Alison Van Uytvanck: l’inizio di un lungo viaggio

Alison Van Uytvanck
di Giorgio Giosuè Perri

Le storie più belle sono quelle che devono ancora essere raccontante. Alla fine di un lungo viaggio ci si domanda sempre quali siano state le cose ad essere rimaste maggiormente impresse, ci si domanda dei posti visitati, delle persone incontrate, delle emozioni provate. La magia che si respira nei posti che non si conoscono lascia spazio a qualcosa di ancora più coinvolgente: la fantasia. Il tutto, però, è preferibile provarlo prima della conclusione di un viaggio, diciamo qualche giorno prima di ritornare a casa, in modo da poter realizzare appieno quanto appena fatto.

Un tennista, in media, passa 8 mesi all’anno in giro per il mondo e, di viaggi, ne fa veramente tanti. Ci sono dei viaggi, però, che alcune volte regalano sorprese inaspettate, gioie e soddisfazioni non previste. Alison Van Uytvanck, 21 anni e nativa di Vilvoorde (Belgio), ha imparato a usare la fantasia e lo ha fatto realizzando un sogno dove meno se lo sarebbe aspettato, dove mai avrebbe creduto di potercela fare: sulla terra del Roland Garros, alla sua seconda apparizione in terra francese, conquistando un incredibile quarto di finale.

Il viaggio di Alison inizia nel 2009 quando, affaciatasi al professionismo, al secondo torneo in carriera raggiunge le semifinali, sbarazzandosi facilmente di avversarie che, a contrario suo, classifica ne avevano. Il 2010 è un anno positivo, tanto che riesce a ritagliarsi una classifica di tutto rispetto concludendo la stagione alla posizione numero 826 del ranking mondiale a soli 16 anni. Le carriera tra i Juniores era stata breve e nemmeno troppo entusiasmante, condita da qualche titolo nei Grade 2 e da un Best Ranking in Top 20. Il 2011 è il primo vero anno da Pro, e infatti riesce ad aggiudicarsi ben 4 titoli ITF e a raggiungere la finale a Tessenderlo, a pochi passi da casa. La classifica inizia a rispecchiare i valori in campo e il 2012 arriva un altro titolo, che gli consente di sfondare il muro delle 300, e di ottenere una meritata Wild Card per il torneo di casa, a Bruxelles. Ed è proprio da qui che inizia a farsi notare prepotentenmente, battendo due Top 50 e arrendendosi solamente alla maggiore delle sorelle Radwasnka. Arrivato anche l’esordio in Fed Cup, la carriera della belga inizia a prendere la piega dei tornei WTA, dove il primo vero risultato arriva a fine 2013, con la vittoria nel 125.00$ di Taipei, che le consente di avvicinarsi sempre di più alla Top 100. Il 2014, logico anno di transizione, non regala troppe soddisfazioni alla belga, che riesce comunque a raggiungere le semifinali nel torneo di Hong Kong e i quarti in quel di Florianopolis, togliendosi anche lo sfizio di superare un turno a Wimbledon e di entrare, per la prima volta in carriera, tra le prime 100 del mondo.

Il 2015 vede continuare questo viaggio, tra alti e bassi, uno splendido torneo giocato ad Anversa e la classifica in continua ascesa. Si arriva, finalmente, al Roland Garros. Più avvezza alle superfici rapide, Alison non gioca una grande stagione sulla terra, vincendo solamente una partita nel tabellone principale di Cagnes-Sur-Mer nel mese di aprile. L’anno scorso aveva giocato, ma come prevedibile aveva malamente perso all’esordio. Il primo Slam dell’anno non aveva regalato troppe gioie, con l’uscita al primo turno, ma i segnali incoraggianti con il prosieguo della stagione, avevano iniziato a farsi vedere. Soprattutto nella stagione sul cemento americano.

Dotata di un grande servizio, di una grande mobilità e di due fondamentali molto pesanti, Alison Van Uytvanck colpisce per la sua completezza. Sa fare tutto, e nel tennis femminile questo conta veramente tanto. Un pacchetto tecnico sublime che si amalgama perfettamente con una propensione al gioco aggressivo. Non disdegna il Serve&Volley, ama attaccare con lo slice e ha una gran mano che, nelle situazioni più difficili, le permette di uscire da situazioni complicate con grande eleganza.

Un gioco aggressivo che, in teoria, poco si sarebbe dovuto adattare ai lentissimi campi del Roland Garros, ha in realtà finito per diventare letale. Schmiedlova, Diyas, Mladenovic e Mitu poco hanno potuto contro un’avversaria che ha espresso un tennis semplicemente perfetto. Se i primi due turni, però, avevano riservato parecchie insiedie alla belga, costretta ad annullare 8 set point nel corso del secondo parziale e a recuperare un set (6-0), i due incontri successivi hanno messo in mostra una giocatrice già pronta per il grande salto, capace anche mentalmente di non cedere alla pressione di poter raggiungere un quarto di finale in un torneo dello Slam. Il suo capitano di Fed Cup, che l’anno scorso aveva espresso gradnde ammirazione per l’allieva, definendola addirittura “più talentuosa e completa di Maria Sharapova”, probabilmente non aveva tutti i torti.

Ed eccoci qui, a raccontare del viaggio di una ragazzina cresciuta con il poster di Kim Clijsters in camera, una ragazza diventata grande troppo presto, professionista da pochi anni e già con tanta gavetta alle spalle. Un talento cristallino, pronto ad adattarsi a qualsiasi situazione e a qualsiasi superficie. Il suo, per fortuna del tennis belga, è un viaggio appena iniziato, perchè la giovane Alison è solo all’inizio e questo quarto di finale rappresenta solo la rampa di lancio per una giocatrice che tra qualche anno calcherà questi palcoscenici abitualmente. Perchè le storie più belle sono quelle che devono ancora essere raccontante.

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