Contini: “Consiglio ai giovani la NCAA”

di Alessandro Nizegorodcew e Giacomo Bertolini

La storia tennistica di Amerigo Contini, ragazzo classe 1993 dal buon talento e dalla testa pensante, è tra le più interessanti che si possano raccontare. Cresciuto tecnicamente e tatticamente prima in Italia, quindi in Spagna e poi negli Stati Uniti. Amerigo ha vissuto tre realtà molto diverse ma tutte a loro modo fondamentali per la crescita tennistica ed umana.

Quando ti sei avvicinato al tennis e come è maturata la scelta del college americano?
“Ho iniziato a giocare a tennis a 6 anni complice anche la passione di mio padre. A 16 anni mi sono trasferito alla Tennis Val di Valencia (come Sara Errani), ho disputato tutti i tornei Under 18, riuscendo anche a vincere in Italia anche il torneo di Salsomaggiore. L’anno scorso poi, avendo solo 2 punti Atp, e non potendo quindi passare direttamente al professionismo, ho deciso di spostarmi negli Stati Uniti a studiare.”

A proposito dell’esperienza in Spagna, cosa ti ha lasciato?
“E’ stata un’esperienza che mi ha letteralmente cambiato la vita, avendo avuto la possibilità di assaggiare il tennis vero avendo attorno a giocatori come Errani, Ferrer, Andreev e Andujar. E’ stato un periodo intenso anche sotto l’aspetto lavorativo, visto che ci allenavamo tantissimo e giravamo di continuo tra i durissimi futures spagnoli. Complessivamente è stata un’esperienza importante per quanto riguarda la mia crescita personale.”

Dove si trova il college? Quali sono i corsi che segui?
“L’università è la Virginia Tech della Virginia, situata a circa tre ore e mezza da Washington. Fino all’anno scorso studiavo ingegneria industriale, mentre adesso mi occupo di una parte di ingegneria industriale, l’information technology, con la speranza di prendere anche una doppia laurea in finanza”.

Quali sono invece le tue considerazioni sotto l’aspetto tennistico?
“Sono rimasto piacevolmente sorpreso. L’organizzazione è di altissimo livello, giriamo con dottori, fisioterapisti, allenatori e abbiamo un budget pressochè infinito, vista la considerevole somma economica che negli Stati Uniti riservano allo sport. Ci alleniamo duramente con sessioni di palestra anche alle 7 di mattina, ma complessivamente è un’esperienza che consiglio a tutti. Per quanto riguardo invece il “regolamento” noi possiamo disputare tornei quando non è in corso l’anno accademico, anche se la somma consentita da un eventuale prize money è solo quella sufficiente a coprire le tue spese. In pratica non possiamo ancora guadagnare con il tennis.”

Qual è invece il livello dei match che disputi in Ncaa?
“Il livello è molto alto e capita anche che molti tennisti usciti dal college piazzino d’estate risultati importanti nei futures, come successo per esempio a Blaz Rola. Credo che ci sia un buon gruppo di 20-30 tennisti che meritino sicuramente un posto nei primi 500 giocatori al mondo”.

Qual è il tuo obiettivo una volta terminati gli studi?
“Per il momento mi sto concentrando principalmente sullo studio, anche se non escludo di poter tornare nel tennis professionistico terminata questa esperienza, anche perchè qui, con molte meno pressioni, sto tornando a giocare bene”.

Tra pregi e difetti, consiglieresti la tue esperienza a un giovane indeciso?
“Credo proprio di si. Qui il livello è altissimo e se uno ha voglia di studiare senza trascurare l’aspetto tennistico, ma nello stesso tempo essendo disposto a farsi “un bel mazzo”, la crescita arriva sicuramente”.

Paragonando le tue esperienza, cosa pensi del livello presente in Italia?
“Credo che in Italia manchi prima di tutto la cultura nell’unire sport e studio. Al di là infatti del centro di Tirrenia, che comunque è federale, non ci sono strutture adatte per far si che un giocatore professionista possa avere una struttura d’appoggio dove allenarsi”.

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