«Un calciatore che gioca al mio livello guadagna quattro volte quello che guadagno io. Anche molto di più. Se il calciatore si fa male le cure le paga la società mentre se io mi faccio male è tutto a spese mie. E soprattutto se io mi faccio male non posso giocare tornei e non percepisco nulla. Il calciatore invece viene pagato ugualmente.» Questo è ciò che è emerso durante l’intervista fatta a Francesco Vilardo (nella foto principale), classe 1989 e 650 ATP.
La vita del giocatore di tennis, fuori dai primi 100-150, è indubbiamente difficile. I problemi con cui i tennisti sono costretti a lottare ad ogni torneo sono principalmente due: quanto si percepisce e quanto si spende. E le due cose non vanno esattamente di pari passo. A questi livelli l’aiuto della famiglia è essenziale e chiudere la stagione in pareggio è praticamente impossibile.
Come si affrontano queste difficoltà? Perché non si riesce a fare “il salto”? Quali sono i sacrifici che un tennista deve fare? Noi lo abbiamo chiesto ai nostri azzurri, ragazze e ragazzi che vivono tra una stanza d’albergo e un campo da tennis e che nonostante le difficoltà continuano a lottare.
Martina Caregaro, classe 1992 e 301 WTA, racconta a Spazio Tennis: «La vita di un tennista non è facile. Se non hai una famiglia che ti aiuta è impossibile. I tornei in Italia sono diminuiti quindi sei sempre obbligata ad andare all’estero. I costi sono alti però se dietro c’è un progetto vale la pena provarci. Ora è diventato difficile anche prendere punti: il livello si è alzato parecchio e ad ogni partita devi essere sempre al top della forma.» Claudia Giovine, classe 1990 e 380 WTA, dichiara di essere alla ricerca di uno sponsor: «Io quest’anno ho fatto una programmazione in Italia e in Europa proprio per non spendere tanto. È difficile gestire tutte le spese: albergo, viaggio, incordature, massaggiatore. Devi anche tenere conto degli imprevisti che possono capitare. Ora sono alla ricerca di uno sponsor che mi possa aiutare anche se è difficile, è il quarto anno che ci provo. I miei genitori mi danno sempre una grande mano con le spese altrimenti non potrei fare i tornei che faccio.» Alessandro Bega (nella foto a destra), classe 1991 e 322 ATP racconta: «In quest’ultimo periodo fortunatamente non ho avuto questi problemi perché negli ultimi Futures che ho fatto sono arrivato in fondo; quando arrivi in fondo bene o male riesci a pagarti le spese. Ora ho iniziato a giocare Challenger e anche in questo caso se riesci a gestirti bene rientri nella maggior parte delle spese. Ovviamente viaggiando da solo. Se viaggi accompagnato da un maestro devi pagare il doppio quindi è impossibile. L’unico ingresso che mi garantisce la sicurezza è quello della serie A che gioco sia in Italia che in Germania.»
Francesca Palmigiano, classe 1994 e 796 WTA: «C’è sempre bisogno di un aiuto finché non si ha una classifica più alta che ti faccia fare tornei di alto livello. Quando vado all’estero cerco di trovare una soluzione per le spese, ad esempio io gioco in un’accademia e insieme alle altre ragazze ci organizziamo per andare a un torneo così se viene anche l’allenatore dividiamo le spese, dividiamo la stanza e riusciamo a gestire meglio la situazione. Recentemente l’ITF ha mandato un’email a tutte le giocatrici, era un questionario sulle spese da affrontare e sulle soluzioni che si potrebbero utilizzare quando guadagni troppo poco rispetto a quello che spendi. È stato interessante perché forse l’ITF sta iniziando a capire che nei $10.000 non si guadagna praticamente niente. Il livello è molto alto ma il guadagno è rimasto basso».
Francesco Vilardo, già presentato nelle prime righe, racconta: «Le spese sono nettamente superiori rispetto a quello che si percepisce a meno che uno non vada in fondo e allora bene o male o ci rientra o va sopra di poco. Io due settimane fa ho fatto finale e semifinale e mi sono rimasti in tasca 200 euro. Se fai dei tornei e perdi subito è la fine. Quest’anno sto giocando bene e un po’ riesco a rientrare con le spese però i miei genitori mi aiutano molto. Bisogna avere la fortuna di avere una famiglia che possa aiutarti. Io vado avanti finché non mi rendo conto di aver raggiunto i miei limiti. Fino a quando non raggiungo il mio livello massimo non riesco a smettere, non posso smettere.»
Sara Marcionni, classe 1989, dopo un’ottima annata in cui ha conquistato vari tornei Open decide di tornare a giocare qualche $10.000 per una crescita personale: «Per iniziare a guadagnare qualcosa bisognerebbe vincere ogni settimana un $10.000. Altrimenti sono più le spese che le entrate. Però se uno vuole salire di ranking è costretto a fare dei sacrifici economici. Gli Open che ho fatto quest’anno sono andati bene, sono quasi sempre arrivata in fondo. Durante l’anno ho anche lavorato, insegno tennis e grazie a questo ho potuto giocare gli Open, perché se ti dedichi solo a quelli non riesci a mantenerti. Quest’anno voglio giocare qualche $10.000. Lo faccio per una mia crescita personale; voglio vedere fino a dove sono in grado di arrivare anche se credo che l’insegnamento sarà il mio futuro.»
Gianluca Beghi (nella foto qui accanto), classe 1991, merita un discorso a parte. Gianluca, dopo aver giocato qualche $10.000, capisce che questa non è la vita che vuole fare. Il tennis gli piace ma non gli dà da vivere. O per lo meno il professionismo non gli dà da vivere. Beghi utilizza le sue capacità per trarne vantaggio e diventa maestro di tennis e sparring di Camila Giorgi: «Ho fatto poche esperienze a livello Futures; nello stesso periodo ho preso un’altra strada che sto percorrendo tuttora; quella del maestro di tennis. Per quattro volte sono entrato nel tabellone principale ma non sono mai riuscito a conquistare un punto ATP. Sono state comunque belle esperienze, non tutti possono permettersi di farle. Ho smesso per due motivi. Il primo è stato la mancanza di stimoli: lavorando come maestro, il tempo per allenarmi e per stare lontano dal circolo era poco. Il secondo è economico; riguarda i costi eccessivi che mi facevano continuamente pensare se stessi facendo la scelta giusta. Ho capito presto che questa vita sarebbe stata troppo stressante per me: è impossibile conciliare il lavoro e giocare $10.000 ottenendo buoni risultati. Adesso lavoro con Camila Giorgi. L’esperienza che sto facendo con lei mi fa capire quanto sia difficile mentalmente la vita del giocatore di tennis. Ho avuto la fortuna di seguirla in vari tornei: Anversa, Indian Wells, Katowice, Cincinnati, New Haven e Us Open. Solo stando all’interno del circuito si possono capire i sacrifici che ogni giorno i giocatori devono fare per restare a quei livelli; sono spesso sottoposti a stress mentali non indifferenti. Grazie a quest’esperienza sono sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta.»
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