Elena Baltacha, per non dimenticare

Elena Baltacha

di Fabio Valente

Il sole che si irraggia alto nel cielo e le estive temperature suggeriscono senza errore l’avvicinarsi di ferragosto e con esso dei più interessanti tornei americani sul cemento, US Open in primis. Il calendario, con maggiore precisione e cinismo, marca però ancora la data del 14 agosto, e allora ecco che in un battito di ciglia gli allegri bagliori della stagione si offuscano per lasciar posto ad un vago sentimento di tristezza nell’animo dei nostalgici appassionati di tennis. Il perché è presto spiegato: oggi si sarebbe festeggiato il compleanno di Elena Baltacha, una delle più apprezzate tenniste britanniche degli ultimi anni, bandiera della propria nazionale in Fed Cup e personificazione della forza di volontà applicata al tennis.

Nata a Kiev il 14 agosto 1983, Elena si era avvicinata per la prima volta alla racchetta da tennis alla tenera età di sei anni, in Scozia, dove con la famiglia si era venuta a trasferire per seguire gli impegni del padre. Figlia di Olga, campionessa olimpica nel pentathlon e nell’eptathlon, e di Sergij, asso del calcio sovietico degli anni ’80, era vissuta a pane ed agonismo sin dalla nascita, convincendosi, come per osmosi, che nello sport avrebbe trovato la propria strada. Promettente esordiente nei tornei tennistici inglesi, Elena Sergeevna Baltacha (questo il suo nome completo) fu ben presto adocchiata dai migliori osservatori della disciplina e naturalizzata britannica ancor prima del proprio passaggio al professionismo. Tra le sue prime allenatrici e mentori ricorre persino il nome di Judy Murray, madre di Jamie ed Andy, future bandiere del tennis anglosassone.

Il 2002 è un anno cardine nella tormentata esistenza di Elena: appena diciannovenne, nel pieno della propria travolgente esuberanza tennistica, alla possente britannica dai marcati lineamenti sovietici viene diagnosticata una rara, e tuttora incurabile, malattia. Si tratta della colangite sclerosante primitiva, occlusione dei dotti biliari che a lungo andare distrugge le cellule del fegato, rendendole inutilizzabili e insostituibili. Costretta a ingerire tra le otto e le dieci pastiglie medicinali al giorno e spesso spossata dal dolore, Elena non abbandona tuttavia la propria ragione di vita, incrementando gli sforzi sui campi da gioco. Le prime soddisfazioni sono il meritato riconoscimento per la determinazione della giovane britannica: nel 2002 giungono assieme i primi due trofei in singolare insieme ad altrettanti in doppio, ottenuti tutti in tornei ITF 25K, uniti ad un sorprendente terzo turno raggiunto sull’erba di casa di Wimbledon.

Negli anni successivi i successi si susseguono rapidi, quasi facendo dimenticare che la salute della giovane è costantemente minacciata da un male incurabile. Elena dispensa meravigliosi sorrisi ad ogni sua pubblica apparizione e anche l’usuale freddezza baltica conquista i gelidi cuori inglesi quale modello d’ispirazione. Il volto diafano, la chioma bionda, raccolta, gli occhi socchiusi si stampano nelle menti britanniche, mentre la tenacia, l’indomita determinazione e la luce che traspare dal sorriso di Elena ipnotizzano chiunque, dal casuale osservatore all’appassionato più radicale. Le 33 vittorie su 49 match in Fed Cup per la propria nazione e le lacrime versate alla notizia della chiamata in nazionale alle Olimpiadi di Londra 2012 sono ricordi che non possono che toccare nel profondo chiunque si avvicini, curioso, ad ascoltare la meravigliosa favola di Elena Baltacha.

Non tutte le fiabe, tuttavia, possiedono il lieto fine in cui ogni lettore spera. La malattia di cui Elena è affetta peggiora con il trascorrere del tempo, e sebbene sul campo l’orgogliosa tennista britannica continui a conquistare successi (11 in singolare, 4 in doppio) al termine dell’annata 2013, a seguito dell’entrata nella top 50 mondiale e dell’incredibile vittoria del torneo di Nottingham, Elena Baltacha si ritira dal tennis giocato, con l’intenzione di aprire una Academy in cui trasmettere a futuri giocatori e giocatrici il proprio amore per la vita e per lo sport. Purtroppo, c’è chi per lei ha già deciso un nefasto corso degli eventi.

Tutto accade fin troppo rapidamente: a gennaio 2014 la crudele diagnosi medica emana il verdetto che gela il sangue di amici e conoscenti. Un cancro al fegato, legato alla incurabile malattia giovanile, rovina i piani di Elena, costringendola a giocare un’ulteriore partita contro un avversario ancor più temuto. La vittoria più importante non arriva e dopo mesi di agonia Elena viene a mancare, a soli 30 anni, il 4 maggio 2014. Toccanti sono i ricordi di colleghe e tennisti, britannici e non, stretti attorno ad una figura ed una amica quanto mai difficile da dimenticare. “Oggi abbiamo perso una luce splendente nel cuore del tennis britannico, – recita il comunicato della federazione tennistica del Regno Unito – una vera atleta-modello, una grandissima agonista ed un’amica fantastica. Abbiamo tantissimi ricordi da poter raccontare, ma questo avvenimento lascia una sensazione terribile di vuoto per tutti i nostri atleti, sia maschili che femminili e le parole semplicemente non possono esprimere quanta tristezza noi proviamo con questa notizia. I nostri pensieri vanno al marito Niño ed al resto della famiglia Baltacha. Ci mancherai Elena”

Un anno dopo Elena manca ancora, così come resta incolmabile il vuoto da lei lasciato. Alla sfortunata tennista di origine ucraina è stato intitolato il torneo WTA di Nottingham, in perenne ricordo e memoria per le tenniste in viaggio attorno al mondo nel circuito. Nel giorno del suo trentaduesimo compleanno, è doveroso un ricordo nei confronti di Elena. A lei l’augurio più sentito, e siamo certi che da lassù ci ringrazierà, come sempre, con il suo sorriso più cordiale.

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