuta dalla federazione, uno dei centri più importanti in Italia. Siamo il quarto circolo in Italia e il primo nel Veneto, abbiamo una struttura in cui portiamo i ragazzini dal perfezionamento alla specializzazione fino alla formazione a livello professionistico. Mi occupo del settore femminile e lavoro qui dalla mattina alla sera seguendo diverse giocatrici, alcune anche con punti Wta. Sono ancora con un mezzo piede nella vita da giocatore perchè giocare mi fa stare bene, mi dà stimoli e per dare un po’ l’esempio, dal punto di vista caratteriale e mentale, mi piace che i ragazzi vengano a vedermi ai tornei per imparare anche cosa voglia dire stare in campo, lottare, non mollare mai, come in questo torneo, quando in semifinale e in finale ero sotto di un set e di un break e nonostante le mille difficoltà sono riuscito a far girare le partite a mio favore. Per il futuro sicuramente voglio continuare su questa strada cercando di sfruttare le cose che so, non so ancora bene cosa potrà succedere. Mi vedo in un futuro prossimo come sono oggi, poi vedremo, non si sa mai quali strade si possono aprire. Sicuramente nei prossimi anni verrà sempre meno il fatto di giocare vista l’età che avanza e metterò sempre più da parte la parte agonistica per dedicarmi a tempo pieno all’insegnamento. L’idea di arrivare tra qualche anno a seguire giocatrici di livello mi piace, mi stuzzica ma so che ci vuole molta competenza e professionalità perciò non mi va di bruciare le tappe, voglio fare un po’ alla volta, imparando da chi ha più esperienza di me. Per adesso cerco di imparare il più possibile, è già un buon lavoro quello di non fare danni. Bruciare le tappe serve veramente a poco, soprattutto non avendo un’esperienza internazionale come magari invece hanno altri giocatori che hanno viaggiato nel circuito.

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